L’eretico dimenticato

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Il triestino Francesco Saba Sardi: pensatore e scrittore “alternativo”

di Roberto Curci

 

1922-2012: cent’anni fa la nascita a Trieste, dieci anni fa la morte a Milano di Francesco Saba Sardi. Chi era costui, si chiederanno i più? Difficile rispondere. Un poliedrico poligrafo poliglotta, si potrebbe dire con un veritiero calembour. Ma non basta, occorrerebbe aggiungere: un dottissimo bastian contrario a 360 gradi, un irriverente contestatore di certezze consolidate (storiche, antropologiche, religiose), un lucido e tagliente iconoclasta. Insomma un ribelle a tutto campo, e in quanto tale destinato a incomprensioni, irrisioni, anatemi.

In effetti è ben arduo incapsulare in una definizione onnicomprensiva Francesco Saba Sardi, personaggio che sfugge di mano ogniqualvolta si tenti di agguantarlo. Triestino milanesizzato, ma cittadino del mondo, presunto «nipote di Umberto Saba» (sic su Wikipedia), è uno di quei fenomeni multiculturali ai quali, ogni tanto, Trieste riesce a dar vita e linfa. Uno spirito libero e anticonformista, un temperamento – se non anarchico – anarcoide. Ma supportato da una cultura sterminata e da un’insaziabile fame di conoscenza. E di sovversione.

Narratore, saggista, viaggiatore e autore di libri di viaggio, curatore e/o traduttore intensivo di testi redatti nelle sette o forse più lingue che conosceva, non senza incursioni nella critica d’arte e nella narrativa per ragazzi, Saba Sardi ha fatto di tutto e di più, lasciando ovunque il marchio di una personalità tanto forte da risultare, com’era inevitabile, scomoda o decisamente indigesta all’autorità costituita, anzitutto quella della Chiesa cattolica.

Temi portanti della sua speculazione, riversata in più di venti libri di saggistica, la sessualità, la follia, i miti, le religioni, il potere nelle sue tante declinazioni. Il libro più importante (Sugar, 1962), Sesso e mito, ebbe ristampe prestigiose, da Longanesi e perfino dalle edizioni americane di Simon & Schuster. Sul tema Saba Sardi tornò a più riprese in libri intitolati Il secolo dei libertini, Sessuofobia, La perversione inesistente.

Ad inquadrare il personaggio bastano alcune frasi introduttive a quest’ultimo volume, del 1977: «La perversione sessuale è un fantasma creato da una norma arbitraria di continuo variabile, la quale fissa i mutevoli limiti del proibito. Per definire la perversione, come per definire la follia, occorrono infatti due polarità: chi fa propri, impersonandoli, certi atteggiamenti, e chi li giudica e li condanna, li classifica, li inserisce nei modelli conoscitivi della società gerarchica. Psichiatra e poliziotto sono incaricati di perseguitare la perversione al pari della follia, due entità inesistenti la cui presunta esistenza serve a tranquillizzare la società».

Un pensatore-scrittore alquanto “scandaloso” , insomma. Che si attirò gli strali della Chiesa soprattutto con il suo Il Natale ha 5000 anni, uscito da Sugar nel 1958, ma ritirato dalle librerie dopo un durissimo attacco da parte di Civiltà  cattolica (sarebbe stato riedito nel 2007 dall’editore Bevivino). Che cosa sosteneva Saba Sardi in quel libro? Che prima del Natale cristiano l’esigenza della comparsa di un Salvatore è ben più antica, risalendo addirittura all’età neolitica. «Nel mio libro – ebbe a dire l’autore  in un’intervista – ha generato paura il fatto che io affermassi che il Cristianesimo è un mitema. Ma il mito non è una bugia, è un’affermazione che sorge spontaneamente. Il Natale è un mito che nasce in territorio eurasiatico quando nel neolitico l’umanità passa dal nomadismo alla stanzialità. La società stanziale inventò l’agricoltura, l’allevamento del bestiame, il maschilismo e il potere. La necessità di una società organizzata richiese l’istituzione di una gerarchia che veniva ordinata soprattutto con l’idea della divinità».  Bastò un tanto per far ritenere blasfemo il libro e per confinare il suo autore in un’irreversibile damnatio.

Che le teorie di Saba Sardi fossero quanto meno originali è evidente. Nascevano però da una cultura vastissima, piegata alle esigenze di una guerra totale contro la Norma, ossia il modello di comportamento imposto dalla società, e contro il Potere in ogni sua espressione. Ad essi egli contrapponeva «il fondamentale bisogno dell’uscir-da-sé, dell’accesso al poter-essere, all’estasi (ek-stasis), unica forma di effettiva libertà».

La lettura alternativa che Saba Sardi dava della storia nasceva anche dalle sue esperienze personali di viaggiatore, spesso a contatto – in Asia, in Africa, in Sud America – con società “primitive”, con le loro credenze e i loro rituali. Dai viaggi e dagli studi sarebbe sortito Il grande libro delle religioni, edito da Mondadori nel 2002 e un anno dopo in Francia, da Hachette; ma anche molti libri di viaggio realizzati nell’ultimo decennio del XX secolo per conto del Touring Club italiano: Messico, India, Egitto, Corea, Marocco, Brasile.

Resterebbe da dire della sua frenetica attività di traduttore (da tedesco, francese, inglese, spagnolo, portoghese, danese, serbo-croato), ma ruberebbe troppo spazio. Basti citare qualche nome di autore (non certo minore) passato per le sue mani: Goethe, Hesse, Mann, Zweig, Hugo, Yourcenar, Lessing, Cervantes, Lope de Vega. Eccetera eccetera.

Da non scordare, però, la traduzione del Kamasutra nella versione del filosofo indiano Vatsyayana (Sonzogno, 1986). Anche perché qui Saba Sardi, autore anche dell’introduzione, si avvalse di una postfazione a firma della psicologa-astrologa Serena Foglia: guarda caso nata pure lei a Trieste, nel 1925, scomparsa pure lei a Milano, nel 2010. Un altro personaggio a suo modo “irregolare”…

 

 

Sesso e mito

Sugar 1962