QUELL’ANNO SULL’ALTIPIANO

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Omaggio in versi a Emilio Lussu

di Silva Bon

 

Amo la Storia – amo la Poesia.// L’una riscatta l’altra/ nel temerario abbraccio/ che nutre la parola,/ ispira la ragione.// Affratellarsi – nobile pazzia. Con questi versi, Preludio metapoetico, Valerio Marchi presenta se stesso, storico riconosciuto a livello nazionale che ha focalizzato i suoi studi soprattutto sui critici anni a cavallo tra Ottocento e Novecento, e insieme poeta.

Il canto poetico nasce da emozioni, da contaminazioni, da risonanze, da associazioni di idee, ri – leggendo la celebre opera di Emilio Lussu, Un anno sull’Altipiano, uno dei libri che Valerio Marchi asserisce di aver maggiormente apprezzato, come basilare per la sua formazione intellettuale, etica, spirituale.

Si costruiscono così i trentatré componimenti poetici, segnati da I a XXX, più il Prologo, l’Epilogo e il testo poetico della quarta di copertina, che è il manifesto del metro interpretativo dell’Autore rispetto alla memoria della prima guerra mondiale, poesia incalzante, i versi frammentati, rotti in un singhiozzo, che vogliono accumunare, noi lettori del centenario, allo strazio di quei fanti, lassù …

Guerrieri/ ci dibattiamo curvi/ vestiti/ sembriamo vagabondi/ si brulica/ reggendo un lanternino/ confuso/ esercito d’insetti/ giganti/ col vizio d’esser uomini/ lasciando/ solo una tenue striscia/ di luce/ varcando questa guerra/ dei mondi/ davanti al nostro strappo/ nel cielo/ di carta che tagliamo/ con forbici/ che sono queste mani/ piagate/ da lì potrai guardare/ di notte/ quando nessuno vede/ di giorno/ s’infilerà il sole/ oppure/ un colpo di fucile// la conosciamo bene/ ma non si può evitare/ neppure disfacendola// la feritoia numero quattordici

Dunque dalle antitesi: storia/poesia, razionalità/immaginario, scienza/emozione, nascono i versi del poemetto di Valerio Marchi, come poesia civile, poesia epica, mossa da un forte impegno politico in senso ampio, quale denuncia dell’orrore della guerra, messaggio umanitario di pace e di fratellanza. E ancora dal grido di dolore per l’immane carneficina, per il disprezzo del valore delle vite; dalla condivisione della sofferenza, dallo stupore struggente per la casualità della morte, e nonostante tutto dalla fiducia nell’Uomo, sale un canto fatto di pure emozioni. Ma anche di sedimentazione di sensazioni, frutto di ampie letture, di studi biblici, contaminato con immagini filmiche: il Poemetto si nutre di un ricco, vario, insospettato background culturale, che produce nuove situazioni, in una saturazione di drammaticità visionaria, in un com – pianto, com – passione, crudo realismo, orrore per la guerra intesa come delitto dei delitti.

Nulla di eroico in quei fanti del poemetto, se non l’esserci e il resistere; nulla di trionfale, in nome di un’esaltazione patriottica; ma, da parte dell’Autore, adesione umana, pietà virilmente piangente, ripiegata a raccogliere il grido soffocato dagli ordini superiori, l’estraneazione della trincea, l’alienazione nell’ebbrezza, l’affrontare le prove quotidiane di una guerra tutta in salita, le sfide dell’immanenza della morte, le lacerazioni mentali della memoria, tra i ricordi di un dolce passato, e un adesso ed ora terrificante, e ancora una mancanza di futuro possibile, neanche immaginato, neanche sognato: la vita lassù sull’Altipiano non permette nessuno scarto, nessuna linea di fuga, solo il dovere, l’obbedienza gerarchica, indiscussa, incontrovertibile, pena, ancora una volta, la vita stessa. I versi non ci risparmiano nulla.

Un bel gesto, questo di Valerio Marchi, antiretorico, originale e sincero.

 

Valerio Marchi

Quell’anno sull’Altipiano.

Trenta liriche in omaggio a Emilio Lussu

Kappa vu, Udine 2015

  1. 62, Euro 10.