Per caute sopravvivenze

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Un piccolo dizionario

di Malagigio

 

ARMA, ESERCITO

Le armi e gli eserciti sono indispensabili. Abbiamo imparato dai romani che se vuoi la pace, dovrai preparare la guerra («si vis pacem, para bellum»). È al di là delle forze di questo dizionario capire cosa si debba fare quando invece si vuole preparare una guerra.

La Russia spende ogni anno la spropositata cifra di 61 miliardi di dollari per il suo esercito e le sue armi (il 4,6 per cento del Pil). La pacifica e pacifista Unione Europea appena 220 miliardi: neppure quattro volte tanto. Infatti siamo allarmatissimi. Nella sua moderazione, la spesa militare nell’UE dal 2014 è aumentata solo di 40 miliardi: ma erano gli anni della nostra Belle Époque, quando nessuno (?) sospettava la possibilità di una guerra e si costruivano meravigliosi gasdotti per riscaldarci col metano russo.

Gli Stati Uniti d’America, sempre in questi anni felici in cui ci pareva che il nemico numero uno da bombardare fosse un virus, si limitavano a 778 miliardi di dollari: solo dodici volte e mezzo la Russia e appena quattro volte la Cina. Rimpiangendo tanta moderatezza, non c’è paese che non abbia pensato bene di aumentare le spese militari. L’America, sempre esempio per tutti, con uno «stanziamento storico» (Joe Biden), si è prudentemente limitata ad arrivare per il 2022 a 813 miliardi di dollari: appena un po’ più della somma delle spese in armi dei sette paesi che, dopo di lei, spendono in quella che i latini chiamavano appunto preparazione della pace.

 

CONDIZIONATORI

 

Il nostro primo ministro ha aggiornato il celebre dilemma posto da Mussolini dal balcone di piazza Venezia alla vigilia dell’entrata in guerra a fianco della Germania (1940) tra il burro e i cannoni. Ha sostituito il primo – del quale almeno al momento c’è assoluta abbondanza – con l’afa d’estate. Il dilemma è stato infatti posto in questi termini: «preferite la pace o il condizionatore acceso?»: la pace è il burro, il condizionatore è il cannone.

La capacità del condizionatore di condizionare l’esito di una guerra pare a tutti ovvia: tutto nella guerra diventa un’arma. In Italia al momento ci sono 24 milioni di condizionatori, con uno straordinario boom delle vendite negli ultimi anni. Colpa del cambiamento climatico, e cioè nostra, ma non si può pretendere che facciamo la guerra a noi stessi.

Allora diciamo, giusto per capire: se mille condizionatori fanno un carrarmato, mille ventilatori faranno più o meno un kalashnikov. Sarebbe già un progresso. Sarebbe ancora meglio ricorrere ai ventagli, che però spesso sono fatti in Cina, troppo amica dei russi. Mille ventagli potrebbero fare un paio di pallottole di pistola. Ideale sarebbe sventolarci con autarchici e praticissimi pezzi di cartone.

Ma i condizionatori sono solo una parte della nostra potenza. Il 99,6% delle famiglie italiane possiede almeno un frigorifero, il 96,2 la lavatrice, il 39,3% la lavastoviglie, il 25,3 il congelatore, e c’è un 3,3% – il nostro reparto d’assalto – che ha addirittura un’asciugatrice.

Con queste forze corazzate, gli italiani sviluppano una potenza di fuoco impressionante: in media 4,3 lavaggi a settimana in lavastoviglie e 3,5 in lavatrice. Se non usiamo niente di tutto questo, abbiamo vinto. Abbiamo molti più elettrodomestici che baionette ai tempi di Mussolini: è stato uno dei vantaggi di perdere la guerra venendo invasi dagli americani invece che dai sovietici.

In questa guerra coi condizionatori c’è un’evidente continuità con la guerra al Covid: per vincere il Covid bastava restare attoniti sul divano ed evitare il mondo; per sconfiggere la Russia basta mettersi nella posizione del loto per i prossimi due-tre anni e dire Om.

 

MEMORIA (GIORNATE DELLA)

 

Essendo nota la vocazione alla dimenticanza di questo tempo malgrado tutto leggero, si è pensato bene di segnare nel calendario italiano una serie di giornate dedicate alla memoria di qualcosa. Al momento, ma certo se ne aggiungeranno altre, le giornate speciali sono: il 27 gennaio per commemorare le vittime dell’Olocausto, il 10 febbraio per le vittime delle foibe, 11 marzo per le vittime del terrorismo, il 21 marzo per le vittime della mafia, il 9 maggio (da non confondere con l’11 marzo) per le vittime del terrorismo E delle stragi, la seconda domenica di ottobre per le vittime degli incidenti sul lavoro.

