Pulizie di primavera!

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di Luisella Pacco

Beh, no, in verità no… Per esser colta dalla febbre delle pulizie e dell’ordine, non ho aspettato la fatidica primavera. È stato il grande freddo, piuttosto, a farmi andare piacevolmente fuori di testa. All’improvviso, mentre fuori fioccava la neve, ho sentito l’esigenza impellentissima di svuotare armadi, organizzare cassetti, riordinare l’utile e – soprattutto – buttare, senza misericordia, l’inutile. Oh, il diletto, la gioia, la goduria!, di riempire sacchi della spazzatura formato condominiale con tutto ciò che non serve più.

Superfluo dire che anche in queste grandi manovre, come in molte attività della mia vita, c’entrano i libri. Non come oggetti di scarto (quelli, giammai!) bensì come compagni e consiglieri. Avevo in mente due perle di saggezza domestica, che per caso del destino mi ero ritrovata a leggere più o meno contemporaneamente poco prima, e che a mia insaputa dovevano aver scosso nelle fondamenta il mio subconscio: Il magico potere del riordino di Marie Kondo e La casalinga inadeguata di Silvia Zetto Cassano.

Mentre mi muovevo per casa armata di buona volontà, abbigliata in modo un po’ incoerente (fascetta di colore romantico calcata in testa e scarpe antinfortunistiche che nemmeno nei cantieri) ho realizzato che il mio comportamento era frutto di quelle due letture e mi sono messa a riflettere sulle loro abissali differenze.

Certo, le due opere nascono da contesti culturali completamente diversi e le due autrici hanno in comune solo il fatto di essere donne.

Innanzitutto va detto che Marie Kondo, nata nel 1985, è giapponese. Il che spiega molte stranezze… (Lo dico con ardente amore per quel mondo che ho avuto modo di visitare, ma che è, appunto, un “mondo” a sé, ineguagliabile inimitabile incomprensibile). Fin da piccola, Marie era un po’ fissata e passava le ore del pomeriggio a mettere ordine nei cassetti fino a perdere cognizione del tempo. Ferrea e inesorabile, sistemava gli oggetti finché attorno non le scendeva la sera e la mamma la chiamava per cena.

Da grande, ha trasformato la sua passione in un lavoro (quale miglior fortuna?). Autrice di libri di economia domestica, ha ideato un famigerato metodo per riordinare gli spazi abitativi con lo scopo di migliorare la qualità della vita. La regola d’oro, tanto semplice quanto improponibile, è: conserva solo le cose che ti fanno sentire un brivido di felicità, butta tutto il resto.

Se devi decidere il destino di un vestito, ad esempio, prendilo tra le mani, accarezzalo, ascoltalo. Ti parla? Ti dice qualcosa di bello? No? Dunque, puoi disfartene senza indugio.

Ci sono degli sventurati rimasti in mutande (o forse nemmeno con quelle) perché nessun capo d’abbigliamento dava loro felicità. Che servisse a coprirli poco importa. Sono morti tutti per ipotermia o sono stati messi in carcere per aver girato ignudi per la strada, ma Marie Kondo questo non lo dice.

Il suo manuale sul riordino ha avuto un successo clamoroso ed è stato tradotto e pubblicato in oltre trenta paesi. Nel 2015 il Times ha inserito Marie tra le cento personalità più influenti dell’anno.

È consulente domestica, va nelle case dove il disordine regna sovrano e insegna al malcapitato come riassettare in modo drastico e de-fi-ni-ti-vo. Nel libro si narra che, sotto la sua supervisione, alcune persone abbiano gettato chili e chili di chincaglieria fino a rivedere il pavimento che fino a quel momento giaceva sommerso… (addirittura?!)

Come quasi tutte le ragazze del Sol Levante, Marie è meravigliosa, una bambolina di porcellana, squisita nei modi e nella voce. Suvvia, cercate un video e osservatela, mentre spiega a noi povere buzzurre come si piega una maglietta o si ripone un calzino. Anche se noi lo sappiamo benissimo e, anzi, lo abbiamo sempre fatto in modi simili o anche migliori, resteremo lo stesso a guardarla deliziandoci della sua dolcezza. Ne trarremo un senso di pace armonia lindore e serenità. Un anno a Shangri-La non potrebbe fare altrettanto di quei pochi minuti su YouTube!

