POLITICA E INFORMAZIONE

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La comunicazione politica, sotto il profilo della propaganda ingannevole, sta superando se stessa anche, è giusto dirlo, per condiscendenza dei media, oltre che per l’infimo profilo di chi la produce, politici di ogni livello che s’arrabattano nel tentativo di risultare credibili, tanto più quanto più sono invece screditati agli occhi dell’opinione pubblica. Qualcuno storcerà probabilmente il naso di fronte a questo giudizio così apodittico: gli ricordo allora l’unico sondaggio inoppugnabilmente scientifico, ossia i risultati elettorali, in cui vanno ovviamente computati anche gli astenuti e quindi si facciano un po’ i conti del gradimento dei cittadini nei confronti dei leader, compresi quelli di maggior successo.

I media, dicevo, hanno la loro non secondaria parte di responsabilità, se solo prestiamo attenzione allo spazio e alla collocazione riservati alle singole notizie. Da alcuni mesi, ascoltando un qualsiasi giornale radio (ma in televisione o sulla stampa gli esiti appaiono generalmente difformi di pochissimo) mi pare di essere sintonizzato su una radio locale di Roma o, al più, del Lazio, tanto ossessiva, prolungata e assillante è l’attenzione dedicata alla sindaca della capitale, al punto di rendere gli ascoltatori preoccupati per l’avanzare dell’autunno, quando verrà messa a fuoco ogni smagliatura dei suoi collant, notizia che certo sopravanzerà nei palinsesti un appello del papa, le notizie dalla città martire di Aleppo, per non parlare dei disgraziati colpiti dal terremoto del 24 agosto. Prima delle ultime notizie sui collant della Raggi, ovviamente, passeranno soltanto gli interventi del presidente del Consiglio, ogni suo minimo cinguettio sui social. Stamattina, ad esempio, gli argomenti erano due: la figuraccia di livello planetario conseguente la scelta del Comune di Roma di non candidare la città a ospitare i giochi olimpici del 2024 e l’annuncio di non meno di centocinquanta interventi del premier nella campagna referendaria sulle “sue” modifiche costituzionali. Niente ha ricordato agli ascoltatori che l’idea di rigettare le Olimpiadi era stata regolarmente sottoposta al corpo elettorale che a grande maggioranza ha favorito la Raggi nel ballottaggio (pare che dopo un paio di settimane il voto – anche quello di chi ha effettivamente votato – sparisca per sempre dai pensieri di chi le elezioni le ha perse) né che centocinquanta comizi in sessantuno giorni disponibili priverebbero di fatto il Paese del capo del Governo nei prossimi due mesi (magari si scoprirà che non è neanche poi un gran danno).

Per par condicio osserverò poi che il giorno prima di queste sgangherate notizie ci è stata propinata quella che gli inventori del Movimento cinque stelle, che si candida a governare il Paese, hanno deciso autocraticamente che d’ora in avanti saranno loro a esprimere la linea politica del movimento, l’uno perché socio fondatore, l’altro per via di una eredità da poco ricevuta dal padre, prematuramente venuto meno. La cosa straordinaria è che nessuno, salvo poche eccezioni, ha ricordato che l’articolo 49 della Costituzione tuttora vigente recita “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Con metodo democratico, ci sia consentito di rimarcare.

Il pensiero che si concatena a quest’ultima osservazione viene spontaneo alla mente, soprattutto di questi tempi in cui dobbiamo assistere allo scontro di opposte posizioni in merito al referendum confermativo, è se non sarebbe piuttosto il caso di sforzarsi di attuarla, la nostra Costituzione, invece di stravolgerla.