A queste vanno aggiunte gli anniversari della morte di Giovanni Falcone (23 maggio) e di Paolo Borsellino (19 luglio), della strage di Bologna (2 agosto) e ovviamente del crollo del ponte Morandi a Genova (14 agosto). Stiamo certamente dimenticando qualcosa.

Come si vede, sono tutti dei 2 novembre ma specializzati. Di lieto, aggiungiamoci il 25 aprile per la Liberazione dal nazi-fascismo, il 2 giugno festa della Repubblica, e ovviamente il 14 febbraio per gli innamorati, l’8 marzo per la donna, il 19 marzo per il papà e la seconda domenica di maggio per la mamma.

L’ultima giornata della memoria aggiunta è il 26 gennaio: dal prossimo anno sarà la “giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli alpini”.

Tra tutte le date possibili, il Parlamento quasi unanime – un solo voto contrario – ha scelto il 26 gennaio, anniversario della battaglia di Nikolaevka (1943). Sarà facile ricordarcelo perché il 26 gennaio è la vigilia della giornata per ricordare lo sterminio degli ebrei in Europa.

Si celebrerà dunque la partecipazione dell’esercito italiano a una battaglia a fianco dell’esercito nazista, con i comuni alleati ungheresi, contro quell’Armata Rossa che però, il giorno dopo, omaggeremo come liberatori del campo di sterminio di Auschwitz. Tra 26 e 27, bisognerà stare attenti a evitare lapsus.

Nella lunga fulgente storia del corpo degli alpini, una battaglia nel quadro dell’“Operazione Barbarossa” architettata da Hitler per sottomettere i «sotto uomini» (untermenschen) slavi e sterminare più di un milione di ebrei russi, è stata ritenuta la più simbolica e gloriosa. A noi gli alpini, sfortunatissimi in quel caso, sono piaciuti di più in altre occasioni.

A questo punto vorremmo, come in Alice nel paese delle meraviglie dove si fanno bellissime feste di “non compleanno”, una giornata della memoria di niente, in cui tutti avranno cura di non ricordarsi nulla: dovrebbe venirci facile. Magari potrebbe essere il 29 febbraio. Il Presidente della Repubblica porterà una corona di alloro all’Altare della Patria, ma senza che nessuno possa sapere perché.

 

OPINIONISTA

 

È una signora, o un signore, che vive vendendo le sue opinioni: di solito sotto forma di articoli di giornale. I suoi articoli, anche se sono scritti con caratteri tondi, si chiamano corsivi. Il suffisso -ista del sostantivo opinionista ci avverte subito che si tratta di un esperto, di uno specialista in opinioni: come un dentista dei denti, un clavicembalista di clavicembali, un idealista di ideali, ecc.

Essendo uno specializzato, l’opinionista è in grado di sfornare un’opinione su qualunque cosa al massimo in una giornata. Proprio perché è del mestiere, e soprattutto se è un opinionista per la tv, non è tenuto ad avere grossi studi alle spalle. Essendo una signora, o un signore, che vende le sue opinioni, gli basterà essere ciò che è, e cioè il massimo esperto mondiale di sé stesso e delle sue opinioni.

L’opinionista di un giornale in teoria ha alle spalle una lunga gavetta: ha fatto prima per anni il cronista, e cioè il narratore di quella noiosissima cosa che sono i fatti. Da tempo i fatti sono passati di moda. Al posto dei fatti, ci sono le notizie, e quindi, alla cima del sapere giornalistico, le opinioni dell’opinionista.

Opinare è infatti molto più apprezzato che informare. Le opinioni degli opinionisti hanno nei giornali posizioni di spicco. Quanto meno per lo stipendio, diventare opinionista è il sogno di ogni cronista.

Pare però che anche l’opinionista stia perdendo terreno, causa l’abnorme marea di neo-opinionisti dei social, i quali sfornano ancora più rapidamente e per di più gratis le loro opinioni su qualunque cosa. Gli opinionisti si difendono affermando che la differenza tra loro e i neo-opinionisti dei social è la competenza. Ancora più spesso, almeno per il momento, la grammatica.