Lettera al Rev. M.L. King sul razzismo

Dopo il Premio Andersen, assegnato anche il Premio Mare di Libri: va ad un romanzo che ha per protagonista un personaggio “diverso”

di Anna Calonico

 

Caro Martin,

credo ti farà piacere sapere che il premio Mare di Libri di quest’anno è andato al romanzo Dear Martin, di Nic Stone, il cui vero nome è Andrea Nicole Livingstone. Si tratta di una afroamericana che si occupa di narrativa young adult e che ha esordito, proprio con questo libro, nel 2017.

Credo ti farebbe piacere non soltanto per il colore della pelle dell’autrice, e non solo perché è ispirato ad un tragico fatto di cronaca che sicuramente ti avrebbe interessato tanto da rientrare in uno dei tuoi sermoni (l’assassinio di Jordan Davies, un diciassettenne di colore ucciso in Florida nel 2012 da un bianco infastidito dal volume troppo alto della musica che il ragazzo stava ascoltando con alcuni amici), ma anche perché, come suggerisce il titolo, si tratta di un romanzo epistolare, costruito quasi interamente su lettere che il protagonista indirizza, nel suo diario, proprio al reverendo Martin Luther King

Il protagonista è Justyce, diciassettenne nero che grazie ai suoi ottimi voti riesce ad entrare in uno dei college più prestigiosi. Ma in questa storia si parla dell’ultimo anno di scuola prima di entrare al College, iniziando dalla serata in cui si ritrova ad aiutare la ex fidanzata a tornare a casa: la ragazza è completamente ubriaca e il nostro eroe, da bravo ragazzo, cerca di spostarla dal sedile di guida per accomodarsi al suo posto e quindi portarla a casa in sicurezza. Inaspettatamente, però, le cose non vanno per il verso giusto: a Justyce viene intimato di stare fermo, di non provare a scappare, di tenere le mani in alto e poi di sdraiarsi a terra… Justyce viene ammanettato in maniera brutale da un poliziotto bianco forse un po’ troppo solerte, senza che gli sia consentito tentare di spiegarsi, e questo fatto, che fortunatamente finisce nel giro di una notte, rimane così impresso nel ragazzo da spingerlo a scrivere le sue riflessioni e lo fa, appunto, fingendo un dialogo epistolare con un personaggio di colore che ha fatto della non violenza il suo credo e che è «riuscito a conservare la dignità e tutto». Perché Justyce, prima di tutto, si chiede se quell’”incidente” è successo solo per il colore della sua pelle, e in un secondo momento si interroga su come sia possibile accettare di essere trattati in maniera simile. Poco prima, la comunità era stata sconvolta dall’uccisione “accidentale” di un ragazzino da parte della polizia. Il ragazzino in questione, naturalmente, aveva la pelle scura, e Justyce non riesce a non chiedersi quanto poco è mancato che non succedesse anche a lui: «Come hai fatto, Martin? Come accidenti ci sei riuscito? C’è gente che quando mi guarda non vede una persona con dei diritti, ma io non so bene come comportarmi. Essere trattato come mi hanno trattato, per poi sentire Jared insistere che il problema non esiste? E Manny che gli dà ragione? Uno schifo, Martin, un vero schifo. Insomma, quindi adesso cosa faccio? Come mi muovo con persone come Jared? Ovviamente discuterci non funziona… Lo ignoro e basta? E così cosa risolvo, Martin? Io vorrei andare avanti con il piede giusto, come direbbe mia madre. Che poi è quel che hai fatto anche tu, no? Devo solo capire qual è…».

Purtroppo per il nostro eroe, il peggio deve ancora venire: a scuola, naturalmente, vengono trattati argomenti come il razzismo e la violenza di alcuni poliziotti bianchi contro determinate categorie di persone, e se la bellissima Sarah Jane è per fortuna tra quelli che prendono seriamente a cuore il problema e dimostrano comprensione e sostegno a Justyce, ci sono anche gli amici di sempre, come Jared, che invece considerano il tutto una stupidaggine, una esagerazione dei “nigga”, di «quelli come lui». La situazione precipita ad una festa, e Justyce litiga e finisce per prendere a pugni Jared e gli altri della combriccola, compreso Manny che, pur essendo nero, si era schierato in difesa degli altri.

