Lo sguardo poetico nella complessità del reale

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Antologica di Evaristo Cian a Cordenons

di Enzo Santese

 

Nell’ambito di un programma teso alla ricognizione puntuale delle emergenze artistiche nel Friuli Venezia Giulia e nell’Istria, nello spazio del Gruppo “Aeì mèlos / Sempre musica” di Trieste è approdato anche Evaristo Cian per un incontro con il pubblico, per il quale è stata anche organizzata una visita alla sua mostra antologica aperta fino al 10 giugno presso il Centro Culturale “Aldo Moro” di Cordenons, in provincia di Pordenone. L’iniziativa, attraverso un vasto repertorio fotografico, ha messo in evidenza i tratti essenziali di una poetica che mantiene i tratti di una piena adesione alla corrispondenza tra paesaggio interno ed esterno.

Nato a Ruda nel 1948, l’artista è sempre stato pronto a percepire e rielaborare suggestioni dai luoghi, dalle persone, dalle vicende “fiorite” intorno a lui. L’appartenenza al mondo friulano non è peraltro un mero dato anagrafico che indica un’origine, ma un modo per comprendere la realtà di una terra dove storia e natura hanno intrecciato una trama complessa. La sensibilità nell’analisi del mondo circostante gli consente di puntare lo sguardo e di cogliere motivi e situazioni che, a prima vista, possono apparire dettagli generatori di intuizioni poetiche; sono peraltro quantificazioni figurali di stati d’animo, scatti emotivi, pensieri che fluttuano su temi innestati nel rapporto tra l’umano e la natura, con una vera passione per il segno che si fa vita e ad essa continuamente rimanda.

Evaristo Cian vive sul crinale di un neorealismo connesso con l’indagine psicologica, che è battito interiore, riscontro di sollecitazioni forti scaturite dall’incontro tra storia collettiva e cronaca personale. Certamente nella sua evoluzione gioca un ruolo importante la contiguità con Giuseppe Zigaina, di cui a metà degli anni ’60 comincia a frequentare lo studio con sistematica regolarità. Il suo universo privato è percorso da un reticolo di orbite lungo le quali, in aderenza con il momento psicologico che innesca il processo creativo, viaggia a velocità variabile con un combustibile intellettuale sempre capace di renderlo del tutto riconoscibile. L’attitudine a partire dall’esistente deriva da quell’alveo neorealista nel quale si è nutrito per poi giungere a esiti che ormai da tempo gli appartengono a pieno per la misura di uno spazio fantastico dove confluiscono elementi del quotidiano e si affermano per la loro decisa carica emblematica; per il modo di installare forme e figure sul “palcoscenico pittorico”, come fossero ritagli da un album tenuto gelosamente nascosto e poi comunicato per piccoli abbozzi; per l’impianto cromatico così vicino ai suggerimenti della terra, del cielo e della natura del Friuli. In questo Cian è davvero figlio di quella fisicità geografica dalla quale proviene e alla quale attinge continuamente spunti da elaborare in assoluta libertà nelle sue superfici, dove si celebra la liturgia del quotidiano con la leggerezza della poesia e con l’energia del vero che si fa ritmo compositivo, quinta teatrale con un protagonista costante: l’artista stesso che colloquia idealmente con l’osservatore. In una figurazione tutta assorbita dall’energia espressiva della presenza umana (solitamente il riferimento è a persone della sua famiglia oppure della sua frequentazione di ogni giorno) si sviluppa un racconto in cui la caratteristica primaria è il dato dell’ironia, con cui Cian sembra guardare il reale ed esorcizzarne le punte negative con la forza di un sorriso al quale invita dichiaratamente anche il fruitore. Questo artista, così appartato in una solitudine che gli consente di “auscultare” i battiti e il respiro della natura, mostra anche una decisa tensione problematica, prodotta dall’angoscia per il presente nebuloso e dall’inquietudine per il futuro incerto; tutti questi elementi giacciono nel fondo di un’ispirazione che mutua dal repertorio dell’ironia una sorta di antidoto da condividere con coloro che sanno entrare nello spirito della sua pittura. Talvolta peraltro, quando disegna contorni di una fisicità atmosferica, c’è il senso di un abbandono consapevole alla malinconia, ritenuta un combustibile necessario ad intercettare i segnali di un universo fatto di seducenti richiami alla possibilità di trascendere la concretezza del vivere con la rarefazione del pensare e del sentire. L’abitudine a lavorare contemporaneamente su più opere senza finirle e a lasciarle lì “maturare” significa per Cian far sedimentare la pittura e farla virare verso esiti a volte imprevedibili. La scelta di interrompere un quadro è dovuta all’urgenza di sentire l’espressione nella sua interezza, di evitare le cose come fossero dei compiti assegnati, da terminare ad ogni costo. Il discorso della definizione diventa un passaggio fondamentale nel metodo operativo; talora un reticolo di pennellate imbriglia lo spazio e lascia evidenziare in filigrana la propria tessitura e consistenza di segni. Infatti la composizione vive su una marcata nervatura del disegno, quasi una partitura dello spazio che nell’azione combinata di segno e colore stabilisce la tessitura di un ordito narrativo con la capacità di esaurire in sé l’orbita significante della confessione personale, ma anche con la possibilità di combinarsi con altre tele in un bel gioco di connessioni concettuali.

Il paesaggio diventa così presenza pulsante che rimanda simbolicamente a un’idea di solitudine consegnata a uno sguardo che nasce dalla storia passata e si innesta nella cronaca contemporanea. Molto spesso l’artista proietta specularmente nei personaggi la sua espressione che tra stupore e sfumatura interrogativa, tra disponibilità al sorriso perentorio e scatto di sincerità, mostra una gran varietà di modulazioni.

C’è tuttavia una cifra caratteriale che emerge talora improvvisa ad affermare il senso di una considerazione ironica del mondo e poi si inabissa in intermittenze di silenzio pensoso; anche i suoi nudi, lungi dal declinare esclusive tangenze di erotismo ludico, sono il portato di una dolente umanità che bilancia il piacere sensuale con il tormento interiore. Non è un caso che in molte delle figure che sono al centro dei suoi “racconti pittorici” ci sia sempre una voluta assonanza fisionomica con l’autore stesso che, in tal modo, ribadisce che il complesso dei suoi stati d’animo nei confronti del mondo circostante assumono sfumature molteplici solo in apparenza, nella sostanza sono repliche di un modulo rappresentativo della sua prismatica personalità. La più recente fase della ricerca pittorica di Evaristo Cian conferma la persistente vivacità dello slancio creativo scaturito da affetti privati, che prendono corpo e anima in un afflato preciso fra sentimento del tempo e adesione allo spazio in cui è nato; qui l’artista osserva l’andare delle stagioni e lo scatto metamorfico del reale con il guizzo divertito di chi sa tenere in bell’equilibrio la sottile intima sofferenza e la gioia di un’esistenza condotta in stretta contiguità con la poesia.