Quando c’era la critica

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Ricorda Gabriella Brussich una scelta dei suoi articoli giornalistici sull’arte

di Roberto Curci

 

Che da un bel po’ la critica (musicale, teatrale, artistica) sia misteriosamente scomparsa dai giornali quotidiani, è tanto pacifico e assodato quanto inquietante per la perdita secca di ogni futura memoria storica. L’importante concerto? Il suggestivo spettacolo? La brillante esposizione? Chi in un imprevedibile domani vorrà trovarne traccia e recuperarne il ricordo nelle raccolte cartacee o digitali del tale o talaltro giornale, anche a benemerito scopo di ricerca e di studio, resterà a bocca asciutta né potrà avere conferma scritta che il giovane e talentuoso pianista destinato a fama planetaria si sia davvero esibito nel recital tenutosi il giorno X dell’anno Y, o che il rinomato pittore abbia davvero esposto le sue opere nella galleria K.

Della critica d’arte, in specie, si avverte la totale estinzione. Sarà (anche) che si sono andate via via estinguendo le gallerie. Eppure fino a qualche decennio fa i quotidiani locali (“provinciali”), Il Piccolo a Trieste, il Messaggero Veneto a Udine, tanto per restare dalle nostre parti, seguivano puntualmente quanto veniva proposto da sale espositive anche piccine, in rubriche redatte da critici di tutto rispetto che ci tenevano a non tralasciare alcun artista, bravo o mediocre che fosse, pur di non far torto a nessuno, con conseguenti sospetti di favoritismi o peggio.

Così, sul quotidiano triestino molto a lungo si poté leggere la sigla Gio. in calce ad articolini o trafiletti che davan conto di ciò che le gallerie cittadine (tante, allora) proponevano. E quel Gio. stava nientemeno che per Gioseffi, l’illustre studioso e docente universitario cui non sembrava per nulla disdicevole il fatto di occuparsi di certi pittori della domenica piuttosto che dei problemi della prospettiva, di Giotto e dei giotteschi, o del vedutismo veneziano del ‘700. (Gli sarebbe subentrato, come critico ufficiale del giornale, tale I. N., alias Giulio Montenero).

Quanto al quotidiano “veneto” benché friulano, dal 1970 al 1989 pubblicò regolarmente, nelle pagine culturali o anche in quelle locali, gli interventi critici di un’allieva dello stesso Gioseffi, con lui laureatasi (110 e lode) con una tesi su Jacopo Palma il Giovane. Così il nome di Gabriella Brussich divenne familiare ai lettori del Messaggero, con cui la giovane studiosa collaborò per poco meno di vent’anni dato che a Udine aveva messo radici la famiglia Brussich, esule da Fiume proprio nell’anno di nascita di Gabriella, il 1945.

In realtà la vita portò la giornalista in erba a pendolare fra Udine e Trieste, dove si sposò con l’italianista e critico letterario Elvio Guagnini e dove venne assunta alla locale Sede Rai, dapprima come programmista-regista, quindi come giornalista: redattrice e caposervizio. E fu dunque a Trieste che visse e che assai immaturamente e dolorosamente si spense, nel 2001.

Ora un’ampia selezione degli articoli firmati da Brussich per il foglio udinese (249 su 800) viene raccolta in un volume edito da Campanotto sotto il titolo L’arte nel quotidiano. Articoli nel Messaggero Veneto 1970-1989, a cura e con un’introduzione di Nicoletta Zanni. La quale, fin dalla prima riga, precisa trattarsi di «critica d’arte di taglio giornalistico», con gli specifici connotati del caso: approccio informativo, scrittura agile e non accademica, giudizi di valore capaci di fornire al lettore una guida orientativa nell’accostare un artista e la sua opera. «Il critico deve qui dialogare con una cerchia di lettori quanto più possibile varia e larga, in una forma di democratizzazione della cultura in campi di solito riservati ad addetti ai lavori, artisti, galleristi, storici dell’arte».

