Lettera (ora aperta) a Claudio Grisancich

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di Anna Modena

 

Abbiamo intercettato una comunicazione epistolare, tra il personale e il letterario, con la quale Anna Modena commentava con l’autore la sua lettura degli ultimi due volumi pubblicati da Claudio Grisancich. Si tratta di due opere, entrambe in italiano, uscite a pochi giorni di distanza nelle ultime settimane: Les italiennes, della quale abbiamo parlato nell’ultimo numero del Ponte rosso, e i tre monologhi contenuti nell’ultima opera dell’autore triestino in ordine di tempo, L’anima è tenebra, nella quale si confessano al lettore tre giganti della letteratura quali Alessandro Manzoni, Giacomo Leopardi e Anton Cechov, che recensiremo probabilmente in uno dei prossimi numeri. Ci ha colpito l’acutezza del giudizio critico della Modena, che anche in quest’occasione intima e colloquiale ha mantenuto per intero l’autorevolezza del suo giudizio non solo di studiosa, ma di lettrice sensibile e attenta. Con l’autorizzazione della mittente e del destinatario, rendiamo pubblica a chi ci legge questa importante comunicazione di un’esperienza di lettura lucida e, insieme, affettuosa.

 

Caro Claudio,

mi ha fatto molto piacere ricevere l’uno dopo l’altro i tuoi ultimi libri: Les italiennes, preceduti dai monologhi teatrali di cui mi avevi detto l’anno scorso; li ho letti subito con interesse e ammirazione per la tua capacità di farti voce di poeta: il monologo manzoniano mi ha trovato fresca della rilettura del libro della Ginzburg motivata dal recente saggio di Nigro, La funesta docilità. È stato quindi facile capire le intemperanze del cuore dell’anziano don Lisander e quell’apatia che lo allontana dai figli e dalla povera Matilde, che hai saputo rendere molto bene, e, direi, attualizzare in una moderna nevrosi. Analoga, nei rapporti a propri ambiti esistenziali, sottesa anche agli altri due monologhi, dal mondo ossimorico del giovane Leopardi tra slanci vitali e repressioni familiari, a quello tormentato, così articolato nelle sfumature, di Čechov, in una scelta, che è in fondo già stabilita, eppure continuamente sofferta.

Sempre si presuppone nei tuoi monologhi un “tu”, che è interlocutore privilegiato, e va oltre quello diretto come Paolina o Olga, un “tu” montaliano, femminile e alternativo. È lo stesso che compare nelle poesie di Les italiennes, talvolta quasi in ripresa di una conversazione interrotta, talaltra nella mimesi della scrittura epistolare che apre il libro. Certamente importante nel tuo percorso per tanti aspetti che cito rapidamente: una geografia interiore resa essenziale, un infinito che si circoscrive in «silenzi / di chiusi orizzonti», le crepe dell’esistenza, il bicchiere dispari, il “qualunque” di un giorno che si fa largo dal passato, o anche il ‘qualunque’ che può essere l’altro. E ancora tanti elementi che collimano col tuo lavoro: una sera che è arrivata inaspettata e porta a non fare troppi conti col tempo, o a tenerli riservati, i sussulti della memoria che hai saputo condensare in un oggetto: piccola pantofola, matita, strumento musicale.

Senz’altro la tua ricerca va verso una filosofia dell’elemento unico e fondante, ma resta legata al tuo lavoro anche in dialetto…

In questo libro è più facile trovare i riferimenti ai grandi poeti, non solo quelli che qui citi e sai fare tuoi: Montale (in alcune scelte verbali: infuria, brinata, e non solo). E non c’è Saba in quelle strade che sono per te cinque?

Ma poi ognuno la poesia la interpreta coi suoi mezzi e mi piace pensare che Una donna sia parente di quelle di Raffaello Baldini e Tonino Guerra, o magari a una figura di Valerio Magrelli o Patrizia Valduga.

Grazie caro Claudio,

Un pensiero affettuoso per te e per il tuo lavoro

Anna