Quanti fiori in biblioteca

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Ars Botanica al Castello di Miramare: i “giardini di carta” di Massimiliano

di Roberto Curci

 

Che assieme a fantasmi, vampiri, zombie e licantropi anche le mummie, se strappate all’eterno sonno e riportate magicamente in vita, siano tra i protagonisti di un immaginario fantastico frequentato con toni horror dalla letteratura e dalla cinematografia, è incontestabile. Maligne e spesso vendicative, figurano in bibliografie illustri, da Poe a Gautier, da Bram Stoker ad Arthur Conan Doyle. Quanto al cinema, sono state sdoganate già nel 1932 da Karl Freund, mummia primattrice interpretata da un memorabile Boris Karloff.

Pochi però sanno che a fare da apripista del genere a livello letterario è stata una scrittrice inglese, Jane Webb Loudon, autrice nel 1827 del romanzo The Mummy! A Tale of the Twenty-Second Century, in cui s’immagina che il faraone Cheope, o meglio la sua mummia, venga “resuscitata” nell’anno 2126 non grazie a qualche astrusa formula magari desunta dal Libro dei Morti, bensì in virtù di una sorta di portentoso elettrochoc rivitalizzante.

L’autrice, che definì il suo libro «a strange, wild novel», risentiva certamente dell’egittomania diffusasi in Europa a seguito dell’avventura bellica di Napoleone. Inoltre, nell’ambito della narrativa fantastica produttrice di mostri, nemmeno dieci anni prima era uscito il Frankenstein di Mary Shelley. Quanto alle mummie intese come morti-viventi (ma di questo la Webb Loudon certamente non poteva aver contezza), solo tre anni prima Giacomo Leopardi aveva scritto il Dialogo di Federico Ruysh e delle sue mummie confluito proprio nel 1827 – guarda caso – nelle Operette morali.

A questo punto, il paziente lettore di queste righe si chiederà: ok, ma che c’importa di tutto ciò? C’importa soltanto per il curiosissimo fatto che a Jane Webb Loudon e a due altri suoi libri di tutt’altro argomento sono dedicate le pagine 116 e 117 del bel catalogo di una bella mostra allestita al Castello di Miramare (fino all’11 giugno 2023). Mostra e catalogo, a cura e firma della direttrice, Andreina Contessa, s’intitolano Ars Botanica. Giardini di carta nella biblioteca di Miramare, e i libri della scrittrice inglese (editi nel 1841 e nel ’47) recano, rispettivamente, i titoli di The ladies’ flower-garden of ornamental bulbous plants e di British wild flowers.

Ebbene sì, giardinaggio: passione alla quale, dopo l’infatuazione per le mummie egizie, la Webb Loudon si dedicò interamente assieme al marito John Claudius che quella passione aveva alimentato, essendo egli stesso un eminente giardiniere del paesaggio, capace di influenzare con i suoi scritti «il gusto vittoriano per i giardini, gli spazi pubblici e l’architettura domestica».

La mostra in corso propone appunto un’affascinante selezione dei libri dedicati alla botanica e al giardinaggio esistenti nella biblioteca di Massimiliano e Carlotta, ricca di oltre settemila volumi. Fiori, piante, giardini: un patrimonio cartaceo che ha il suo rispecchiamento nella realtà del Parco di Miramare, «creazione al contempo naturale, artificiale e artistica». Si sa del profondo interesse di Massimiliano per la botanica, «genere in bilico tra il mondo dell’arte e quello della scienza»: «Collezionista eclettico, aggiornatissimo sulle scoperte e sulle mode del suo tempo […], coltivava fin da giovanissimo una vera passione per la botanica, come rivelano la sua firma e la data 1844 scritta da lui – allora dodicenne – sul frontespizio di un trattato sulla vegetazione selvatica della Germania».

Poco si sa, invece, dell’interesse per il giardino e la botanica della padrona di casa, Carlotta di Sassonia-Coburgo-Gotha. Ma è un fatto che parecchi dei libri esposti, dalle preziose rilegature (atlanti e manuali di botanica, studi su specifiche specie vegetali, trattazioni riferite a singole località) appartenevano a lei, e ne fanno testimonianza i monogrammi impressi con le sue iniziali CH sovrastate da una corona. Di più: scorrendo lungo le sale del castello e ammirandone gli aspetti decorativi, è facile scoprire che «quasi ogni arredo e ogni oggetto porta in sé immagini e forme di fiori diversi e variegati, spesso perfettamente riconoscibili nella loro specie».

Per tornare a Jane Webb Loudon, suscita meraviglia il fatto che la scheda a lei dedicata nel catalogo edito da Silvana Editoriale la definisca «autrice dei primi romanzi di fantascienza». Il riferimento va evidentemente al solo The Mummy!, che alla sua uscita ebbe notevole successo, fu recensito entusiasticamente sul Gardener’s Magazine, il primo periodico inglese dedicato esclusivamente all’agricoltura, e propiziò l’incontro tra Jane Webb e John Claudius Loudon, direttore di quel giornale, che sarebbe divenuto suo marito.

Fantascienza? Forse sì. Jane immaginava il 2126, anno del “risveglio” di Cheope, come un tempo di pace in un mondo governato da una regina. Ma soprattutto ipotizzava scoperte impensabili per il primo Ottocento: sostanze chimiche che permettevano di cucinare velocemente, macchinari in grado di trasformare l’acqua in ghiaccio, letti imbottiti non di piume ma d’aria, un clima “condizionato” nelle abitazioni, la possibilità di viaggiare rapidamente in “ballon”…

Da queste sorprendenti visioni utopiche la scrittrice sarebbe passata a descrivere le piante bulbose ornamentali o i fiori e le erbe aromatiche dell’Inghilterra. E le mummie? E Cheope? E l’antico Egitto? Acqua passata. Ma forse le sarebbe piaciuto sapere che il Castello che avrebbe ospitato i suoi libri di botanica era (ed è) vigilato da una sfinge egizia di granito rosa, simbolico trait-d’union – se vogliamo – con quel suo primo successo letterario.

  1. S. A chi volesse sapere di più su Jane Webb Loudon consigliamo l’ottimo libro di Paola Fanucci Women Gardeners. Stivali, penne e pennelli di giardiniere appassionate (Edizioni ETS).

 

 

Andreina Contessa

Ars Botanica

Giardini di carta

nella biblioteca di Miramare

Silvana Editoriale

  1. 151, euro 30,00