Un virus disuguale

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Ne usciremo, un giorno o l’altro. Ciò che allora resterà da vedere è se l’umanità dopo la pandemia sarà quella di prima, migliore o non piuttosto peggiore, come fanno ritenere alcuni inquietanti presagi.

Uno fra questi è il recentissimo rapporto Oxfam (organizzazione non governativa con ramificazioni internazionali, senza fini di lucro), che analizza la situazione patrimoniale a livello globale relativa al 2020, con estensione fino a comprendere la fase conclusiva dell’anno seguente. Le rilevazioni statistiche consentono di affermare che il periodo considerato, connotato a livello planetario dall’emergenza sanitaria, ha favorito una clamorosa ulteriore divaricazione della forbice nella distribuzione dei redditi, tale che, per citare un solo dato, le dieci persone più ricche del mondo detengono un patrimonio netto superiore di oltre sei volte rispetto a quello detenuto dal 40% dei cittadini adulti più poveri di tutto il mondo. E non solo: nel periodo della pandemia, il patrimonio netto di questi dieci signori è più che raddoppiato, essendo lievitato del 119%.

Nelle fasi iniziali dell’emergenza 3,2 miliardi di persone vivevano sotto la soglia di povertà (5,50 dollari al giorno) monitorata dalla Banca Mondiale; a livello globale l’emergenza pandemica ha irrobustito di altri 163 milioni di persone quel dato, di per sé intollerabile e inoltre, nelle proiezioni dello stesso istituto, nemmeno nel 2030 si potrà tornare a livelli di povertà precedenti la crisi se non verranno attuate politiche di contrasto alla disuguaglianza economica.

Nel nostro Paese il livello di disuguaglianza appare forse meno drammatico, ma continua ad essere scandaloso: sempre secondo le stime di Oxfam «alla fine del 2020 la distribuzione della ricchezza nazionale netta vedeva il 20% più ricco degli italiani detenere oltre i 2/3 della ricchezza nazionale, il successivo 20% era titolare di un altro 18,1%, lasciando al 60% più povero dei nostri concittadini appena il 14,3% della ricchezza nazionale. La posizione patrimoniale netta dell’1% più ricco (che deteneva a fine 2020 il 22,2% della ricchezza nazionale) valeva oltre 51 volte la ricchezza detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione italiana».

A 21 mesi dall’inizio della pandemia, che ha accentuato la disparità distributiva dei patrimoni, ci troviamo in una situazione grazie alla quale i 40 miliardari italiani più ricchi posseggono oggi l’equivalente della ricchezza netta del 30% degli italiani più poveri (18 milioni di persone adulte).

Risulta di tutta evidenza che tale divaricazione della forbice, che continua a crescere dall’inizio del nuovo millennio, non si limita a produrre nuove povertà, con lo scivolamento sotto la soglia della povertà assoluta che, soltanto nel 2020, ha riguardato un milione di persone in più rispetto all’anno precedente, coinvolgendo due milioni di famiglie contro 1,6 milioni del 2019.

Il vulnus prodotto alla giustizia sociale di un fenomeno così macroscopico ha logicamente alcuni corollari che riguardano la difficoltà di accesso non solo ai consumi indispensabili, ma anche a un’istruzione qualificata, alla crescita culturale, persino alle cure mediche, per non parlare della concreta possibilità per moltissimi di migliorare la loro condizione sociale.

Il problema non è certo di facile soluzione, considerando anche le difficoltà di agire sugli strumenti fiscali e normativi in un sistema economico globalizzato. Tuttavia reclamare una più forte progressività nell’imposizione fiscale, ripensare alle aliquote delle imposte di successione, colpire i profitti delle multinazionali che operano sul web mediante una tassazione quale che sia possono ancora essere considerate proposte da bolscevichi?

Il Ponte rosso si occupa di arte e cultura, non certo di politica, relegata – esplicitamente – a questa sola paginetta, ma tacere su argomenti come questo che abbiamo qui trattato ci sembrerebbe – mentre recensiamo un libro, un concerto o una mostra – di disquisire sul sesso degli angeli.