Modiano dalle cartine ai cartelloni

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Una nuova mostra sulla “palestra” della grafica pubblicitaria giuliana

di Roberto Curci

A volte ritornano. Anzi, non se n’erano mai andati. A più di 40 anni dalla mostra che per prima portò alla luce l’enorme contributo dato da Trieste alla grafica pubblicitaria tra fine ‘800 e prima metà del ‘900 (“Dudovich & C. I triestini nel cartellonismo italiano”, 1977, Stazione Marittima), a 10 anni dalla mostra che evidenziò il formidabile contributo che a tale fioritura di arte e comunicazione fu dato dallo Stabilimento Modiano (“Il segno Modiano. Arte e impresa”, 2010, Fondazione CaRiGo di Gorizia, con propaggini a Romans d’Isonzo e a Monfalcone), ecco riproporsi una riflessione sul ruolo essenziale svolto dalla Modiano con la rassegna tuttora aperta nella sede del Museo della Civiltà istriana, fiumana e dalmata, ancora nel segno… del “Segno Modiano” e ancora per le cure dell’infaticabile Piero Delbello.

Rassegna stringata data la limitata capienza della sede espositiva, eppure ricca di opere originali e a stampa di grande fascino, oltre che esemplarmente riassuntive di quanto lo stabilimento tipo-cromolitografico creato dal greco Saul David Modiano nel 1873 abbia significato non solo per la crescita di una “moderna” comunicazione pubblicitaria, ma altresì per la stessa storia dell’arte di Trieste e dintorni. Se prolificissimo factotum operativo della produzione Modiano fu – fino al 1922, anno della morte – il disegnatore interno all’azienda, Giuseppe Sigon (che passò poi il testimone al figlio Pollione), è inconfutabile che parecchie delle opere più affascinanti recano la firma di rinomati pittori locali convergenti nel Circolo Artistico, che alla grafica ad uso commerciale non disdegnarono di dare il loro – talora eccellente – contributo.

È il caso di Glauco Cambon, il cui manifesto per la cartina da sigarette (primo segmento produttivo della ditta) Club Specialité si rivela in tutto il suo splendore inventivo e cromatico nella dimensione dell’olio su tela, che ne costituisce il bozzetto preliminare formato XL (160×160 cm). È il caso di Argio Orell, raffinato cesellatore di opere sospese fra tardo-Liberty e Déco, cui sarebbe sufficiente il manifesto del 1923 per la Società di navigazione Tripcovich per essere inserito nel Gotha del cartellonismo italiano del ‘900.

Non solo i “grandi triestini” Dudovich e Metlicovitz, dunque, ma una fitta schiera di artisti loro concittadini: Tominz, Timmel, Mayer-Grego, Giordani e, più avanti, Claris, Corva, Quaiatti, senza scordare il “ritrattista delle navi” Klodic. Si può ben dire che nessun’altra città più di Trieste (e grazie a Modiano) contribuì, quanto a creatività, all’evoluzione dell’arte del manifesto italiano, almeno fino agli anni ’30 del ‘900. E che, per tale arte, Modiano fu per Trieste e l’intera area alto-adriatica ciò che le Officine Grafiche Ricordi furono per Milano e l’intero territorio nazionale.

Accanto agli artisti giuliani, tuttavia, si situano altri autori, altre firme, che in mostra possono sorprendere per la loro “diversità” rispetto alla produzione antecedente. Et pour cause, dal momento che, dopo una breve esperienza di succursale fiumana, la Modiano decise di aprire – all’inizio degli anni ’30 – una grande filiale a Budapest, affidandone le cure a quel finissimo connaisseur (e collezionista) che fu Socrate Stavropulos. La diversificata produzione della ditta (carte per sigarette, carte da gioco, manifesti pubblicitari) si meritò allora un salto di qualità nel battage promozionale: e ne sortirono una serie di memorabili manifesti (di cui nella mostra attuale è visibile una selezione) firmati da artisti ungheresi quali Biro, Farkas, Berény, Richter, Vasarhelyi. Lo stile è alquanto univoco, e – a volerlo etichettare – si direbbe post-cubista o cubo-déco. Ma c’è spazio pure per l’altera, iconica fumatrice nero-verde ideata dall’austro-italiano Franz Lenhart e per il fluorescente pascià rosso inventato da un campione della sintesi quale Federico Seneca.

Il percorso espositivo, di per sé e inevitabilmente erratico, è riassunto dal sontuoso catalogo con tanto di custodia, edito in proprio dalla Modiano, e va a integrare quello edito nel 2014 dalla stessa azienda, alla quale va riconosciuto il giusto orgoglio per una storia artistica e industriale che – pur basandosi su prodotti effimeri, quali le cartine per sigarette in gran voga nel Medio ed Estremo Oriente (ai cui mercati il messaggio pubblicitario fu spesso destinato) o le carte da gioco (spiccano i fantasiosi Tarocchi disegnati da Orell per il Lloyd Austriaco) – ha scavalcato il secolo e mezzo di alacre attività, superando pure i disastri della storia, fra cui la distruzione dello stabilimento di via dei Leo nei bombardamenti del 1944.

Valore aggiunto della rassegna (corredato anch’esso da un cospicuo catalogo a firma di Delbello e prodotto in proprio dall’Irci-ed. Mosetti, col titolo Dalla Venezia Giulia al mondo) è l’esposizione di materiale fotografico di grande interesse, frutto di una fervida passione collaterale di Giuseppe Sigon e con una doppia destinazione: di essere utilizzato per la realizzazione di cartoline di soggetto locale (scene e personaggi di vita vissuta della Trieste che fu, nonché di altre località istriane e friulane) ovvero di venir usato come spunto ispirativo per la creazione di diversi manifesti. A comprenderne l’importanza basti il puntuale raffronto tra un cartello per l’Amaro Istria e la relativa foto propedeutica, voluta da Sigon per cogliere gli atteggiamenti dell’uomo e della donna – lui sofferente, lei soccorrente – messi a bella posta in posa.

Che dalle foto scattate in proprio molti artisti, grandi e piccini, traessero ispirazione, fin dal secondo Ottocento, non è una gran novità. Singolare è piuttosto che, in simultanea, siano visibili a Trieste sia le foto firmate Giuseppe Sigon a proprio uso e consumo sia quelle firmate Marcello Dudovich al medesimo scopo. Chi voglia approfittarne non ha che da raggiungere le Scuderie di Miramare da via Torino. O viceversa, s’intende.

 

 

 

Argio Orell

Società di navigazione

D.Tripcovich e C.

Trieste

olio su tela, 1923