Nelida Milani in tre volumi

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L’editore Ronzani propone un itinerario in tre tappe nella narrativa della scrittrice istriana

di Maurizio Casagrande

 

Un grande affresco storico in forma di racconto ma col respiro del romanzo, sul modello del ciclo narrativo dei Miserabili di Hugo, che mette a frutto l’eredità del Novecento attraverso un uso sapiente e originale del monologo interiore o dell’espressionismo, in aggiunta alla ferma rivendicazione dei sacrosanti diritti dei dialetti come di ogni lingua minoritaria: si potrebbe riassumere in questa formula la trilogia che raccoglie l’intera produzione in prosa, edita e anche no, della scrittrice istriana proposta da Ronzani nella collana VentoVeneto.

Con implicita e significativa coerenza rispetto alla poetica “onesta” di Saba o alle “parole povere” di Cappello, la storia evenemenziale, per usare una formula coniata dalla storiografia francese nel corso del secolo scorso, qui incrocia sistematicamente il quotidiano alimentandosi di vicende e personaggi in apparenza senza importanza a cominciare dalla vicenda umana della Gigia, la nonna dell’autrice, giunta a Pola dall’entroterra di Parenzo nel lontano 1921 per aprirvi quell’osteria che funge da centro gravitazionale dell’intera costruzione narrativa, un sacro focolare cui spetta il compito di custodire i valori identitari (su tutti, la lingua e la memoria) nella stagione e nella regione più martoriate che si conoscano per l’azione congiunta di contrapposte ideologie, delle guerre più rovinose e delle più funeste tensioni etniche.

Il racconto si dipana in un’alternanza senza fine di piani e registri narrativi, di ambienti e di personaggi attraverso i quali, forte di provate competenze come fine letterata, antropologa e linguista, l’autrice conduce per mano il lettore alla scoperta della complessità di un passato che non passa mai come di un presente dalla memoria troppo corta, alimentando a questo modo un esercizio metaletterario di ininterrotta riflessione critica.

La ratio cui ha obbedito il curatore Mauro Sambi nella distribuzione della materia è quella tematica, privilegiando l’attenzione al patrimonio della lingua e della memoria: nel primo tomo (L’osteria della Parenzana) troviamo così i racconti legati all’ambiente dell’osteria e al quartiere delle Baracche; nel secondo (Agnus Dei) si accampa al centro della scena il tema delle guerre, da quelle mondiali alle guerre balcaniche degli anni Novanta; nel terzo, infine (La partita), il fuoco dell’attenzione si sposta sulla vita quotidiana con un taglio spiccatamente psicologico nel perenne dissidio tra identità e conformità proprio ad ogni istriano, e forse ad ogni uomo.

Un pregio ulteriore dell’opera, e nemmeno il più piccolo, è senz’altro la naturalezza con cui la Milani sa attingere al patrimonio della letteratura nazionale venendo così ad innestare d’autorità il tralcio dell’Istria nella solida radice della grande tradizione italiana, ad esempio sposando, anche sul piano delle scelte linguistiche, la mimesi del parlato, il punto di vista dei personaggi o la coralità dell’azione che già distinguevano i romanzi di Verga.

Né va trascurata la genuina componente lirico-letteraria che sta alla base della scrittura della Milani nella quale sta il segreto della sua forza, frutto di una assidua frequentazione dei poeti e degli scrittori nazionali, mentre sarebbe riduttivo e fuorviante classificare quest’opera nella categoria della pura e semplice memorialistica o valorizzarne soltanto il coefficiente di investimento emotivo da parte del lettore: a dispetto del titolo, volutamente confinato entro un registro basso, Cronaca delle baracche è molto di più, essendo attraversata da un afflato quasi epico e da uno spiccato anelito religioso di chiara matrice evangelica nella manifesta opzione di fondo per gli ultimi, come si ricava dalla prefazione al primo volume (pp. 7-16), cui è affidata la formulazione di una precisa poetica, quella del “moscerino in bottiglia”: «Avete presente quel tipo di pera qua da noi in Istria che si sviluppa in condizioni artificiali? Appena spunta sull’albero del pero, il rametto sul quale è nata viene infilato nel collo di una bottiglia e là, dentro quella bottiglia, la pera si fa grande e matura per finire poi immersa nell’acquavite con l’etichetta grappa o trappa istriana / istarska rakija. […] E davvero non si può risolvere questo caso disperato senza rompere la bottiglia. Dico – caso disperato – perché riguarda chi è consegnato fin dalla nascita al proprio destino e non ha né consapevolezza né capacità di ribellarsi. Non c’è drammaticità né tragicità senza consapevolezza. E così la pera se ne rimane tranquilla in bottiglia fino alla morte.  Ma mettiamo che dentro la bottiglia ci sia un moscerino, un moschin, o una mosca, o una vespa, o un’ape, o un calabrone. Prendiamo la mosca. Che certamente è più irrequieta di una pera e meno contenta della sua situazione. La mosca vuole uscire dalla fiasca ma per farlo deve prima capire come è fatta la fiasca, sbattacchia di qua e di là contro il vetro, cerca che ti cerca, finisce per imboccare il collo della bottiglia e volare via. Ma prima ha dovuto maturare la consapevolezza di essere prigioniera. «Vojo andar fora perché qua me sento prigioniera». Cosa che non tutti condividono. Non è facile stando all’interno concepire la forma del contenitore che ci contiene. Chi sta all’interno di una situazione di non-libertà ha grosse difficoltà a liberarsi dalla condizione e dai condizionamenti che subisce, e non tutti riescono a districarsi. Parecchie mosche ci riescono. E anche la nostra mosca ci è riuscita» (La poetica del moscerino, pp. 7-8). Con una fondamentale avvertenza sulla genesi di questa scrittura: «Rimane sempre quel dolore originario al quale non ci siamo potuti sottrarre, perché non c’era altro modo per crescere da bambini e da adolescenti e oltre se non nell’imbottigliamento della pera. È da quel dolore originario, da quel disagio profondo che nasce la mia scrittura. Come reazione all’impotenza» (cit., p. 9).

Da segnalare, infine, oltre all’estensione di un’accurata cronologia della vita e delle opere, le pregevoli note critiche per mano di Mauro Sambi (nell’apertura del primo tomo) e di Ezio Mestrovich (a chiusura del terzo).

 

 

 

Cop 1

 

Nelida Milani

Cronaca delle baracche

I: L’osteria della Parenzana

Ronzani, Vicenza 2021

  1. 376, euro 18.00

 

Cop 2

 

Nelida Milani

Cronaca delle baracche

II: Agnus Dei

Ronzani, Vicenza 2021

  1. 336, euro 18.00

 

Cop 3

 

Nelida Milani

Cronaca delle baracche

III: La partita

Ronzani, Vicenza 2021

  1. 376, euro 18.00

 

 

Fig 1:

Nelida Milani

 

Fig 2:

Le case operaie polesi