Ridateci la nostra biblioteca!

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Credo sia la prima volta che pubblico il titolo di un editoriale facendolo seguire da un punto esclamativo, ma non se ne può proprio più!

Lo scorso 2 ottobre uno scarno comunicato pubblicato sul sito della Biblioteca Civica del Comune di Trieste recitava, testualmente: “Per ragioni di sicurezza è stato interdetto al personale della biblioteca l’accesso ai depositi librari di Palazzo Biserini. Si comunica pertanto che non sono più prestabili al pubblico né consultabili tutte le collezioni conservate nei locali di piazza Hortis 4.” Il documento proseguiva indicando le raccolte che invece, essendo custodite nella sede “provvisoria” di Via Madonna del Mare, sono ancora a disposizione del pubblico. Quasi a dirsi: “guarda però come siamo bravi e servizievoli nei confronti degli utenti”.

Servizio sospeso sine die, insomma. Sinistramente, la cosa somiglia all’ultimo atto (non nel senso di “più recente”, ma in quello di “finale”), dopo che da ormai nove anni hanno deciso di chiudere la Biblioteca Civica, di scaraventare in periferia il Museo di Storia naturale, di distribuire in tre sedi diverse il patrimonio librario del Comune, lasciandone gran copia in edifici non presidiati da alcuno, privi di riscaldamento e, ovviamente, di condizionamento e di ogni strumento per rilevare temperatura ed umidità. Correva l’anno 2008, sindaco sempre quello attuale, assessore alla cultura Massimo Greco. Per completare l’opera, si pensò anche di sollevare dall’incarico la direttrice della Biblioteca in quel momento, forse il più cruciale della sua storia. Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini, insomma: il risultato di quelle improvvide vandaliche decisioni è ora nelle poche righe del comunicato sopra riportato. Che tradotto dal burocratese significa che si è interrotto totalmente e senza nemmeno adombrare una scadenza credibile un servizio pubblico. Per una biblioteca, un servizio essenziale, lo scopo anzi per il quale essa è nata e per cui risorse pubbliche ed energie si sono spese, per secoli (la “Hortis” è stata fondata nel 1793). È possibile che nessuno si senta responsabile per tale disastro? I sei assessori che si sono succeduti, i dirigenti d’area che hanno ingoiato in silenzio le decisioni estemporanee o, peggio ancora, le mancate decisioni del personale politico senza che un flebile lamento uscisse da Palazzo Gopcevic non hanno niente da dire, non ritengono di dovere nessuna spiegazione alla cittadinanza?

Invece di gettare risorse a piene mani per la realizzazione di mostre d’arte delegando ai percettori di tali somme le scelte di programmazione culturale che dovrebbero spettare al Comune, non sarebbe più opportuno pensare in primo luogo a proteggere e tutelare il patrimonio e a garantire condizioni minime di fruizione dei servizi offerti ai cittadini?

Nel maggio dello scorso anno, prima che si conoscessero gli esiti della campagna elettorale, avevo indicato su queste colonne alcuni plausibili obiettivi che mi permettevo di sottoporre al sindaco che ancora non si sapeva chi sarebbe stato. Tra le altre cose, un passaggio: “Provvedere in primo luogo al mantenimento del patrimonio del Comune: non è consentito ignorare ulteriormente che la Biblioteca Civica vive ormai da anni in intollerabili condizioni di precarietà, con grave pregiudizio per la reperibilità dei volumi, per la loro stessa conservazione, per il rispetto dovuto tanto agli utenti che ai lavoratori all’interno di quella struttura, senza trastullarsi con avveniristici progetti prima di aver risolto i concreti problemi che abbiamo di fronte.”

Non ottenni allora nessuna risposta, ovviamente, mentre osservo ora che né quello né gli altri sette punti che indicavo in quel mio foglietto di sogni per la cultura di questa città è stato non dico realizzato, ma nemmeno preso in considerazione.

Ma chi se ne frega? L’importante è pensare agli alberi di natale, alle luminarie per le vie del centro, e – come diceva qualcuno – ad altre cose leggere e vaganti…