PIERO DELLA FRANCESCA A MILANO

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Straordinario evento espositivo al Museo Poldi Pezzoli

di Walter Chiereghin

Piero del Pollaiolo
Ritratto di giovane donna
tempera e olio su tavola, 1470 ca.
32.7 cm × 45.5 cm
Milano, Museo Poldi Pezzoli

Visitare il Museo Poldi Pezzoli a Milano in via Manzoni, è sempre una buona idea, non fosse che per vedere – o rivedere – il Ritratto di giovane donna, per lungo tempo attribuito a Piero della Francesca ed ora invece a Piero del Pollaiolo (1470-1475 circa) o secondo alcuni a suo fratello Antonio, il delicato profilo di una giovane, divenuto icona e da tempo logo dell’istituzione museale, ma anche un nutrito numero di altri capolavori, ad iniziare, nella medesima sala, il cosiddetto Salone Dorato, da due Botticelli (Madonna col Bambino del 1482-83 e il Compianto sul Cristo morto, databile tra il 1495 e il 1500) oppure l’Imago Pietatis di Giovanni Bellini, del 1457 circa.

Né si possono trascurare – per limitarsi a una mera lacunosa elencazione – altri maestri della pittura custoditi presso la casa-museo milanese, da Jacopo Palma il Vecchio a Cosmè Tura, da Canaletto a Francesco Guardi, da Giovanni Battista Moroni a Giambattista Tiepolo. E numerosi altri, tra i quali Francesco Hayez, milanese d’adozione, autore di due significativi autoritratti e di un ritratto del munifico mecenate e fondatore del Museo, Gian Giacomo Poldi Pezzoli.

Al pianoterra della magnifica casa-museo, dal 20 marzo 2024 e fino al prossimo 24 giugno una mostra di straordinario interesse “Piero della Francesca. Il polittico agostiniano riunito”, ideata da Alessandra Quarto, dallo scorso anno direttore del Museo Poldi Pezzoli, e curata da Machtelt Brüggen Israëls (storica dell’arte presso il Rijksmuseum e docente all’Università di Amsterdam) e Nathaniel Silver (co-direttore e conservatore capo dell’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston).

Quando rende veramente straordinaria e probabilmente irripetibile questa esposizione risiede nel fatto che essa è riuscita a riunire, attorno a un capolavoro di Piero della Francesca residente di norma nel Salone Dorato del Poldi Pezzoli, il San Nicola da Tolentino, altre sette tavole dello stesso autore che erano state concepite e realizzare in funzione di un monumentale polittico che, pochi decenni dopo essere stato ultimato – e comunque entro il secolo XVI – fu smembrato e parzialmente disperso.

Attualmente dell’imponente struttura sono conosciuti soltanto otto pannelli, tutti in esposizione in questo periodo nella casa-museo di Via Manzoni, provenienti da altre quattro importanti istituzioni museali: la Frick Collection di New York, il Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona, la National Gallery di Londra e la National Gallery of Art di Washington.

Piero della Francesca (1412-1492) attese all’esecuzione del complesso polittico tra il 1454 e il 1469, in un intervallo temporale che s’intreccia con altre due analoghe composizioni: il grande Polittico della Misericordia, completato circa nel 1464 e custodito presso il Museo Civico di Sansepolcro e il Polittico di Sant’Antonio, ora presso la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia, eseguito tra il 1460 e il 1470 secondo modalità più arcaiche, in cui le figure dei santi che affiancano la Vergine col Bambino nel registro centrale della composizione si stagliano su uno sfondo d’oro, mentre l’Annunciazione della cimasa esibisce un mirabile gioco di prospettiva nelle strutture architettoniche sullo sfondo delle figure dell’Angelo nunziante e della Vergine in primo piano.

Il Polittico agostiniano venne commissionato a Piero con un contratto del 1454 dagli Agostiniani di Borgo San Sepolcro, paese natale del pittore. L’opera era destinata alla chiesa di Sant’Agostino del borgo aretino, chiesa attualmente dedicata a Santa Chiara, dopo che i frati Agostiniani cedettero alle Clarisse la proprietà della chiesa nel 1555, trasferendo altrove il prezioso manufatto prima di consentire lo smembramento dell’opera e la conseguente dispersione delle singole tavole che la componevano.

