Teatro Verdi: la stagione che verrà

A supporto della vocazione turistica della città, scelti titoli «attrattivi per un pubblico nazionale e internazionale» di «globetrotter» della lirica

di Luigi Cataldi

 

Con una conferenza spettacolo, in un teatro gremito, con l’orchestra e il coro al completo sul palco, due giornalisti (Andrea Vardanega di Rai FVG e Umberto Bosazzi di Telequattro) a far da maestri di cerimonia, presenti il sindaco, il vicesindaco e assessore ai teatri Tonel, quello regionale all’ambiente, energia e sviluppo sostenibile Scoccimarro, il sovrintendente Giuliano Polo, il direttore artistico Paolo Rodda, quello della SNG Opera in Balet di Ljubljana Renato Zanella, il musicologo, firma del Corriere della Sera Enrico Girardi, è stata presentata, il 29 giugno scorso, la stagione lirica e di balletto del Teatro Verdi.

Lo spettacolo è stato assicurato non solo dall’orchestra e dal coro (addestrato dal bravo Paolo Longo) del Verdi, come al solito impeccabili, che sotto l’attenta direzione di Carlo Benedetto Cimenti, hanno eseguito musiche dal Nabucco, ma anche dal sindaco che, impaziente di dir la sua e di andarsene, mostrava la faccia burbera al povero direttore artistico (aveva il torto di parlar prima di lui) e lo spronava, con occhiate e con non si sa quanto benefiche pacche sulle spalle, ad esser breve, così che questi, stretto fra le sollecitazioni e la necessità di elencare tutti i titoli della stagione, citando gli artisti principali per non far loro torto, di più non ha saputo fare che continuare con gran concitazione il suo intervento. Lo ha salvato la decisione (presa da non so chi) di porre, a metà del suo, il discorso del primo cittadino, il quale poi, soddisfatto, dopo aver parlato nello stile che lo contraddistingue, è trionfalmente uscito accompagnato dalle note del Va’, pensiero. Il siparietto ha offerto una plastica rappresentazione della difficile posizione del direttore artistico nel nostro Paese. Artefice principale un tempo del successo del melodramma italiano, capace di definire carattere e indirizzo dei teatri, in via di estinzione oggi, dopo che la riforma Bray del 2013 ha decretato non più obbligatoria la sua presenza, lasciando campo libero al solo sovrintendente, il quale solitamente (Giuliano Polo, professore di flauto, è una fortunata eccezione) non è un musicista. Prevalgono così le ragioni economico-gestionali su quelle artistiche.

Il sindaco nel suo impellente discorso ha elogiato in particolare il sovrintendente per i brillanti risultati ottenuti (la stabilizzazione dei conti, l’aumento degli spettatori dopo la pandemia, il favore del pubblico) e se stesso per aver quel medesimo sovrintendente portato a Trieste con fatica. Il sovrintendente, dal canto suo, ha rivendicato i successi ottenuti nella scorsa stagione: la solidità della gestione finanziaria, la «buona resa al botteghino», le «punte di grande entusiasmo del pubblico», l’attenzione della «stampa che conta». Sia Polo che il sindaco guardano allo sviluppo turistico della città. «La nuova vocazione turistica di Trieste ci ha spinto in questa direzione perché anche il teatro possa dare il suo contributo al benessere non solo immateriale, ma anche materiale del territorio», scrive il sovrintendente. Da qui la scelta di titoli «attrattivi per un pubblico nazionale e internazionale» di «globetrotter» della lirica; da qui la predisposizione di un calendario che concentra gli appuntamenti prevalentemente nei fine settimana e che, con un titolo in più dell’anno scorso, si estende da novembre a giugno. C’è attenzione anche per il pubblico triestino più tradizionalista che lo scorso anno ha acclamato il ritorno di Daniel Oren e lo ritroverà quest’anno impegnato nel Nabucco. C’è anche il desiderio di attirare i giovani con riduzioni per gli under 34. «Il teatro non è un museo, ma un luogo contemporaneo di creazione di cultura», ha poi detto Polo. Affermazione da applaudire. Eppure, almeno sulla carta, la determinazione di perseguire questo fine pare non troppo ferrea. Lo scorso anno vi erano due nuove produzioni (Boheme e Orfeo ed Euridice), quest’anno solo una, interessante e originale, ma solo una: Il castello del duca Barbablù di Bartok, con la regia di Hennning Brockhaus, di cui lo scorso anno è stato possibile apprezzare la magnifica regia storica del Macbeth, con le scene di Josef Svoboda restaurate. Sarà l’ultima opera in cartellone (14-23/6/2024) e andrà in scena insieme a La porta divisoria opera che Fiorenzo Carpi compose su libretto di Giorgio Strehler, ma che lasciò incompiuta. Enrico Girardi (ecco la ragione della sua presenza in sala) l’ha cercata e ritrovata, Alessandro Solbiati l’ha completata, il Teatro lirico sperimentale di Spoleto l’ha messa in scena lo scorso anno, il Verdi la ripropone. Un’altra iniziativa da salutare con favore è stata annunciata: sarà commissionata ad un compositore del territorio regionale un’opera nuova, destinata alla sala del Ridotto Victor de Sabata, ma di cui non ci sono per il momento altri dettagli.

