Poesia nelle immagini di Claudia Raza

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di Walter Chiereghin

 

Se dovessimo valutare il legame tra un artista e il suo territorio, non vi è dubbio che, per quanto attiene al lavoro creativo di Claudia Raza, non potremmo fare a meno di notare come esso si esplichi in un’attenzione rivolta a contenuti dettagli, a esigue porzioni di paesaggio, rifuggendo dal dilatarsi in ampie campiture di colore confacenti a una visione allargata che invece, al contrario, si concentra in spazi più angusti, analogamente a quanto avviene nei suoi versi. Questi di norma sono fatti di poche sillabe, che sottintendono appena parole, frasi, interi discorsi dei quali hanno tuttavia la capacità di trattenere la risonanza, un suggerire evocativo e discreto, assai più di una declamazione organizzata secondo articolati principi retorici. E tuttavia questo restringimento del campo di visione, il soffermarsi sul particolare, implicano nella pittrice una conoscenza profonda del territorio su cui si esercita la sua azione creativa, che non si limita a un fatto culturale, ma che presuppone una consonanza emotiva che piega il soggetto rappresentato, sia esso pietra, o acqua, fili d’erba o canne al vento, alla scelta di ottenere sulla tela o sul foglio un esito che esplicitamente rivela un intento di carattere lirico assai più che narrativo.

Tutto quanto precede, ovviamente, è riferito principalmente al suo esercitarsi sul tema del paesaggio, mentre altri ambiti anche assai diversi per tecnica e per contenuti si sono felicemente manifestati nella sua produzione: il tema della grafia, ad esempio, che intreccia tra loro parola scritta e gesto pittorico, tema che appare ancor più presente, com’è persino ovvio, nei suoi preziosi e raffinati libri d’artista.

Se intendiamo tuttavia fermare l’attenzione su quanto l’ambiente entro cui si muove l’autrice è in grado di ispirarle è perché intendiamo dar conto delle opere in mostra nello spazio espositivo della Saletta che la Hammerle editori ha di recente allestito nella sede di Via Maiolica a Trieste: una serie di accattivanti acquerelli che, tra figurazione e astrazione, propongono la personale visione della Raza, costituita di dettagli che, più che rappresentare elementi di paesaggio, sono il pretesto per comunicare attraverso segni e soprattutto tonalità di colore la particolare visione che di tali elementi ha l’autrice, ma forse, più ancora di questo, l’emozione che in lei è suscitata dalla memoria di quanto riproduce sulla carta.

Del resto, con molta maggiore efficacia di una notazione critica, valgono a dar conto di un procedere sul discrimine tra razionalità ed emotività le parole che l’autrice stessa ha affidato anni addietro ai suoi versi:

 

[…]

cerco linee misteriose

che non si dicono

non trapelano

seguo l’invisibile

essenza

col pennello della mente

poi uso il cuore

 

(da: Disegno linee morbide, in Inciso è ogni gesto, Hammerle editori, Trieste 2006).

 

La felice consonanza e complementarietà tra un ordito razionale e di perizia esecutiva e una trama di appassionata partecipazione emotiva, associate a una sicurezza acquisita in lunghi anni di familiarità con gli strumenti dell’arte producono quasi di necessità opere capaci di coinvolgere a prima vista l’osservatore.

Nella sua ormai lunga esperienza creativa Claudia Raza ha cumulato e approfondito una pluralità di tecniche e di modalità esecutive delle quali ha dato prova in un lungo percorso di esposizioni collettive – circa 500 – e personali – ormai una novantina – che sono ad un tempo testimonianza della serietà di un impegno e anche rivelatrici di un’inesausta attività di ricerca tecnica e formale. Tutto ciò ha prodotto un’esplorazione di varie tecniche, dalla pittura all’incisione alla creazione di libri d’autore, in ciascuna delle quali ha raggiunto un livello magistrale, ma la non facile via del dipinto all’acquerello si rivela certo come una delle più congeniali, soprattutto a manifestare la consonanza tra stati d’animo interiori e rappresentazione di trasfigurati elementi paesaggistici che assecondano con il loro portato di luminosità e di trasparenze l’intento figurativo dell’artefice.

Ispiratrice diretta di tutt’intero questo suo ambito creativo è la natura che più direttamente fa parte della sua esperienza, dai calcari del carso, disseminati attorno alla casa dove vive e lavora, alle foglie che noi triestini chiamiamo – impropriamente – di sommacco, che infiammano rutilanti i nostri autunni, alle trasparenze azzurre del Natisone dell’antica Cividale, dove la Raza è nata e cresciuta e con la quale mantiene tuttora un solido rapporto affettivo e culturale, i suggerimenti compositivi dei muretti a secco, le erbe, le canne piegate dal vento alle foci dell’Isonzo e del Timavo, dove l’acqua salmastra di meticcia con quella dolce portata dai fiumi, quasi una metafora, questa ibridazione benedetta dalla bora, di questa nostra regione che, molti anni addietro, uno slogan ideato dall’Ente Turismo voleva essere «ein kleines Universum», un piccolo universo, formula che perfettamente si attaglia al microcosmo intimo che Claudia Raza esterna a mezzo del suo agire pittorico.