Per caute sopravvivenze

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Un piccolo dizionario

di Malagigio

 

ITAGLIANO

 

Le lingue, se sa, evorvono: ar punto de cambià pure er nome. Quanno scriveva Dante, l’itagliano se chiamava volgar lingua, e ‘nfatti er titolo vero der canzoniere de Petrarca è Rerum vulgarium fragmenta. S’ammiri la modestia de’ l’autore: frammenti de volgarità: artri tempi. – Adesso però c’è er cambiamento climatico e pure quello linguistico. Cioè: er romanesco è usato da chi comanda come lingua nazzionale, in occasioni anche moooolto ufficiali. Nelle televisioni poi nun ne parlamo. È tutto un stracicamento de’ c dolci, ma con un nun so ché de saliva ’n bbocca che dovranno imparà pure li veneti e li calabbresi, se nun vogliono sembrà burini. Se no, s’attaccano.

 

LAUREATI

 

Laureato è la parola superba che si usa in Italia per dire chi ha conseguito il titolo che rilascia l’università. Laurea viene da alloro, con la cui ghirlanda s’incoronavano poeti e imperatori. Essere un poeta laureato fu il sogno del povero Dante. Da allora ci siamo democratizzati: adesso per un serto di lauro in testa basta un corso triennale in scienze politiche.

Pare però che in Italia di laureati ce ne siano sempre pochi: solo il 20%. Nell’Unione Europea il 33,4%. Come insegnavano i gesuiti, il vizio di confrontarsi con gli altri rende infelici.

Dovremmo allarmarci. In effetti, visto il florido mercato del lavoro italiano, vorremmo più camerieri, fattorini, spacciatori, cassieri, commessi, senzatetto ecc. con almeno una laurea in biologia molecolare, o un dottorato sull’uso del punto e virgola nelle Operette morali di Leopardi. Vuoi mettere il gusto di assumere a tre euro all’ora e in nero un bagnino che abbia preso un bel 110 e lode per aver studiato la crescita della Chlorella vulgaris in acque reflue, invece d’un poveretto con la terza media? E vuoi mettere il gusto di licenziarlo?

 

SPENDERE

 

Spendere è più faticoso di guadagnare. Spandere è facile, spendere è difficile. C’è un film del 1985, Chi più spende… più guadagna!, di Walter Hill, in cui il protagonista eredita 300 milioni di dollari: l’eredità sarà sua, però, solo se saprà spendere trenta milioni di dollari in trenta giorni. Ovviamente ci sono delle condizioni: non può buttare i soldi dall’elicottero, come sanno fare gli Stati ricchi (si dice proprio helicopter money), non può giocarseli al casinò, né donarli ai poveri come Francesco d’Assisi. S’immagini lo stress.

Greta Garbo e Ava Gardner morirono nel 1990, entrambe giustamente ricche. Si notò subito dalle loro case la differenza su come spesero i meritati guadagni: la casa della Garbo aveva mobili di pregio, quadri di Renoir, ecc. La Gardner aveva pelli di zebra alle pareti e altra chincaglieria.

Da un po’ il problema di noi italiani è che ci arrivano molti soldi dal Recovery Fund, che si può chiamare Next generation EU e anche PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Tra tutti i Paesi dell’Unione Europea, con stupore di tutti, il governo di allora, il “Conte 2”, ottenne la quota più grande: 191,5 miliardi di euro su 750. Oggi si legge nel sito del governo che «il Piano» per spenderli «è in piena coerenza con i sei pilastri del Next Generation EU». La coerenza è importante.

Soprattutto perché i miliardi europei, come i 300 milioni del film, ci arriverebbero solo a certe condizioni: purtroppo, non possiamo buttarli dalla finestra, per esempio facendo «un ponte sul Canale di Sicilia», come dice il visionario ministro Salvini, che è di Milano. Ci tocca pensare qualcosa: cose precise, con tempi poco italianamente inderogabili.

Si è scoperto che riuscirci sarà problematico. Noi siamo come Ava Gardner, mica come la Garbo. Essere come la Garbo è complicato. Ora c’è chi se la prende con l’ex presidente del consiglio Conte: come gli è saltato in testa di accalappiare tutti quei soldi? Mica è uno svedese come la Garbo! Però, stanno notando con sollievo certi esperti, si possono sempre comprare armi.