L’orgoglio contro il pregiudizio

Uscito finalmente in italiano Storia transgender di Susan Stryker, una finestra aperta su argomenti ignorati o trattati in maniera superficiale e fuorviante

di Giulia Gorella

 

L’estate è stagione di festival, mostre, cinema all’aperto, concerti. Ma anche di altre manifestazioni che con musica, colori e folle in festa attirano numeri importanti di persone anche da fuori città, Parate con carri e installazioni; sfilate dove regna l’impegno per una buona causa: parliamo di gay pride. Infatti, da giugno ad agosto, le città medio-grandi dello Stivale sono attraversate da manifestazioni in favore dei diritti civili per coppie omosessuali, per famiglie “arcobaleno” e per persone che non si riconoscono nel proprio sesso biologico e presentano un’identità di genere più complessa. L’intento di questo articolo non è addentrarsi nel significato di ogni categorizzazione contenuta nella sigla LGBTQIAP, sempre più ampia e inclusiva e ormai nota a tutti e nemmeno quello di raccontare in modo esaustivo tutte le possibili combinazioni di persone e orientamenti che si trovano nella suddetta comunità. Non basterebbe un libro.

Ci pare opportuno dedicare qualche riflessione, in occasione della stagione dei Pride, dell’orgoglio, per condannare ogni genere di pregiudizio. Con l’intenzione di ricordare a quanti hanno smarrito il senno sulla luna, che l’uguaglianza tra uomo e donna è ancora tanto lontana, quanto quella tra famiglie eterosessuali e quelle che invece basate su Genitore Uno e Genitore Due. Infatti, la battaglia per i diritti civili di persone Lesbiche-Gay-Bisessuali-Transessuali-Queer-Intersessuali-Asessuali-Poliamorose è anche una battaglia femminista. Di un femminismo non più chiuso in sé stesso ed attento esclusivamente ai diritti e alle esigenze delle donne, che si interseca invece con altri discorsi, per creare nuove ideologie più inclusive: per esempio l’ecofemminismo nasce da un’attenzione particolare alla causa ambientalista, in relazione alla causa femminista tout court. Un altro esempio forse ancora più diffuso è il Transfemminismo che, come il termine sottolinea, nasce da e per le donne transessuali, ma include anche le donne nel senso più ampio del termine, in quanto non ci può essere libertà e uguaglianza per un solo tipo di donna, ma ogni donna – sia lesbica, etero, fluida, transessuale – ha pieno diritto di avere le stesse opportunità di studio e di lavoro; di spostamento e di comportamento; di espressione e di gestione del proprio corpo, così come della propria vita sessuale e della propria identità. Non solo tali libertà vengono talvolta negate alle donne in generale, ma vengono sistematicamente negate alle persone (uomini e donne) transessuali. Visto il momento storico che stiamo vivendo e il clima politico nel nostro Paese, consigliamo un libro divulgativo sull’argomento, in grado di indagare sentimenti e pensieri di una frazione di popolazione più ampia di quanto si pensi. Ci riferiamo al lavoro di Susan Stryker, autrice e docente statunitense transessuale. Tra i tanti libri da lei pubblicati, è stato finalmente tradotto in italiano Storia Transgender, (Transgender history), uscito negli Stati Uniti nel lontano 2008 e in una seconda edizione del 2016.

Stryker indica come scopo del libro quello di dar voce, alle persone transessuali come soggetti attivi e promotori di cambiamenti storici. Il volume infatti analizza il rapporto stretto tra studi di genere, medicina (si parla sempre di più di medicina di genere) e politica. In parallelo c’è la storia statunitense, quella dell’America bianca e eteronormativa, che scorre disinteressata e disinvolta, credendosi immune a questi discorsi secondari; alle lamentele di queste minoranze.

Ma perché affannarsi tanto con i diritti delle comunità transessuali? Stryker in breve spiega, e non è la prima, come il corpo umano nella società moderna sia non solo capitalizzato ma anche strumentalizzato a fini politici.

