Per caute sopravvivenze

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Un piccolo dizionario

di Malagigio

 

 

MATRIMONIO

 

È bello vivere in un tempo così simpatico: potrebbe essere quell’euforia da caduta di un impero romano o l’ultimo ballo sul Titanic, ma intanto si sta bene come mai prima. Uno dei sintomi della generale goduria è cosa sta diventando il matrimonio: e cioè qualunque cosa che vogliamo che lo sia. Soprattutto un bell’ambiente (gli italiani da tempo dicono location), costumi all’altezza e tavolate per innumerevoli portate bagnate da brindisi eclatanti.

In fondo il matrimonio in chiesa da tempo era diventato questo: folle di atei ne approfittano gioiosi. Pare però che non occorra più né un prete né un sindaco qualunque con la sua bella fascia tricolore. Ci si sposa da sé. Recentemente, una coppia giovane e allegra ha pensato bene di farsi sposare dal famosissimo Jovanotti sulla spiaggia di Lignano: i testimoni non erano i soliti due o quattro amici intimi angustiati dal costo delle fedi, ma sessantamila. Se i testimoni oculari valgono per mandare in galera un omicida, perché no per un matrimonio? Il valore legale ci sembra indiscutibile.

Quelli che come sempre danno il buon esempio sono i ricchi. È stato impossibile non sapere che Silvio Berlusconi si è sposato da sé con una parlamentare di Forza Italia, che alla Camera dei Deputati si è fatta notare andandoci una volta sì una no, mancando soprattutto durante il Covid, per evitare il quale in effetti è stato fortemente consigliato di non frequentare luoghi affollati.

Altrettanto impossibile è stato evitare di sapere che la precedente compagna, di Berlusconi, si è autosposata con una cantante.

Siamo però come sempre un po’ indietro. In Giappone, il signor Akihiko Kondo ha sposato Hatsune Miku, con la quale aveva una relazione amorosa da un tempo sufficiente per mettere alla prova la serietà delle reciproche intenzioni. Il signor Kondo ha dichiarato che Hatsune Miku l’ha salvato dalla depressione e forse da cose peggiori. Ora sono felici. Al matrimonio erano presenti una trentina di invitati, ma non i genitori di lui, incomprensibilmente ostili. Non c’erano neppure i genitori della sposa, ma non sappiamo se la si possa dire orfana. Hatsune è un ologramma dai capelli azzurri e gli occhi imbambolati da manga. Il certificato di matrimonio è stato rilasciato da Gatebox, azienda mondiale all’avanguardia nella produzione di ologrammi per qualunque tipo di esigenza. Non vediamo perché il documento debba valere meno del certificato di matrimonio rilasciato dal sindaco di Codroipo (16.000 abitanti).

Il signor Akihiko Kondo si dichiara fictosessuale: si chiamano così le persone che provano desiderio e amore per creature di fantasia rese apparenti dalle recenti tecnologie. La fictosessualità, leggiamo sul sito GreenMe, «si sta diffondendo a macchia d’olio» dal Giappone in tutto il mondo ed è già «contemplata nel novero delle tendenze sessuali rappresentate dalla comunità LGBQ+».

Sarà interessante, quando gli italiani, tendenzialmente poligami e promiscui, diventeranno fictosessuali – è solo questione di tempo – chi saranno capaci di sposare.

 

NIENTE

 

 

Se il Niente non fosse sempre così indaffarato, non ci sarebbe niente da dire. Ma il Niente è la cosa più industriosa del mondo. Manteniamoci in un orticello piccolo: prendiamo la nostra colorita politica. Leggiamo che un politologo illustre, il prof. Giovanni Orsina, ha definito così la politica del segretario del PD Enrico Letta: «ha trovato una strategia che ritengo geniale: non fare assolutamente niente».

A guardarsi intorno, pare però un costume molto condiviso, a cui per una via o per l’altra arrivano prima o poi tutti. Infinite sono le strade del Niente, e tutte portano a lui. Potremmo dire che tutte portano a Roma.

Pare chiaro che il geniale Niente non sia da tutti, soprattutto che non sia cosa per dei pivelli. Al Niente ci si arriva dopo un apprendistato annoso, e cioè dopo aver provato a dire una serie di cose, che saranno state inevitabilmente delle sciocchezze. Restiamo alla cronaca più recente, che tutto ciò che è storico ci tedia, cogliendo fior da fiore.

