Nicola Grassi

| | |

Una poderosa monografia mette in luce il lavoro artistico di un autore ingiustamente relegato alle sue origini carniche, mentre fu validamente attivo nel gran secolo della pittura veneziana

di Nadia Danelon

 

“…le scoperte si fanno dove nessuno ha guardato o dove si pensa di aver già detto tutto”: prendo in prestito queste parole dall’introduzione dell’ultimo libro di Enrico Lucchese proprio per parlare di questo volume corposo, risultato di una preparazione durata per anni in un percorso fatto di studio e tanta determinazione. Lo chiarisce lo studioso stesso, nell’introduzione di questa affascinante monografia dedicata al pittore Nicola Grassi (1682-1748). Colpisce la stretta confidenza, creata nel corso degli anni, tra lo studioso e l’artista: quasi un rapporto di amicizia a distanza di secoli, che permette al primo di scoprire passo dopo passo il secondo, per poi essere chiamato a descriverne il percorso di vita e di stile per mezzo del proprio sapere. Lucchese iniziò a parlare di Nicola Grassi molti anni fa, preparando la sua tesi di laurea, riprendendo poi i suoi studi dedicati a questo pittore nel corso del dottorato: in più, sin dai suoi primi articoli, ha fatto conoscere le sue ricerche dedicate all’artista settecentesco. Quindi, si potrebbe dire, una parte delle sue pubblicazioni ci ha gradualmente preparati al momento clou, all’uscita di questo volume chiarificatore e fondamentale: dove, con la competenza di uno studioso ormai maturo, Lucchese ci offre degli spunti di riflessione per l’analisi dell’enigmatico Nicola Grassi. L’utilizzo di questo appellativo non è casuale: la pubblicazione monografica contribuisce a risolvere molti dubbi, ricostruendo non solo il catalogo completo del pittore, ma anche risolvendo alcuni complicati processi attributivi relativi alle opere che devono essere assegnate alla cerchia di questo artista e ai suoi imitatori. Il prestigio dell’argomento, la peculiarità di questo volume tra i più recenti studi dedicati al complesso panorama del Settecento veneziano, non è altro che lo specchio della passione di Enrico Lucchese, formatosi alla scuola di Giuseppe Pavanello ed esponente di spicco tra gli studiosi della cultura figurativa veneta. Attualmente, Lucchese è professore associato presso l’Università di Lubiana: chi scrive, lo ricorda anni fa tra gli assistenti alla cattedra di Storia dell’arte moderna presso l’ateneo di Trieste, dove ha tenuto anche il corso di iconologia e iconografia. Una personalità frizzante, che contribuisce a farne anche un ottimo oratore. Lucchese si è specializzato nell’ateneo di Udine dove, per il Museo civico locale sito nel Castello, ha contribuito alla stesura del catalogo della Pinacoteca d’arte antica. Si è poi dottorato a Trieste, pubblicando in quello stesso anno (insieme alla dott.ssa Marialisa Valoppi Basso) il catalogo della mostra dedicata a Nicola Grassi ritrattista. La sua tesi di dottorato, come chiarito dallo stesso studioso, costituisce l’effettiva base del volume monografico dedicato al Grassi. Nel frattempo, Lucchese si è distinto come autore di oltre trecento pubblicazioni scientifiche e nel 2015 ha dato alle stampe il catalogo completo delle caricature di Anton Maria Zanetti, per la veneziana Fondazione “Giorgio Cini”, con la quale ha più volte collaborato. Di recente, si è cimentato nella ripubblicazione di due volumi celebri, editi per la prima volta negli anni trenta del Novecento: proprio nel mese di novembre 2018 ha infatti presentato il catalogo del patrimonio artistico e storico della provincia di Pola, preceduto nel 2016 da quello di Zara.