Perché dico che nel libro ci sono stravaganze attribuibili alla cultura giapponese? Ebbene, perché le regole di Marie non tengono conto di ciò che in Italia sarebbe di centrale rilevanza.

Primo: conservare i ricordi, precipuo dovere/piacere di ogni donna italiana (oh, il mestolo della nonna!, oh, la tovaglietta ricamata dalla prozia!, oh, il libretto sanitario delle prime vaccinazioni del figlio ormai sessantenne! oh, il foglio di congedo dei bisnonno giovane soldato!, oh, …)

Secondo: salvaguardarsi da equivoci burocratici che in Giappone probabilmente non hanno mai luogo ma che qui bisogna mettere in conto… Marie, come puoi chiederci di buttare via i cedolini dello stipendio? Le bollette pagate? Le ricevute di versamenti già eseguiti? Il contratto di compravendita della casa?? Qui le cose vanno conservate vita natural durante, per esser pronti a qualsiasi contenzioso fiscale contrattualistico e amministrativo, con Esatto, Equitalia, Inps, Agenzia delle Entrate, Ufficio Motorizzazione, Catasto e altre entità maligne a voi ignote.

No no, Marie, non ci siamo. Le tue idee possono essere di stimolo, e non nego di aver vissuto momenti di fanatica eccitazione mentre scaraventavo a terra, gridando banzai!, tutto il contenuto di un armadio a muro spropositatamente colmo. È stato bello, amabile Marie, esser posseduta per un po’ dal tuo inflessibile e feroce spirito nipponico che nulla perdona.

Tuttavia un manuale sul riordino deve essere necessariamente ancorato alla cultura del paese a cui si rivolge, come appunto La casalinga inadeguata di Silvia Zetto Cassano.

Silvia è nata nel 1945, è sposata da molti anni e ha figli più che quarantenni. E ha, soprattutto, uno strepitoso dono dell’ironia. Voi capite che non c’è gara con l’inesperta Marie Kondo, che prende tutto molto sul serio e ci fa precipitare in un magmatico senso di colpa da cui nemmeno uno psicoterapeuta potrebbe salvarci.

Che sollievo, invece, riconoscersi nella figura di questa donna con consueti nostrani dilemmi, che ammette di non amare troppo le faccende domestiche, che si sente manchevole in qualcosa ma sa sorriderne, che ammira l’amica organizzatissima ma in fondo non vorrebbe somigliarle, che cerca il compromesso col marito, coi figli.

Già, perché se i clienti della consulente Marie Kondo sembrano soli al mondo e padroni dei propri spazi (possono accumulare per anni e buttare in un solo giorno senza che nessuno si lamenti dell’uno o dell’altro eccesso), nel libro di Silvia, grazie al cielo, una famiglia c’è (la sua, appunto) con tutti i risvolti pratici emotivi e psicologici.

Mirabilmente organizzato in capitoli di utilità essenziale alla vita (ORDINARE – Riporre, Mettere via, Riordinare, Stirare; PULIRE – Fare il bucato, Lavare i piatti, Pulire i vetri, Detergere e strofinare, Spolverare, Spazzare; SFAMARE – Approvvigionare, Cucinare; IL BAGNO; SVAGHI E DIVERTIMENTI; ACCUDIRE), questo libro è una miniera di consigli e di buon umore.

Qualche giorno fa, alla presentazione di Foresti, sua recente fatica, incontrando Silvia le ho parlato di La casalinga inadeguata. Lei si scherniva dicendo che è un libro vecchio (è del 2003), che non vale la pena ricordarlo… Ma io insistevo, spiegandole che no, il libro non è affatto vecchio e che le sue verità sono di validità sempiterna e quasi biblica. Ed incalzavo nei complimenti: “Oh, quanto mi sono divertita col capitolo del bagno!”.

Il bagno è fonte di pericoli di ogni tipo. Non a caso è il luogo prediletto per il suicidio di tipo casalingo (tramite impiccagione, annegamento, taglio delle vene dei polsi, ingestione di pillole). Inoltre lo sterminio microbico richiede prodotti sempre più tossici che mettono in forse la salute dei bronchi. Volendo però si può rischiare di più: ci si può annegare, fulminare col phon, contundersi scivolando nella vasca ecc. I malori colpiscono spesso in bagno, perciò se uno ci sta troppo, toc toc come stai?, deve chiedere il familiare premuroso, ottenendo in cambio della sua sollecitudine dei grugniti da parte di chi sta usando il bagno nella rilevantissima funzione di rifugio.

