PROFILO DI UNA CITTÀ: IL MONDO E LA PAROLA

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Questione di dettagli:

il modulo quadrato di Umberto Fonda

di Maurizio Lorber

 

Umberto Fonda è una figura paradigmatica di architetto mitteleuropeo. Nato a Trieste il 25 settembre 1880, negli anni accademici 1898-99 e 1899-1900 frequentò la k.k. Teknische Hochschule di Graz, quindi si spostò a Vienna dove seguì le lezioni del Politecnico, diplomandosi sia alla Bauingenieurschule (26.6.1903) che alla Hochbauschule (24.7.1903). Poteva quindi fregiarsi del doppio titolo ingegnere – architetto. Nel 1908 divenne “costruttore” e intraprendente libero professionista iniziando a guadagnarsi una posizione di spicco nell’evoluzione urbanistica della prima metà del Novecento. A Trieste fu membro del consiglio direttivo della Camera degli ingegneri e degli architetti di Trieste. Inoltre nel 1922 fu eletto nel consiglio Comunale e fece parte di numerose commissioni, tra le quali fino al 1928 di quella edilizia.

Attraverso l’analisi di un’importante serie di corrispondenze formali, motivi architettonici e caratteristiche strutturali è possibile constatare quanto abbia saputo apprendere del linguaggio architettonico contemporaneo della capitale austriaca. Rimanendo sul concreto terreno dei modelli architettonici sarà sufficiente ricordare che le Wienzeilerhäuser di Otto Wagner, edificate fra il 1898 e il 1899, divennero fonte d’innovazione per architetti come Max Fabiani, Giorgio Zaninovich e Umberto Fonda. A queste realizzazioni guardarono quando dovettero costruire edifici che rispondessero all’esigenza di allargamento della città nella quale la richiesta di un’architettura abitativa intensiva divenne sempre più pressante. L’aspetto più appariscente di questi edifici è nella facciata sulla quale viene abolita sia la tradizionale partizione classica che poneva in evidenza il piano nobile, sia l’incorniciatura delle finestre, con timpani e modanature classiche solitamente neorinascimentali. A Trieste le realizzazioni tanto di Fonda che di Zaninovich portarono l’eco di queste novità costruttive e stilistiche nella città adriatica notoriamente ostile al moderno e con una spiccata preferenza per gli stili storici. A tale rinnovamento Fonda poté contribuire poiché le sue fonti visive e progettuali le aveva in primis conosciute e studiate direttamente a Vienna e secondariamente tramite la consultazione della rivista fondamentale del settore: Der Architekt, la quale pubblicava progetti, schizzi e fotografie di edifici di ogni genere contribuendo a diffonderne la conoscenza fino alla “periferia dell’impero”.

Questo legame con il mondo viennese è la chiave fondamentale per comprendere l’architettura di Umberto Fonda. Lo stesso dettaglio del quadrato concentrico () divenuto una sorta di marchio distintivo presente in moltissimi dei suoi edifici riassume il suo ambiente di formazione. Questo motivo decorativo infatti è presente in moltissimi edifici viennesi ma il suo archetipo ideativo è una semplificazione del cassettone rinascimentale ridotto a una serie di quadrati concentrici nel soffitto dell’atrio della Postparkasse di Wagner (1903-1912). Il più grande utilizzatore di questo motivo decorativo è stato Joseph Hoffmann, non a caso soprannominato Quadratl-Hoffmann. Lo si ritrova così sui mobili e negli interni del sanatorio di Purkersdorf (1904-1908), nella casa per Alexander Brauner (1905) ed è profuso tanto nel mobilio quanto in maniera scenografica sulla facciata sulla villa Beer-Hoffmann (1905-1906, demolita). Max Fabiani fu il primo a portare questa decorazione a Trieste, e tutt’oggi lo si può ammirare, di sotto in su, nel cornicione di casa Bartoli (1905) e nella parte inferiore del ballatoio al piano nobile e dei terrazzini.

È sufficiente un solo dettaglio per esemplificare la dipendenza dai modelli viennesi. A riprova si quanto affermato possiamo citare il caso del progetto, sempre di Umberto Fonda, rifiutato per la facciata dell’edificio, di via Testi n. 5, che non venne approvato probabilmente perché in forte contrasto con i caseggiati circostanti. Se la facciata fosse stata realizzata, avrebbe costituito un autentico esempio di Wagnerschule poiché, com’è possibile desumere dal disegno depositato all’ufficio tecnico del comune, sarebbe stata ricoperta da lastre di pietra o marmoree fissate con bulloni metallici a vista, secondo una tecnica elaborata da Wagner per la Postsparkasse (1903-1912) di Vienna.

Ciò che ci preme porre in evidenza è che in tutte queste ideazioni viennesi spesso predomina la coerenza grafica impostata sui modelli del quadrato e sul suo multiplo: il rettangolo. Questa è uno degli aspetti grafici, e non l’unico, che rievoca le realizzazioni dell’architetto scozzese Charles Rennie Mackintosh. Infatti, nel 1902, Otto Wagner progettò e realizzò l’Ufficio Postale Die Zeit (ora distrutto) nel quale si evidenziava quella maglia geometrica bidimensionale ove dominano i moduli del rettangolo e del quadrato. Difficilmente Wagner avrebbe ricercato simili soluzioni grafiche senza l’influenza di Mackintosh che proprio in quegli anni si stava facendo conoscere nelle esposizioni del centro Europa. I contatti di Mackintosh con Vienna sono ben documentati: presente all’VIII mostra della Secessione Viennese nel 1900, partecipò inoltre ad un concorso bandito nel dicembre del 1900 per Ein herrschaftliches Wohnhaus eines Kunstfreundes (una signorile casa d’abitazione per un amante dell’arte). Il progetto giunto secondo fu pubblicato in “Zeitschrift für Innendekoration” nel 1901 e nell’album Meister der Innenkunst (Darmstaad, 1902). Precedentemente gli “Scottish Artists”, che facevano capo a Charles Rennie Mackintosh, avevano avuto modo di essere conosciuti in una esauriente dissertazione pubblicata da Alexander Koch in Decorative Kunst (novembre 1898).

Lo stile peculiare di Mackintosh è evidente anche in molti dei progetti e nelle realizzazioni pubblicate dalla rivista Der Architekt. Ma, come abbiamo già affermato pocanzi, queste riviste furono ben note e consultate dagli architetti triestini di formazione viennese poiché facevano parte del loro terreno comune di formazione. Cosicché questa nuove soluzioni stilistiche giungono, filtrate e riadattate alla realtà locale, nella città adriatica. Prendiamo ad esempio l’edificio di via Testi n. 5 di Umberto Fonda. Nella facciata, nonostante il deterioramento, possiamo constatare de visu una rielaborazione, fra le più interessanti a Trieste, dei modelli architettonici ai quali abbiamo sinteticamente accennato .

 

Max Fabiani,

particolare delle balconate di “Casa Bartoli”