Raffaello 500: la Madonna della seggiola

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di Nadia Danelon

 

Si sono appena concluse le celebrazioni per il cinquecentesimo anniversario della morte di Leonardo da Vinci (1452-1519). Senza respiro, l’Italia è pronta a festeggiare un altro suo “figlio” d’eccezione: Raffaello Sanzio da Urbino (1483-1520). Pittore simbolo del Rinascimento maturo, allievo di Pietro Perugino che finisce per guardare alle opere del suo discepolo prediletto, nella fase critica che si palesa nitidamente nella Deposizione di Città della Pieve. Maestro di Giulio Romano, Giovanni da Udine e altri importanti artisti.

Pittore dei fiorentini e dei papi, eccezionale protagonista dell’ambiente artistico di Roma (1504-1508) e Firenze (1509-1520). Autore della decorazione delle Stanze Vaticane, dove nei volti della Scuola di Atene (1509-1511) rende omaggio ai grandi della sua epoca, inserendovi anche un autoritratto. Giovane pittore di talento affascinato dai più maturi Leonardo e Michelangelo (1475-1564), in vivace contrasto con quest’ultimo. Raffaello spia e si tradisce: nella Scuola di Atene e ancora più chiaramente nel profeta Isaia (1511-1512) della chiesa di Sant’Agostino, dopo la scoperta della prima parte degli affreschi di Michelangelo nella volta della Cappella Sistina (1511).

Forse, è anche innamorato. Non molti anni fa, la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Roma ha rilevato, nel corso di un’indagine radiografica, la presenza di un anello all’anulare sinistro della Fornarina (1518-1519): la scoperta ha dato l’inizio a varie interpretazioni fantasiose, non ultima quella relativa ad un matrimonio segreto tra la modella e il pittore.

Non solo pittore, ma anche architetto: in particolare, Raffaello progetta la Cappella Chigi (1513-1514) in Santa Maria del Popolo a Roma ed è (dal 1514 fino alla morte) architetto dell’immensa fabbrica di San Pietro in Vaticano.

Raffaello muore troppo presto: il Venerdì Santo del 1520 si spegne a Roma, dopo una terribile malattia. Non ha neppure quarant’anni (Michelangelo, al momento della morte, ne ha 89). Sul suo letto di morte, come noto, viene sistemata la Trasfigurazione: una tra le sue opere più famose, che egli non riesce neppure a completare.

“Qui è quel Raffaello da cui, fin che visse, Madre Natura temette di essere superata da lui e quando morì temette di morire con lui”: così è scritto sul suo sarcofago, che trova posto nel contesto suggestivo del Pantheon. Secondo le notizie diffuse dai media pare che, per tutto il 2020, gli sarà reso omaggio ogni giorno con il posizionamento di una rosa rossa in corrispondenza del suo sepolcro (dal 2 gennaio).

Dopo Raffaello: il pittore muore sette anni prima del cosiddetto Sacco di Roma. Non assiste, perciò, alla devastazione della città e a tutto ciò che ne consegue: non ultima, la diaspora degli artisti, che coinvolge anche i suoi allievi. L’epoca d’oro costituita dal Rinascimento maturo si conclude idealmente nel 1520, lasciando spazio al conseguente Manierismo: spetta anche agli allievi di Raffaello il compito di diffonderlo in tutta Italia.

Raffaello, è il pittore dell’armonia: il suo stile, rivisitato e perennemente ammirato, ha attraversato i secoli. In particolare, alcune tra le sue raffigurazioni sacre sembrano dotate di un fascino senza tempo. Ce ne sono tante, raffinatissime, simili o molto differenti tra loro: le Madonne di Raffaello sono accomunate da una “tangibile” delicatezza e da un’eleganza che non deriva dai fasti, ma dalla semplicità. Sono donne del popolo, bellissime madri comuni, spesso sedute sui prati e intente a coccolare il loro Figlio. Non c’è spazio per i fronzoli, Maria è una raffigurata con un aspetto semplice: immediato, umano, che riesce a rassicurare con la dolcezza del suo sguardo.

Tuttavia, il significato simbolico di alcuni elementi (oggetti, dettagli paesaggistici) rimanda ad una dimensione spirituale di elevata importanza. Si può pensare al cardellino della Madonna degli Uffizi (secondo la leggenda, l’uccello si è bagnato con il sangue del Cristo crocifisso), ai papaveri della Madonna del Belvedere conservata a Vienna (il rosso richiama sempre alla Passione e morte di Gesù) e, infine, alla seggiola del celebre tondo conservato a Palazzo Pitti (Firenze).

La Madonna della Seggiola, dipinta tra il 1513 e il 1514, è con ogni probabilità il frutto di una commissione privata: gli studiosi sono generalmente concordi nel ritenere che papa Leone X (al secolo Giovanni de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico) l’abbia commissionata a Raffaello in occasione della sua elezione al soglio pontificio (1513) per poi inviarla a Firenze. Tale ipotesi è avvalorata dal fatto che la Vergine non siede su di una seggiola qualsiasi, ma sulla sedia camerale: un privilegio riservato solo alle alte cariche della corte papale.

La composizione del tondo è formata da tre figure (la Madonna, il Bambino e san Giovannino): la loro bellezza è incrementata dal sentimento affettuoso che li unisce, particolarmente evidente nelle figure abbracciate di Maria e Gesù.

Anche qui, Raffaello guarda a Michelangelo: la plasticità dei corpi rimanda infatti al Buonarroti. Naturalmente, l’urbinate fornisce un’interpretazione personale e addolcita della lezione appresa: il fascino di questa composizione risiede, in particolare, nello straordinario bilanciamento curvilineo che coinvolge ogni dettaglio dell’opera. Alcune caratteristiche compositive del tondo di Palazzo Pitti sono inoltre presenti anche nella Madonna della Tenda di Monaco.

La Madonna della seggiola, tra i dipinti più noti e riprodotti dell’intero catalogo di Raffaello, ha ispirato numerosi autori: vale la pena di ricordare il racconto di Ernst von Houwald (1820), che narra di come Raffaello avrebbe deciso di ritrarre la moglie di un vinaio con i loro due figli sul coperchio di una botte, realizzando così la celebre opera.