Solo per ringraziare

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La bella vita del critico d’arte (parte seconda)

di Giancarlo Pauletto

 

Nel febbraio del 1966 il fatto determinante: con una mostra del pordenonese Giancarlo Magri apre i battenti la galleria d’arte della Casa dello Studente di Pordenone.

è la galleria “Sagittaria”, che in questo 2021 compie cinquantacinque anni di attività ininterrotta, con, al momento in cui scrivo, 470 mostre d’arte realizzate, per la gran parte presso la sede di via Concordia 7, ma anche presso altri spazi espositivi in comuni del territorio, con i quali sono stati stabiliti, in alcuni casi da molto tempo, rapporti di ottima collaborazione.

La struttura era stata voluta da Lino Zanussi, il patron della Rex, e da Vittorio De Zanche, vescovo della diocesi di Concordia, a favore dei tanti studenti che frequentavano le scuole superiori di Pordenone, e non avevano dove sostare mentre aspettavano i mezzi per il ritorno a casa, o le lezioni pomeridiane.

Fornita di una mensa, divenne un centro molto frequentato, non solo da studenti.

Luciano Padovese, il giovane prete che lo guidava, ne fece subito un luogo dove ci si occupava di cultura – come si dice – a trecentosessanta gradi, cinema, musica, teatro, letteratura, ma anche teologia, bibbia, economia, filosofia: sull’efficacia della sua direzione non occorre insistere, basta dire che il Centro funziona ancor oggi benissimo.

 

Padovese era di Portogruaro, ci conoscevamo dai tempi del mio liceo al Collegio Marconi, volle aprire, presso un’ampia sala della Casa, anche una galleria d’arte, e mi chiamò subito a collaborare.

Fu così che, nel marzo del 1966, presentai la mia prima mostra a voce, parlando delle opere del giovane pittore udinese Carlo Deison.

Davanti ad un uditorio numeroso e un po’ alla volta sempre più distratto, parlai troppo a lungo: ma non potevo farci niente, avevo lo schema in testa e non avrei saputo dove andare a parare, se lo avessi abbandonato.

Fu un’esperienza molto istruttiva.

Da allora non ho ancora finito, di parlare alle inaugurazioni, ma mai, credo, troppo a lungo.

 

Nei primi cinque anni di attività passarono, negli spazi della nuova galleria, autori quali Dino Basaldella, Tramontin, Magnolato, Marangoni, Ceschia, Zigaina, Mascherini, Spacal, Mirko Basaldella, Carena, Pizzinato, Maccari e poi, tra il febbraio e il marzo del 1971, i Capolavori della collezione Deana, con grandi opere di Appel, Campigli, Capogrossi, Carrà, Casorati, Cesetti, Chagall, De Chirico, De Pisis, Fontana, Gentilini, Guidi, Kokoschka, Music, Pignon, Pizzinato, Poliakoff, Rosai, Saetti, Sassu, Scanavino, Semeghini, Sironi, Tancredi, Tomea e altri ancora.

Cito questi nomi per dare un’idea del grado di attenzione e consenso cui era giunta l’attività, e perché non si può qui rifare una storia, che è già stata scritta nel ventennale della fondazione, in un libro di centotrenta pagine.

Dunque non certo perché si considerassero meno importanti, al nostro scopo culturale, altri numerosi espositori che pure furono presenti in quegli anni: ci guidò praticamente da subito l’idea che, se l’arte è oro, valeva comunque la pena di scavare alla sua ricerca, fosse un grano o fosse una pepita, quell’oro.

Nel che è implicita anche un’altra importante idea, cioè che l’oro, a saperlo fiutare, non necessariamente si trova solo a Milano, Parigi o New York, ma magari anche nello studio di un pittore che abita a cinquanta metri da casa nostra, come capita che, in certe chiesette di campagna, si trovino affreschi assai poco noti, ma belli ugualmente.

Certo, il mercato dell’arte non è granché favorevole a questa idea: è più facile vendere pochi grandi artisti ad alto prezzo, che tanti artisti bravi a prezzi assai più bassi, ma non è neanche detto che i criteri del mercato dell’arte debbano per forza valere per chiunque.

 

2-continua