PROFILO DI UNA CITTÀ: IL PALAZZO DELLA LUOGOTENENZA

| | |

Maurizio Lorber

 

Dal 1923 sede della Prefettura

 

Irredentismo, tensioni ideologiche e conflittualità etniche furono il tratto caratterizzante di Trieste nella tragica storia del Novecento e sono visibilmente rintracciabili nella facies simbolica degli edifici. Infatti la storia delle singole architetture non si esaurisce nell’analisi funzionale o stilistica poiché gli edifici e la struttura urbanistica serbano aspetti simbolici. Generalmente sono i palazzi del potere l’esempio più evidente ma le stesse abitazioni progettate da Ruggero Berlam – l’architetto più importante della prima metà del Novecento a Trieste – furono accolte dai costruttori triestini quali prototipi per moltissimi edifici poiché evocano palazzi veneziani o fiorentini, e quindi simbolicamente si richiamano alla tradizione architettonica italiana. Si presta sicuramente a una simile lettura il Palast der Königlich und Kaiserlich Statthalterei – ossia il Palazzo della Luogotenenza, divenuto dal 1923 sede della Prefettura – ultimo, in ordine di tempo, a essere eretto sulla piazza oggi denominata dell’Unità d’Italia. La sua imponenza e la sontuosità sono comprensibili soltanto alla luce dell’importanza rivestita dalla luogotenenza imperiale e dalle relazioni che s’instauravano fra il potere statale e le amministrazioni locali. Città con diritti di rappresentanza politica del Comune pari a quelli esercitati dalle province della corona, Trieste era sottoposta a un luogotenente imperiale quale massima autorità amministrativa. La figura, istituita con la costituzione austriaca del 1849, era dipendente dai ministeri viennesi e poneva sotto la sua giurisdizione tutte le amministrazioni locali, gli affari militari, le opere pubbliche, l’agricoltura e le foreste, le ferrovie, la salvaguardia delle antichità e il commercio, l’industria, la sanità e la cultura, l’istruzione e la stampa. Esercitava, in sostanza, un ruolo cardine nelle relazioni tra le autorità amministrative locali e i ministeri centrali.

La luogotenenza di Trieste assunse un’importanza strategica estremamente rilevante poiché a essa riferivano, oltre alla stessa città, capoluogo del litorale austriaco – che si estendeva dalle paludi del basso Friuli fino al golfo del Carnaro – anche le province autonome di Gorizia e Gradisca e il margraviato d’Istria i quali, come Trieste, godevano di propri organi deliberanti e potestà rappresentativa nella Camera dell’Impero.

Dal 1850 Trieste si configurò quale Comune e Provincia della Corona Imperiale e, nello statuto del medesimo anno, con atto di fiducia e riconoscimento istituzionale, furono assegnate all’organo rappresentativo (il consiglio comunale retto da un podestà) alcune competenze di norma controllate dallo Stato. Tuttavia, negli anni successivi, la crescente ostilità verso la corona asburgica determinò la messa in atto di azioni quali la revoca delle autonomie locali e, nel 1906, la delega al consiglio della Luogotenenza di numerose funzioni proprie del Comune.

Da questi brevi cenni è facile dedurre come l’edificazione del nuovo Palast der Königlich und Kaiserlich Statthalterei, che sostituisce il precedente Palazzo Governiale del 1764, sia motivata dalla volontà di rendere visibile a Trieste il potere politico e amministrativo dell’impero e di permetterne una chiara identificazione. Si tratta in sostanza di una risposta in pietra e cemento alle spinte secessioniste interne all’Impero Austroungarico e, nello specifico triestino, all’irredentismo di chiara matrice italiana.

Progettato ed eretto dall’architetto viennese Emil Artmann (1871-1939) che ricoprì, dal 1897 al 1905, il ruolo di Oberingenieur der K. K. im Hochbau Ministeriums des Inneren, il palazzo fu edificato fra il 1901 e il 1905. Arretrato rispetto al precedente di una decina di metri, poggia su di una piattaforma spessa 1 metro e 60 centimetri sostenuta da una fitta rete di pali in cemento al fine di conferire stabilità alla cedevole superficie prossima al mare, così da evitare quei problemi di statica che dovette invece affrontare Heinrich von Ferstel nell’erigere il palazzo del Lloyd (1880-1883) e che vennero risolti con un cambiamento progettuale in corso d’opera.

Quello della Luogotenenza è un edificio che, bizzarramente, accosta ai motivi rinascimentali dei lievi accenni decorativi riferibili alla Wiener Secession; non è privo di elementi curiosi quali i puttini allegorici posti nella parte superiore della loggia e prevede un notevole rivestimento a mosaico (realizzato a Innsbruck su disegno di Giuseppe Straka). Gli originali stemmi asburgici presenti al livello inferiore fra le teste allegoriche sono stati sostituiti da stemmi dei Savoia – croce bianca su campo rosso – mentre sopravvivono le aquile asburgiche sulle facciate laterali. I festoni che, secondo la tipologia rinascimentale, sono posti a coronamento o a raccordo delle teste allegoriche rafforzano la libera interpretazione dei motivi del tardo rinascimento. Per questo uso insolito dei mosaici in facciata è stata richiamata la tradizione rinascimentale, sebbene sia possibile considerarlo un omaggio alla tradizione artistica litoranea posto che alluda alla riscoperta dei mosaici esterni della basilica Eufrasiana a Parenzo che vennero recuperati in quel periodo.

Il fuoco visivo della facciata è la doppia loggia tripartita sovrapposta che, al piano nobile, è in corrispondenza con la sontuosa sala da ballo. L’ambiente con chiare funzioni rappresentative è caratterizzato da una fitta serie di paraste con capitelli corinzi che, anche in questo caso, si associano ad elementi geometrici secessionisti.

È interessante ricordare come, originariamente, la loggia del palazzo non si affacciava sulla aperta vastità della piazza bensì insisteva su di un giardino (eliminato nel 1919), organico alla struttura architettonica, che si estendeva per tutta la lunghezza della facciata.

Il professore Decio Gioseffi, già docente di storia dell’arte all’università di Trieste, mise in evidenza che la loggia, seppur non sovrapposta, rimanda ad un’altra realizzazione di ispirazione rinascimentale: il palazzo Schwarzenberg di Vienna, opera di Lukas von Hildebrandt concorrente ed emulo di Fischer von Erlach. Derivazione questa non irrilevante se consideriamo che il palazzo doveva essere, non solo istituzionalmente ma anche nell’immaginario collettivo, la chiara e inequivocabile presenza della capitale dell’impero a Trieste.