Panico, ma rosa

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di Stefano Crisafulli

 

Com’è bello tornare a teatro dopo tanto tempo. Sono passati ormai sei mesi e più dalla chiusura totale dei teatri, che poi sono stati gli ultimi a poter riaprire e solo a condizioni durissime di accesso e fruizione, tanto che il riavvio è stato difficile e faticoso per tutti, artisti e pubblico. E com’è bello tornare al Mittelfest di Cividale, per un’edizione, quella del 2020, che rischiava di saltare. Invece il direttore artistico Haris Pasovic ha coraggiosamente scelto di spostare il consueto appuntamento di luglio agli inizi di settembre (dal 5 al 13), proponendo il tema dell’empatia: quanto mai azzeccato, vista la situazione. E grazie ai contributi autoriali di Elio Germano, Emma Dante, Romeo Castellucci e Roberta Biagiarelli (per dirne alcuni) il festival ha mostrato un panorama teatrale vivo e interessante. Ma, tra installazioni video e realtà virtuali, spicca la determinazione tutta toscana di un artista come Alessandro Benvenuti, che ha voluto portare sabato 5 settembre, in prima assoluta al Mittelfest, il suo resoconto personale del lockdown, dal titolo emblematico: Panico ma rosa – dal diario di un non intubabile, in un teatro vero (il Ristori), davanti a gente vera, sia pure con le mascherine.

Il nome di Benvenuti assieme a quelli di Athina Cenci e Francesco Nuti, ci riporta alla memoria il formidabile trio dei ‘Giancattivi’ che imperversava alla televisione (Non stop) e poi al cinema con il film Ad Ovest di paperino. Nel monologo di Cividale l’autore e attore comico ha voluto far emergere la sua scrittura, a volte pungente e surreale, a volte malinconica, attribuendo lo spettacolo al genere Po-Ca-Co, ovvero Poetico-Catastrofico-Comico. Ma perché questo titolo? In alcune interviste Benvenuti ha dichiarato che il ‘panico’ era dato dal virus e dai suoi effetti, mentre il ‘rosa’ dalla moglie, che gli ha ispirato la parte più lirica del testo. E ‘diario di un non intubabile’ perché, avendo compiuto da poco i 70 anni, in quei terribili momenti temeva di rientrare tristemente nella categoria di cui sopra. In effetti il monologo procede per strappi e virate improvvise, passando dal comico (prevalente) al drammatico e svelando anche una parte più intima dell’autore toscano, ma sempre attraverso il velo dell’ironia. La clausura forzata gli fa incontrare volatili di ogni tipo sul balcone, tra i quali due tortorelle chiamate Thelma e Thelma perché identiche, e lo riporta indietro con la memoria al periodo in cui faceva il chierichetto e cercava di guadagnare più ‘punti’ possibile per poter vincere una bicicletta, poi persa per un soffio. Si torna sui balconi per i canti che hanno caratterizzato una parte del lockdown, anche se cantare Felicità di Al Bano e Romina gli pare davvero troppo. Le uscite sono rarissime e avvengono solo grazie alla necessità, avallata dai decreti governativi, di portare fuori il cane. Cosa che permette una serie di incontri con altri cani, tutti un po’ particolari e bizzarri, come quello che abbaia disperatamente, ma non sa a chi, perché il muro gli impedisce di vedere. C’è posto anche per alcuni sogni, che a volte sono incubi, altre volte invece portano il protagonista ad un confronto a distanza (di tempo e di spazio) con la figura del padre, trasfigurato e quasi addolcito da elementi comici e surreali. E poi le domande bibliche: ma la mela dell’Eden era veramente una mela? O era un frutto psichedelico? In fondo un diario sincero, quello di Benvenuti, che ammette di aver selezionato le 59 pagine conclusive da una mole ben più ampia di materiale. Uno spettacolo che rinfresca l’aria di Cividale e rende ciò che stiamo vivendo un po’ più sopportabile.

 

 

Foto:

Alessandro Benvenuti

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