Proprio il segretario del PD Letta aveva pensato di dare il diritto di voto ai sedicenni (che evidentemente frequenta poco); il nostro premier Draghi aveva proposto l’anno scorso di tenere studenti e insegnanti nelle scuole in luglio (come sopra); il ministro degli Esteri Di Maio voleva il Presidente della Repubblica in prigione e, perdonato da quell’uomo etereo e paziente, aveva pensato di proclamare la fine della povertà; l’ex ministro degli interni Salvini – chissà quanto ci aveva pensato – a un certo punto chiese i pieni poteri: era al mare.

Tutti, sbaglia di qua sbaglia di là, hanno capito che il Niente è più sicuro. Il Niente può essere retoricamente raffinato, un sofisma arabescato come un sogno, che nessuno si ricorda come è cominciato e perché poi sia finito. Sfatto un Niente, se ne fa un altro.

Nell’empireo ideale della nostra storia parlamentare, c’è certamente Giulio Andretti, condannato con sentenza definitiva per mafia senza che la cosa abbia significato niente. Quel sapiente che in tanti rimpiangono soleva dire che i problemi si dividono in due: quelli irrisolvibili e quelli che si risolvono da soli. Non fare niente, dunque, contribuirebbe a non aumentare la confusione universale.

Il popolo agogna il Niente. Siamo tutti terrorizzati che, perdendo la trebisonda, qualche nostro governante dica qualcosa: sul cambiamento climatico, sugli italiani che hanno smesso di fare figli, sulle mafie, sui giovani sempre più ignoranti e i poveri sempre più poveri, sul fatto che sempre meno italiani vanno a votare, ecc. Perderebbero miliardi di voti.

Il contrario di «niente» è «divisivo». Gesù era divisivo: diceva che alle cose bisognava dire o sì o no (Matteo, 5, 37). Noi siamo per il ni.

 

RIDERE

 

 

Ridere è lo scopo della vita. Aristotele avrebbe detto l’entelechia. Il grande regista Mario Monicelli definiva la commedia all’italiana come quel genere in cui si ride di cose che non dovrebbero far ridere: la fame, la povertà, gli imbrogli della politica, perfino la morte. È il massimo del virtuosismo. Il giornalista politico Filippo Ceccarelli ci ha regalato recentemente il suo viaggio nei social, in particolare su Instagram. Il libro s’intitola Lì dentro (Feltrinelli 2022). Gli siamo grati per aver fatto al posto nostro un viaggio istruttivo ma peritoso, un po’ come Dante all’Inferno. Ceccarelli nota che, a parte le cattivissime e sgrammaticate cattiverie che gli italiani si scambiano, sui social è tutto un gran ridere.

Chi aveva capito tutto prima degli altri è stato Silvio Berlusconi, del quale si sta approntando una speriamo voluminosa antologia non dei suoi risolutivi provvedimenti di governo ma di barzellette. A Berlusconi Ceccarelli, che è un uomo antiquatamente colto, dedica una citazione presa dalla stupenda Cronica (Adelphi 1981) che racconta la vicenda terribili di Cola di Rienzo a Roma (1313 – 1354): «et in sua bocca sempre riso appariva in qualche modo fantastico».

 

UNO

 

Bisogna sgombrare il campo da quella superstizione che dice che la matematica non è un’opinione. I numeri non aspettano altro che essere oggetto di opinioni. Provate a domandare a dei matematici se i numeri sono reali o no, e vedrete.

A noi basta l’uno. Se ne parla ancora molto perché il partito fino a qualche settimana fa di maggioranza in parlamento non sa se credere ancora che «uno vale uno». Pare che si stiano stufando, che stiano scoprendo l’esistenza degli altri numeri.

Si capisce che quell’«uno» alla lunga infastidisca, perché da sempre nella lingua italiana uno viene usato come il contrario di qualcuno: «Devi diventare qualcuno!», dicevano tutti i papà ai figli maschi, e non restare «uno qualunque».

Gli inglesi hanno molto più rispetto dell’uno: «You are the one», cantava Barry White; e nel film Matrix (1999), l’eroe che messianicamente viene cercato dalla squadra di irriducibili è The One. che nel doppiaggio italiano è diventato per fortuna l’Eletto. Immaginate che disastro per il film se avessimo sentito che cercavano uno