Ad eccezione delle case […] che hanno lo studio, le stanze dei bambini, la biblioteca e perfino comode soffitte abitabili, nelle case normali il bagno è l’unica nicchia di solitudine e di pace in cui sottrarsi almeno temporaneamente all’assedio della convivenza. Ciò spiega come i doppi servizi siano diventati velocemente un bene primario più che un optional.

Il bagno offre una copertura che altre stanze non danno: se uno dice vado in camera da letto la madre o la moglie s‘inquieta ‘A far cosa, come mai, non vuoi stare con me, ce lhai con me, ti ho fatto qualcosa?’ mentre se va in bagno non gli si chiede nulla. Quindi viene usato per sottrarsi in senso lato, per decantare emozioni che creerebbero tensioni se socializzate in tempi sbagliati: ci si piange più di quanto non si immagini.

[…]Quando un tredicenne vi entra per i suoi riti di preparazione in vista di possibili accoppiamenti la sua percezione del tempo subisce una modificazione e non serve battere la porta con violenza né scuotere le maniglie: è l’unico posto dove è consentito chiudersi a chiave. Si consiglia perciò di non tenerci oggetti indispensabili come ad esempio le scarpe, se volete poter uscire […]Vi conviene sistemare la scarpiera altrove, per sicurezza.

 

E cosa dire del sempre attuale fenomeno che è “l’uomo cucinante”?

Se traffica col cibo dissemina l’ambiente di ogni genere di stoviglie o attrezzi che non ritiene affar suo pulire e riporre. Ne consegue che, per la donna, il carico di lavoro sottratto al cucinare si riversa sul lavare/metter via, con in più la funzione di sguattera “Trita la cipolla, monta tu la neve, tirami fuori il… tirami fuori la … , non hai ancora pelato le patate?”

Un ulteriore svantaggio dell’uomo cucinante è la smodata passione per l’acquisto di attrezzi che intasano i mobili e a volte vengono usati una volta sola o neanche quella.

 

L’uomo cucinante ama comprare quantità di spezie rare, salse, ingredienti che usa – tre gocce – una volta sola…

 

E poi? E poi deperiscono, ammuffiscono finché la donna deve gettarlo nell’immondizia di nascosto.

Fosse per l’uomo, da un ingrediente arcano e perciò inutilizzabile comprato durante un viaggio a Bali quindici anni fa, potrebbero venir fuori i vermi al ritmo di una danza indonesiana, e ancora non si convincerebbe a buttarlo…

 

Il merito di Silvia Zetto Cassano è anche di farci sentire meno frustrate nel confronto assurdo con ciò che vediamo nei film. Ad esempio, riordinare, nell’accezione hollywoodiana, è del tutto diverso dal “riordinare” nostrano…

Riordinare è mettere i fiori recisi nei vasi. Le vere signore li dispongono, noi non possiamo ambire a un verbo così chic. Chi dispone i fiori nei vasi, rigorosamente di cristallo o porcellana candida, indossa vestaglie di seta o con ruches alle maniche.

Riordinare è cambiare le fotografie nelle comici, dopo averle lungamente scelte. Le vere signore hanno ripiani sul pianoforte o sopra il caminetto […] con le immagini fotografiche del loro albero genealogico. Quelle del ceto impiegatizio non lo fanno perché spesso hanno antenati impresentabili, poveracci in divisa da militare, nonni anni ’50 in costume da bagno ascellare a Barcola, gruppi familiari in piazza San Marco e uno ha sempre un colombo sulla mano e sulla faccia l’idea che quello è l’unico grande viaggio che ha fatto e che farà in vita sua.

Silvia ci fa uscire placate anche dal crudele paragone con le donne della pubblicità, quelle che con le mani bianche e lisce e le unghie perfettamente smaltate, fanno pulizie passando semplicemente un panno su una superficie sozza che in un solo colpo luccica e risplende di stelline. Che si debba grattare insistere lottare armeggiare frizionare fregare sudare e piangere negli interstizi del mobilio e nelle fughe tra le piastrelle, non ve lo dice nessuno spot.

Silvia, sì!

Ma ci dice anche che di tutto ciò possiamo, dobbiamo, saper ridere.