Suoni del Danubio

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di Liliana Bamboschek

 

Trieste ha rivissuto l’autentica atmosfera della grande tradizione europea d’operetta in due serate di spettacolo al Politeama Rossetti che hanno visto il tutto esaurito (3 e 4 giugno). Sul palcoscenico Suoni del Danubio, gran galà organizzato su iniziativa di Alessio Colautti e coprodotto con la casa di produzione Operettissima e il Teatro nazionale dell’Operetta e del Musical di Budapest, cioè col meglio che si può oggi desiderare in fatto di piccola lirica. E Trieste ha dimostrato ancora una volta di averla sempre nel cuore e di rimpiangere quel Festival che per anni è stato la nostra punta di diamante.

L’orchestra sinfonica diretta dal maestro Laszlo Makláry con sei eccezionali solisti, il corpo di ballo del teatro di Budapest nello sfarzo dei costumi originali e, inoltre, la partecipazione di Colautti e Marzia Postogna in qualità di presentatori, spiritosi intrattenitori e, all’occasione, anche interpreti, hanno saputo nell’insieme creare uno spettacolo musicalmente di alta classe dotato di una ritmica scintillante con un pizzico in più di paprika genuinamente magiara. In programma i brani più significativi di operette popolarissime come La principessa della Czarda, La Contessa Maritza, La bajadera, passando attraverso il Pipistrello e approdando alla Vedova allegra e al Paese del sorriso, cantate in lingua originale, tedesco e ungherese; in scena la bella e talentuosa Monika Fischl, soprano, il prestigioso tenore Gergely Boncsér, due esperti attori-cantanti come Bori Kállay e Zoltan Bátki, la giovanile prestanza di Annamari Dancs e Miklos-Máté Kerényi, incorniciati da danzatori provetti, dalla ritmica sempre effervescente. Tre ore di spettacolo ricco di emozioni, ricordando le stesse immortali melodie in altri momenti e luoghi, riandando col pensiero a lontane serate estive al Castello di San Giusto di fronte a personaggi indimenticabili come Elvio Calderoni e l’ungherese tutto pepe Rosy Barsony. Un po’ di quell’umorismo riecheggia nelle battute di Alessio e Marzia che a un certo punto cantano anche in italiano. Divertentissima poi la celeberrima “E’ scabroso le donne studiar”, vero gemellaggio italo-tedesco dedicato all’eterno femminino definito “degli uomini la disperazion”… Un vero complesso folcloristico magiaro è spuntato fuori, poi, a metà spettacolo con cymbalom, violini tzigani e altri strumenti tipici suonati da autentici virtuosi con ritmiche davvero sfrenate.

Il prossimo anno ci piacerebbe gustare un’operetta intera con lo stesso teatro di Budapest !