Nicola Grassi, un pittore nato in una piccola frazione di una più nota località carnica (Formeaso di Zuglio), è stato troppo spesso sottovalutato dalla critica: ad accrescere questa condizione immeritatamente marginale hanno contribuito fin troppe pubblicazioni dei decenni passati, che hanno creato l’immagine di un pittore dotato di un eccessivo legame nei confronti del suo territorio di provenienza. Niente di più sbagliato. In questo caso, come in tanti altri, l’esaltazione del “genius loci” (utilizzo la stessa espressione dello studioso) è stata lo specchio di un irrefrenabile ed egoista campanilismo locale: presuntuoso quanto fuorviante, sfociato addirittura nel tentativo di creare una linea continua e forzata che dagli autori rinascimentali avrebbe portato fino al settecentesco Grassi. La recensione negativa dell’illustre Francis Haskell nei confronti della mostra monografica di Udine (1961) ha rischiato di scoraggiare altri studi dedicati a questo autore che però – fortunatamente – sono proseguiti. Il catalogo di quella mostra si colloca infatti a metà strada tra le prime scoperte di Giuseppe Fiocco e il volume pubblicato nel 1982 a cura di Aldo Rizzi (legato all’esposizione tenutasi a Tolmezzo in quello stesso anno). Queste vicende, riassunte con puntualità da Enrico Lucchese nelle prime pagine del suo saggio introduttivo, costituiscono il preambolo agli studi dei decenni successivi. Si giunge così al momento nel quale un giovane studente universitario, attraverso le ben note peregrinazioni alla ricerca di un argomento adatto alla propria tesi di laurea, si scontra idealmente nelle sale di Ca’ Rezzonico con l’autore destinato a lasciare un’impronta permanente sulla sua carriera di studioso: con l’intermediazione dei professori Pavanello e Mariuz, Enrico Lucchese “incontra” Nicola Grassi. Nell’introduzione al volume vengono rievocate tutte le vicende principali di questo singolare rapporto, che (seguo la sua riflessione) è sfociato felicemente in un “matrimonio” con la pubblicazione del volume che riassume tutto questo.

La pubblicazione è complessa e ben strutturata: si parte da un lungo saggio introduttivo, esauriente nella descrizione della carriera di Nicola Grassi nel complesso panorama del Settecento veneziano. Una riflessione di questo tipo è fondamentale per comprendere il ruolo di un artista che (come altri suoi colleghi) è strettamente connesso alla sua epoca e a quel centro di primaria importanza che è la città di Venezia, della quale il Friuli dell’epoca è una provincia che ne rispecchia il gusto. Questa analisi complessiva contribuisce quindi a sfatare il mito dell’artista esclusivamente friulano (anzi carnico) che forzatamente è stato adattato al Grassi. Le parole dello studioso ci trasportano lungo le vicende della cultura figurativa della Venezia settecentesca, ricostruendo quella fitta rete di rapporti che ha contraddistinto la carriera di un pittore approdato nel cuore della Serenissima Repubblica Veneta già in tenera età: quindi, una volta di più, lo studio approfondito di Lucchese contribuisce a cancellare le ipotesi fantasiose di una precoce formazione presso la bottega d’intagliatore del nonno materno. Nel volume vengono anzi indagati in modo chiaro e puntuale i rapporti di Nicola Grassi con il maestro Nicolò Cassana (Nicoletto), del quale finisce per diventare un fedele collaboratore. La carriera poi prosegue, attraverso un’evoluzione stilistica costante, influenzata dalla cultura visiva che lo circonda: di pari passo rispetto alle intuizioni degli altri suoi colleghi, emergono anche quegli stimoli continui che caratterizzano la produzione del Grassi. Ogni fonte d’ispirazione viene da lui analizzata e rielaborata, in un linguaggio pittorico originale ed esclusivo. Lucchese inoltre ci fa scoprire, lungo il catalogo delle opere realizzate dal pittore settecentesco, alcune influenze riconducibili agli esempi tratti dall’arte cinquecentesca: ed è così, che oltre alla lezione di Paolo Veronese appresa attraverso l’esempio di Sebastiano Ricci, ritroviamo nella produzione del Grassi alcuni riferimenti ai disegni del Parmigianino appartenenti alla collezione di Anton Maria Zanetti il Vecchio.

Un ruolo importante, infine, è ricoperto dalla committenza: ed è così che lo studioso, lungo il suo saggio, ci riconduce in Carnia. Le opere di Nicola Grassi sono sparse in varie località del suo territorio d’origine, approdate tra le montagne dopo essere state realizzate nella sua celebre bottega di Venezia: tra queste ci sono i dipinti di Tolmezzo commissionati da Jacopo Linussio, quelli del duomo di Ampezzo e (solitaria ma significativa) la Madonna degli angeli della Pieve di Castoia a Socchieve.

Per concludere, si può semplicemente sottolineare il fatto che un volume così complesso, nel quale risaltano anche le schede delle opere suddivise per una consultazione funzionale della monografia, costituisce una tappa importante non solo per la fortuna critica di Nicola Grassi ma anche (e in generale) per una completa ricostruzione di quell’ambiente florido e affascinante dove si è sviluppata la civiltà artistica della Venezia settecentesca.

 

 

Enrico Lucchese

Nicola Grassi

ZeL edizioni, Treviso 2019

  1. 532 euro 90,00