Un esempio banale è il corpo della donna strumentalizzato mediaticamente per scopi riproduttivi (più cittadini, più consumatori, più lavoratori, più contribuenti e così via), altrettanto il corpo maschile era – e in certi contesti è – politicizzato per fini bellici. Per strumentalizzare un corpo, l’industria della moda, della pubblicità, dell’igiene personale e quant’altro rispetta severamente dei codici basati su identità di genere binarie e definite. I servizi igienici nei locali pubblici, interi negozi, le carceri, i reparti di ospedale, tutto viene “genderizzato”, ovvero rigorosamente diviso, il che porta a una segregazione fortunatamente non più su base razziale, ma su base sessuale. Peccato solo che la suddivisione sessuale (che dovrebbe essere solamente di carattere fisico, biologico), viene estesa e associata a criteri identitari e comportamentali che invece sono propri della cultura e dell’educazione individuali; pertanto, appartengono alla sfera dell’identità di genere.

Le persone trans mettono in discussione tutto questo e non si limitano a farlo in teoria. Lo mettono in pratica e lo rendono visibile, lampante, innegabile.

Destabilizzare il codice binario, mostrare palesemente come si può essere più uomo di ogni uomo pur essendo contemporaneamente più donna di ogni donna dimostra una gran libertà di pensiero e di sentimenti, ma la libertà spaventa chi non ne dispone. Per questo le persone trans vengono continuamente e doppiamente discriminate all’interno dei più vari contesti, perché si impone loro una segregazione, un ruolo, un compito, e uno spazio (marginale) che loro non è. Quando si pensa alla comunità trans la si associa ancora a una condizione patologica, lamenta Stryker. Quando non è così, la si associa al settore della prostituzione, cui molti sono costretti per via di pregiudizi radicati. Un po’ come dire che gli ebrei sono tutti strozzini, quando nel medioevo si precludeva loro l’accesso ad altre professioni. Stessa identica cosa. Ovviamente, i transessuali non sono stati mai sterminati in massa secondo le tristemente note pratiche nazifasciste. Ma cosa vivono le persone trans all’interno delle carceri? Provate a immaginarvi uomini che si sentono donne e che si riconoscono come tali e che vengono rinchiuse in cella con uomini che le identificano come prede sessuali. Non è solo pericoloso e degradante, ma persino spersonalizzante. Oltre al raggiungimento di pari diritti, opportunità, la comunità trans USA già negli anni Settanta elaborò un manifesto, ideato dall’associazione Star, che elencava gli obiettivi da raggiungere per una società equa e inclusiva anche per loro. Tra i punti del manifesto, vi era l’autodeterminazione medica, importantissima sia per evitare la stigmatizzazione da un punto di vista patologico, sia per permettere una maggior comprensione e un supporto più adeguato a chi intraprende il percorso di transizione. Ma tra i punti del manifesto – sottolinea Stryker – vi era anche esplicitata la necessità della fine dell’oppressione verso ogni gruppo, categoria o comunità minoritaria (trans, minoranze etniche), ma anche maggioritaria di numero (donne). Questo punto ribadisce bene come gli interessi di una comunità non si possano concretizzare se raggiunti a scapito di altri, in quanto da oppresso nasce un oppressore.

Altro auspicio che Stryker esterna è quello dell’aumento di enti e di imprese trans-led, ovvero gestiti da transessuali. In Italia queste realtà esistono, ed è un forte segnale di avanzamento. Basti pensare al MIT (Movimento Identità Transdi Bologna, realtà di respiro nazionale che dal 1979 si occupa di integrazione delle persone trans e oggi offre anche servizi di aiuto a persone della LGBTQAP di origine straniera e che quindi si trovano in una condizione doppiamente svantaggiata. Forse alla fine la condizione trans in Italia sta finalmente volgendo al meglio. Dopotutto, non abbiamo alla guida una persona che ha puntato in campagna elettorale sulla sua femminilità e maternità e che dalla sua elezione chiede di essere chiamata presidente? Più gender-fluid di così!

 

Susan Stryker

Storia transgender

Radici di una rivoluzione

traduzione di Laura Fontanella

Luiss University Press, 2023

  1. 280, euro 23,00