Ricostruzione del polittico agostiniano
di Piero della Francesca

Acquisite da collezionisti privati, alcune tavole riemersero soltanto sul finire del XIX secolo: soltanto le otto attualmente esposte a Milano sono quelle finora disponibili alla fruizione pubblica; tra esse le quattro di formato maggiore, esclusa quella centrale che per molto tempo si è ipotizzato rappresentasse una Madonna in trono con Bambino, mentre recentemente si ritiene essere invece un’Incoronazione della Vergine, basandosi su particolari emersi nei due dipinti che la affiancano, per dettagli che sono visibili (un angolo del basamento del trono in porfido che compare in basso a sinistra nel San Giovanni evangelista), oppure in seguito a rilievi spettrografici che hanno rivelato l’estremità di un’ala d’angelo, coperta dal colore azzurro del cielo sullo sfondo del San Michele arcangelo originalmente collocato alla destra della figura centrale della Vergine.

La mostra al Museo Poldi Pezzoli
©Marco Beck Peccoz

La collocazione dei quattro dipinti di maggiori dimensioni nella sala del Museo, disposti come quinte teatrali nell’allestimento curato da Italo Rota e Carlo Ratti cerca di riprodurre l’impatto emotivo che poteva produrre la visione dell’opera completamente assemblata, effetto coadiuvato anche da un’appropriata illuminazione, studiata per l’occasione con i tecnici della Artemide, che contribuisce a simulare quella dell’ambiente originario, mentre un pannello esplicativo laiuta il visitatore a farsi un’idea del progetto originale della grande opera di Piero.

Piero della Francesca
Sant’Agostino
olio su tavola, 1454–69
135.5 x 66.5 cm
Lisbona, Museu Nacional
de Arte Antiga

Iniziando dalla prima immagine a sinistra, il visitatore rimane abbagliato dalla figura di Sant’Agostino, proveniente dal Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona. Il Dottore della Chiesa è ritratto frontalmente, vestito dei paramenti pontificali di vescovo d’Ippona, mitrato, avvolto in un sontuoso piviale di velluto broccato finemente ricamato ai bordi con storie della vita della Vergine e di Cristo, mentre regge nella mano destra un grosso volume rilegato e nella sinistra il pastorale, la cui asta è in cristallo trasparente, per creare un’ulteriore sfida al virtuosismo esecutivo dell’artista. Anziché su un camice o su una cotta, il piviale è indossato direttamente sul saio nero degli Agostiniani, secondo un accostamento improbabile, considerato che l’Ordine è stato fondato agli inizi del XIII secolo, mentre il santo da cui trae il nome e del quale seguono le norme codificate nella sua Regula ad servos Dei è morto nell’anno 430.

Il dipinto è un’ulteriore testimonianza del rigore spaziale di Piero, che si manifesta in particolare nel ricco e preciso susseguirsi di immagini ricamate sul bordo del paramento, che costituiscono una serie di dipinti nel dipinto, ad illustrare mirabilmente la narrazione evangelica, dall’Annunciazione fino alla Resurrezione, affidata quest’ultima alla fibbia che tiene chiuso il piviale.

Piero della Francesca
Sant’Agostino                
(particolare)
Lisbona, Museu Nacional
de Arte Antiga

Sono immagini in parte distorte nella prospettiva, in quanto devono seguire i panneggi del prezioso mantello, ma una volta di più la raffinata perizia esecutiva dell’artista e la competenza tecnica e scientifica che esercitava l’artista, autore tra l’altro, del trattato De prospectiva pingendi. L’uso del colore a olio (olio di noce, come è stato dimostrato dalle analisi diagnostiche effettuate, che aveva l’ulteriore vantaggio di non scolorire nel tempo) ha inoltre consentito di intervenire con minuziosa precisione nell’esecuzione dei particolari più minuti.

Nel pannello dedicato a San Michele Arcangelo, proveniente dalla National Gallery di Londra, la figura del santo è quella di un giovane uomo alato, di corporatura atletica vestito di una lorica e da eleganti e ricercati complementi di abbigliamento che ne indicano la posizione altolocata tradizionalmente attribuitagli di princeps militiae celesti.

Piero della Francesca
San Michele Arcangelo
olio su tavola, 1454–69
134.5 x 59.5 cm
Londra, The National Gallery

Secondo un’iconografia consolidata in più di dieci secoli precedenti al dipinto pierfrancescano, l’arcangelo è ritratto in serena compostezza dopo la sua vittoria sul drago del Maligno, secondo la narrazione dell’Apocalisse (Giovanni, 12,7-8), reggente nella mano destra la sciabola – tecnicamente detta “storta” – ancora recante il sangue della bestia sconfitta, nella sinistra, tenuto per un orecchio, il capo mozzato del mostro, mentre il corpo contorto e ancora guizzante è calpestato dai due piedi dell’angelo, in eleganti calzature di colore rosso. lo spazio sullo sfondo è rappresentato dalla larga campitura d’azzurro di un cielo ormai pacificato e terso, separata nella parte inferiore da un parapetto classicheggiante in marmo bianco che percorre tutte le quattro immagini dei santi raffigurati nel registro centrale del polittico.

