Nuovi versi di Gianluca Paciucci

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di Roberto Dedenaro

 

Dopo quattro raccolte di poesia, alcune traduzioni e un’opera di animatore culturale di notevoli proporzioni, Gianluca Paciucci, che insegna letteratura in un liceo triestino, ci regala, nel vero senso della parola, una nuova raccolta di versi intitolata Mancano dita, che è pure il titolo della prima sezione delle sei che compongono il libro; sono cinquanta quartine, più o meno endecasillabiche, se non vedo male. La ventisettesima quartina, a scanso di equivoci, ci dà ragione del titolo: (i miei) Eppure manca manca il comunismo/ come mancano dita a questa mano:/ cinque eravamo mondi d’onirismo/ di nonni di padre-madre e figlio vano//. Se dovessimo riassumere il tutto con una formuletta comoda, comoda, potremmo sostenere che, nella poesia di Paciucci, il tema esistenziale, personale è sempre proiettato su uno sfondo collettivo il rimpianto per un passato, per un’ideologia che non ci si arrende a considerare passata.

Modelli di questa operazione, modello formale e non solo, potrebbe essere Pasolini, sia per l’idea del recupero di metri storici, la terzina dantesca per il poeta bolognese, la quartina in questo caso per Paciucci, ma anche la terzina, sia per l’idea dei tempi rei che si stanno vivendo. Tempi colpevoli a cui si guarda con uno sguardo più proiettato verso uno ieri mitico e indefinibile, forse mai esistito, in realtà, che verso un domani, quasi più da fanciulletto leopardiano che da operaio marxiano, insomma. Citato direttamente è Paul Celan, quasi una musa, che si merita un’aggiunta in prosa a mo’ di post it, richiamato, anzi inseguito anche per un tono complessivamente espressionistico o neoespressionistico di Paciucci che graffia di qua e di là, così tanto, che si crea quasi un idillio anti-idillico.

La raccolta è pervasa da una tensione narrativa, arriviamo così alla sezione Novellette, due brevi prose che non si discostano dal tono generale della raccolta, apocalittico, non privo di risvolti ironici e autoironici, che fanno lievitare lo stato d’animo del lettore, anzi il risvolto di copertina ci segnala la sezione Oltre il male come destinataria di una qualche diversità di tono, e allora richiamato da ciò me la sfoglio per bene. Alla fine, mi vien da dire che è l’amicizia, il rapporto famigliare, l’ancora di salvezza, la gomena che Paciucci ci lancia tra le onde. Chiude il libro la settima sezione, quelle del comunismo …che spacca ancora residui del nostro cuore e della nostra intelligenza, dentro un presente sfigurato.

Ora forse si dovrebbe anche dire che in questo volume si parla molto di passato e di presente e poco di futuro, ora forse non abbiamo più gli anni per farlo con un minimo di cognizione di causa, né gli ultimi fatti di cronaca invogliano a particolari rosee annotazioni, ma fatto si è che il comunismo quello era, od è, un’idea di futuro e quindi rimaniamo un po’ meravigliati a trovarlo sotto forma di rimpianto sentimentale, o qualcosa di simile, ciò che esso non è, mi pare di poter dire. Ma qui il discorso si farebbe troppo impegnativo e ci porterebbe troppo lontano da questo lavoro che ha senz’altro i suoi meriti e i suoi valori. Anzitutto i valori formali attorno cui è stato composto, c’è persino una sezione che si chiama Terzine, anche se terzine ce ne sono anche fuori dalla sezione, ma qui le terzine diventano un momento sovrabbondante, s’inseguono sulla pagina, fioche di tumulto/le ore si ritirano/come mani nei polso// le vene portate/a smacchiare/ domani ritirerò//, quasi un western haiku, nel quale, però emerge anche la presenza del corpo, di immagini filtrate dal corpo e dalle sue esperienze, che è una costante nella poesia di Paciucci e d’altronde è attraverso questo vecchio carapace e le sue aperture che noi possiamo dire di aver sperimentato e di sperimentare  il mondo e le sue asprezze. Non ho detto tutto ma almeno un po’di quello che il lettore trova, secondo me, aprendo questo libro che è pubblicato da Battello, noto a Trieste per la sua opera di editore un po’ underground, un libro, così per riassumere, che andrebbe letto soprattutto da quelli che si aspettano che la poesia ci porti dentro al mondo che ci circonda da un particolare punto d’osservazione, ma che lo faccia con adeguati strumenti metrici e retorici.

 

Gianluca Paciucci

Mancano dita

Battello, Trieste 2022

  1. 80, euro 16,00