Una sola opera breve di nuova produzione è decisamente poco. Vi si può aggiungere Zauberflöte (7-17/12/2023), prodotto in collaborazione con l’Associazione Lirica e Concertistica (che organizza master e concorsi per giovani cantanti) e il Teatro Opera Carolina. L’allestimento del capolavoro mozartiano è stato oggetto dell’ultimo concorso AsLiCo ed è già andato in scena a Charlotte (Carolina) nel dicembre 2022. A Trieste sarà affidato alla bacchetta di Beatrice Venezi e alla regia di Ivan Stefanutti. In coproduzione sono anche le riprese di Manon Lescout e di Anna Bolena. La prima è già andata in scena al Teatro Erfurt in Turingia nel dicembre 2021 e all’Opéra di Monte-Carlo nell’aprile 2022. A Trieste inaugurerà la stagione (2-12/11/23) e avrà la direzione di Gianna Fratta e la regia di Guy Montavon. Per l’opera di Donizetti, viene riproposta una delle ultime regie che Graham Vick firmò per l’Arena di Verona nel 2017; al Verdi (19-28/1/24) sarà diretta da Francesco Ivan Ciampa, mentre non è indicato chi metterà in scena la regia di Vick. Da Bologna viene Ariadne auf Naxos di Richard Strauss (coproduzione dei teatri di Bologna, Venezia e Palermo), che a Trieste (16-25/2/24) avrà la regia di Paul Curran e la direzione di Enrico Calesso. Dal Hrvatsko narodno kazalište di Zagabria viene il Nabucco, che, con la regia di Giancarlo del Monaco e la direzione di Daniel Oren, sarà a Trieste dal 22 al 30 marzo. Del Carlo Felice di Genova è invece l’allestimento della rossiniana Cenerentola: Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi firmano la regia triestina (26/4-5/5/24), Enrico Calesso la direzione musicale. Sarà rinnovata la collaborazione con SNG Opera in Balet (il direttore artistico Renato Zanella, presente in sala, ne ha illustrato i caratteri) che proporrà il balletto Giselle di Adolphe-Charles Adam, già andato in scena, con le coreografie di Josè Carlos Martinez, a Ljubljana nel gennaio scorso: sarà riproposto al Verdi dal 14 al 19 maggio 2024.

Tutti, giustamente, anche durante la presentazione della stagione, hanno lodato l’orchestra, il coro, i tecnici, le maestranze e il personale del Verdi. A vedere il cartellone pare proprio che su di loro prima che su chiunque altro si fondi la buona reputazione di cui il teatro d’opera cittadino gode.