La collaborazione inizia con una spiccata attenzione all’attività artistica proposta a Udine, per estendersi quasi subito a quanto offerto da altri centri regionali: Pordenone (Palazzo Ricchieri, Centro iniziative culturali, Galleria Sagittaria), Gorizia, Gradisca, Lignano. Dagli anni Ottanta vengono recensite anche manifestazioni artistiche triestine: dalle mostre al Bastione Fiorito di San Giusto alle rassegne della Galleria Torbandena. Al tempo stesso «il suo respiro si allarga e si rivolge in particolare a illustrare le grandi personalità dell’arte italiana e straniera che passano nelle gallerie nazionali, oppure a recensire edizioni di volumi d’arte» (Zanni).

Non mancano nei suoi interventi certi eventi di portata internazionale: le Biennali veneziane, le grandi mostre di Palazzo Grassi e, con particolare sintonia, le rassegne di Villa Manin, da quella dei tre Tiepolo del 1971 a quella di Marcello Mascherini del 1988, passando per gli omaggi ad Afro Basaldella, all’architetto D’Aronco, al Pordenone, alla scultura lignea e alla miniatura in Friuli. Sempre la sua scrittura, chiosa Zanni, è «lucida, sintetica, partecipe».

Brussich trova un’esemplare misura anche quando le succede, come a tutti i critici d’arte, di dover stilare – magari in fretta e furia – dei “coccodrilli” in morte di artisti di alto lignaggio. Nel 1976, appena un mese dopo il devastante terremoto, deve stilare un toccante ricordo proprio di Afro, “un caposcuola”; nel 1983 trova le parole giuste per dire addio a Mascherini; nell’84 dedica due obituary a Guidi e a Morandi, nel ventesimo anniversario della sua dipartita; dell’87 è un addio molto partecipato a Renato Guttuso.

Nella selezione certi nomi di artisti, soprattutto friulani, si ritrovano con una qual costanza, e con un approccio garbatamente affettuoso, quasi fossero (e spesso in effetti erano) compagni di strada o amici della giornalista incaricata di “criticarli”. Spiccano, così, i nomi di de Cillia, legato alla galleria udinese del Girasole, oggetto di una delle prime prove giornalistiche di Brussich, e poi di Celiberti, di Zigaina, dei tre Basaldella.

Altre suggestioni le derivano dall’attenzione ai legami tra pittura e letteratura. «Non solo la affascinano i disegni di Pasolini (e la sua amicizia con Giuseppe Zigaina), ma segue con particolare interesse il pittore Tonino Cragnolini e i suoi legami con la letteratura inglese» (Zanni). Né rinuncia a dire la sua neppure quando si concede un viaggio di piacere ed evasione, inviando al giornale, ad esempio, tre servizi su mostre visitate a Parigi, tra cui importanti rassegne dedicate a Pissarro e a Modigliani (1981). Numerosi, poi, anno dopo anno, i reportage da città italiane, Venezia in testa, con uno specifico interesse per i percorsi degli artisti settecenteschi: Canaletto, i Tiepolo, Piranesi, Marieschi, Pietro Longhi, Francesco Guardi. Sempre nel segno di un’acuta visione introspettiva e, spesso, di sincera empatia.

Non manca un omaggio al suo primo maestro, Decio Gioseffi, con un intervento (una “rigorosa indagine” stando al titolo dell’articolo) sulla Scultura altomedievale in Friuli, saggio dato alle stampe nel 1978 dal docente triestino. «Un’opera – scrive Brussich – quanto mai ricca di motivi e di temi, usando ai fini della storiografia artistica parecchi dei motivi appartenenti alla psicologia della Gestalt o della più recente critica semiologica. Il tutto senza approdare mai all’indottrinamento ostico o pedantesco, ma mantenendosi sempre su un tono di piacevole – e spesso ironica – concretezza».

Tale il maestro, tale l’allieva, verrebbe da dire…

 

 

Gabriella Brussich

L’ arte nel quotidiano

Articoli nel «Messaggero Veneto»

1970-1989

a cura di Nicoletta Zanni

Campanotto, 2022