Il ragazzo è sempre più confuso, e parlare con il padre di Manny non lo aiuta affatto, anzi gli fa sembrare tutto inutile e sbagliato: «Io non riesco a smettere di rimuginarci sopra, Martin. Sinceramente, lo trovo parecchio scoraggiante. Se penso che, con tutta la sua autorità, al signor Julian mancano ancora di rispetto… Sentirglielo raccontare mi ha fatto rendere conto che sotto sotto speravo di non dovermi più misurare con certe forme di razzismo, una volta raggiunti certi traguardi». Si rende conto, infatti, che il problema è ancora più grande del fenomeno del bullismo scolastico perché, appunto, non finisce una volta finita la scuola. E, ancora, il peggio non è arrivato: in una dannata domenica mattina, un altro poliziotto bianco spara a dei ragazzi di colore per colpa della musica troppo alta, e uno di loro è Justyce.

Il libro non finisce qui, ma non posso raccontare altro per non svelare alcuni tra i momenti più forti dell’intero libro, ma sono contenta che i ragazzi di Mare di Libri abbiano premiato questa storia perché, oltre ad essere scorrevole ed emozionante, pone numerosi interrogativi e fa sicuramente riflettere i lettori. Inoltre, devo ammettere che se la lettura mi ha colpito tanto è anche perché, negli stessi giorni, in Francia si stavano svolgendo furiose manifestazioni da parte della popolazione giovane proprio per l’uccisione di un ragazzino nero, colpevole di non essersi fermato ad un controllo stradale. Non è il caso, ora, di scatenare un dibattito su quell’episodio (anche se vorrei), ma di certo è impossibile, per chi legge adesso Dear Martin, non pensarci e non avvicinarsi ad un pensiero più arrabbiato, e davvero può capitare di trovarsi a pensare «Caro Martin, tu cosa avresti fatto?».

Per tornare al testo, posso dire che si perdonano facilmente alcune banalità della trama, che comunque non rovinano la storia, piuttosto coinvolgente e ben scritta. All’inizio mi hanno leggermente infastidita alcune “modernità” dell’autrice, come il linguaggio tipico dei giovani, tipo i famigerati “nigga” e “bro”, o come una certa “teatralità” di certe pagine che riporta soltanto il nome (anzi, le iniziali, altra particolarità di questa scrittura) e poi il discorso diretto, senza alcuna forma di continuità a descrivere il dialogo tra i personaggi. Insomma, non è la solita, lineare, ben conosciuta scrittura da romanzo ma, tra le suddette caratteristiche e il passaggio continuo dalle lettere agli articoli di giornale, e poi ai brevi paragrafi di prosa, ne risulta una lettura sicuramente particolare, che riesce a trattenere l’attenzione e che impedisce di chiudere il libro.

Mi dispiace, però dover riferire un aspetto negativo di questo libro: il personaggio di Jared, a mio parere, non è ben delineato. Certo, questo suo passare dall’essere un amico al comportarsi come un perfetto idiota traditore (per non dire di peggio) fa parte dell’immaturità tipica di un ragazzo come lui, ma ho trovato un po’ forzato il suo completo redimersi agli occhi di Justyce e dei lettori nel finale. Forse, un ultimo capitolo senza Jared, che aveva già finito la sua parte, lo avrei preferito, ma rimane nel complesso una buona storia che merita di essere letta e, soprattutto, discussa.

Mi sovviene un’ultima considerazione: anche quest’anno, non per la prima volta, tra i finalisti di questo premio comparivano titoli finalisti in altri premi, tipo l’Andersen, ed è curioso notare come in entrambi i casi siano risultati vincitori romanzi che hanno per protagonisti personaggi “diversi”, come si usa dire. Infatti, in Il centro del mondo si trattava di diversi gusti sessuali, qui di diverso colore della pelle: fa pensare di poter ben sperare sull’apertura mentale dei giovani lettori, che, evidentemente, non si accontentano delle solite storie stereotipate.

 

Nic Stone

Dear Martin

traduzione di Anna Rusconi

EDT Giralangolo, 2022

pp.240, euro 14,00