Piccolo percorso tra i migliori film di Venezia 77

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di Alan Viezzoli

 

Il resoconto dell’organizzazione della 77ª Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia si è mangiato quasi tutto l’articolo riassuntivo della manifestazione. Ecco perché per questa volta vorrei usare l’articolo di contorno, quello in cui solitamente commento i due più bei film del concorso, per fare invece una veloce carrellata tra quelli che sono stati i migliori film dell’intera Mostra.

Tra i titoli del concorso, segnalo due dei film premiati, rispettivamente per la miglior sceneggiatura e per la miglior regia.

Il primo è The Disciple di Chaitanya Tamhane, film indiano con protagonista un trentenne che si è sempre dedicato alla musica classica indiana, un’arte estremamente complessa che si può apprendere solo con moltissimi anni di studio e di dedizione. Anche se può sembrare un film respingente per via delle scale tonali alle quali l’orecchio occidentale non è abituato, è proprio la sua ripetitività a immergere lo spettatore nella quotidianità del lavoro e dello studio del protagonista. Ciò diventa un valore aggiunto per un film in cui nessuna scelta narrativa è scontata e che, nonostante la non spettacolarità dell’azione scenica, riesce comunque a sorprendere.

L’altro film del concorso è Wife of a Spy di Kurosawa Kiyoshi, un film di spionaggio molto solido in cui, nonostante l’ambientazione a ridosso dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale, il conflitto armato resta sempre in secondo piano, come un’entità spettrale su tutte le azioni dei protagonisti. Abituato a girare thriller e horror, Kurosawa inserisce una tensione latente nelle pieghe del film lasciandola lavorare sempre sottotraccia. Gli sceneggiatori hanno lavorato molto sull’approfondimento dei personaggi per farne figure a tutto tondo – e senza per questo privare lo spettatore di un colpo di scena finale, nella migliore tradizione degli “spy movie”. Una regia semplice ma efficace completa un film a tratti ingenuo, data la sua natura televisiva, ma che non è affatto banale.

Se difficilmente vedremo i due titoli precedenti nel buio di una sala, sono molto fiducioso che i prossimi due saranno invece distribuiti presto nei nostri cinema.

Uno, presentato fuori concorso, è The Duke di Roger Michell, in cui si racconta la storia di un sessantenne che nel 1961 rubò dalla National Gallery il ritratto del Duca di Wellington dipinto da Francisco Goya al fine di chiedere un riscatto per far del bene alla comunità. Deliziosa commedia “british style” interpretata magnificamente da Jim Broadbent e Helen Mirren. La sceneggiatura perfetta, senza un momento di calo, consente ai due attori di sfoggiare le loro abilità. Un prodotto tipicamente britannico in cui l’ironia e le parti serie si mescolano sapientemente e il finale, pur prevedibile e non privo di una certa retorica, lascia piacevolmente soddisfatto lo spettatore.

L’altro film, proveniente dalla sezione Orizzonti, è Nowhere Special di Uberto Pasolini. La storia è quella di un lavavetri trentaquattrenne, padre single di un bimbo di quattro anni, che scopre di avere poco tempo da vivere a causa di una malattia incurabile. Per questo decide di contattare i servizi sociali in modo che lo aiutino a trovare la famiglia perfetta a cui affidare il figlio quando lui non ci sarà più. Uberto Pasolini torna agli argomenti che avevano caratterizzato il suo precedente Still Life, ovvero morte e famiglia, declinandoli in modo diverso ma non meno poetico. Se la struttura del film può sembrare a tratti ripetitiva, in realtà Pasolini sfrutta questo schema per lasciare allo spettatore il tempo di riflettere sull’incontro appena accaduto e farlo immedesimare nel protagonista. È questa la vera forza del film nonché la straordinaria capacità del regista nel toccare le giuste corde per farci provare quelle particolari emozioni.