Ottenuta in prestito della Frick Collection di New York, la figura austera di San Giovanni evangelista, avvolto in un mantello rosso mentre è assorto nella lettura di un libro che s’immagina essere il suo Apocalisse, affianca dall’altro lato l’immagine centrale, purtroppo soltanto immaginabile.

Piero della Francesca
San Giovanni Evangelista
olio su tavola, 1454–69
134 x 62.2 cm
New York, The Frick Collection

Uno spigolo del basamento in porfido sul quale poggia la composizione centrale mancante ne giustifica la collocazione accostata al centro, simmetrica a quella di Sant’Agostino nel registro principale della composizione, come pure (rivelata anche dai rilievi spettrografici) la presenza di un lembo d’ala cancellato da una posteriore coloritura azzurra che riprende il colore del cielo, con ogni evidenza successiva allo smembramento del polittico. Sempre dalle analisi scientifiche poggianti dall’utilizzo di recenti tecnologie, si è inoltre rivelato che Piero ha dipinto il volto glabro dell’evangelista, al fine di assicurare la corretta postura del capo, prima di sovrapporvi la barba bianca, a testimonianza dell’accuratezza del suo lavoro.

Il quarto ed ultimo dei grandi pannelli, residente fin dalla fondazione al Museo Poldi Pezzoli raffigura San Nicola da Tolentino, realizzato a pochi anni dalla sua canonizzazione, proclamata nel 1446 da papa Eugenio IV.

Piero della Francesca
San Nicola da Tolentino
olio su tavola, 1454–69
131.5 x 58 cm
Milano, Museo Poldi Pezzoli
 

Il santo marchigiano viene realizzato come gli altri tre in posizione frontale, in atteggiamento severo e composto, con l’abito nero degli Eremitani di Sant’Agostino, fermato in vita da una cintura in cuoio con fibbia in metallo, con un’ampia chierica e con un volume in mano, secondo un’iconografia già consolidata mentre ancora era in corso il processo di beatificazione. Da tale iconografia Piero si distacca collocando nel cielo sopra la figura del santo la stella, che secondo una leggenda sarebbe reiteratamente apparsa per indicare il luogo dove il santo sarebbe stato sepolto, che di norma campeggiava invece sul suo petto.

Altre quattro tavole di dimensioni minori, proveniente dalla predella del polittico, completano l’esposizione milanese: si tratta di una Santa Apollonia proveniente dalla National Gallery of Art di Washington e di una Crocefissione, un probabile San Leonardo e una Santa Monica, opere tutte prestate dalla Frick Collection di New York, esposte alle pareti della scenografica sala che ospita l’esposizione.

Piero della Francesca
La Crocefissione
olio e oro su tavola, 1454–69
37.2 x 40.3 cm
New York, The Frick Collection

In una saletta attigua è possibile prendere visione di un filmato che accenna ai rilievi diagnostici che nell’occasione sono stati compiuti sulle opere con il concorso dei tutti i musei coinvolti nell’organizzazione della mostra, della fondazione Bracco (main partner dell’esposizione) e dell’Università Bicocca. Da tali indagini sono state in grado di chiarire diversi aspetti della tecnica esecutiva di Piero, della pianificazione dell’opera, dei materiali utilizzati, delle modalità di stesura del colore.

Alla straordinarietà dell’evento, alla riunione cioè dei frammenti della composizione dopo oltre cinque secoli dalla loro separazione, resa possibile anche dalla chiusura della Frick Collection da marzo ad ottobre per lavori di ristrutturazione, sono da assommarsi ai meriti di questa mostra anche la possibilità di aver investigato a fondo su quanto è sottostante la parte visibile del dipinto, acquisendo così nuove informazioni circa la sua genesi e la sua esecuzione.

Il Poldi Pezzoli, poi, ha organizzato visite guidate e una serie di altre attività collegate ai dipinti in esposizione, un percorso all’interno delle sue collezioni di armature, armi, tessuti, oreficerie, che consente di confrontare particolari dei dipinti con gli oggetti ad essi coevi conservati tra  i seimila pezzi che compongono il patrimonio del Museo.

Insomma, una mostra d’arte che tutte le altre dovrebbero prendere a riferimento. Da non perdere.