Riflessioni di un anglista

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Una raccolta di articoli di Renzo Stefano Crivelli comparsi sul Sole 24 ore

di Fulvio Senardi

Se Flash letterari, il nuovo libro che Renzo S. Crivelli porta in libreria non è dichiaratamente un dizionario ragionato delle letterature degli Stati Uniti e del Regno Unito, assai poco ci manca. Dà la piena misura dell’attivita del docente dell’Università di Trieste che si muove da sovrano assoluto, con perfetta padronanza di campo, sul terreno delle letterature anglofone (anche africane ed asiatiche, qui non comprese). Il volume organizza i suoi materiali, che provengono dalle pagine culturali del Sole 24 ore, il giornale con il quale Crivelli vanta una collaborazione iniziata ormai da molti decenni, secondo un criterio di appartenenza storico-culturale (letteratura inglese, irlandese, scozzese, americana) e quindi, in riferimento agli autori, alfabetico.

Accorpando recensioni (il termine è inadeguato, un understament: piuttosto dei micro-saggi) uscite nell’arco di un ventennio, il libro mette in evidenza i centri di interesse dell’anglista, mentre consente al fruitore una lettura ragionata, che prevede pause, ritorni, incroci; permettendo, a volerlo fare, anche una valutazione di ciò che cambia nel giudizio e nelle scelte di Crivelli nel corso del tempo. Oltre a ciò un “vademecum” perfettamente indicato per offrire valide suggestioni a chi vuole addentrarsi nei labirinti di una letteratura veramente globale. La scrittura scorre elegante e cordiale, capace di creare quel rapporto dialogico con il lettore che caratterizza il giornalismo (e la saggistica anglosassone).

Per una volta, senza nulla perdere delle sue credenziali filologiche, la densità del contenuto si trova alleggerita da uno stile colloquiale, vivace, sorridente, agli antipodi di certe impervie consuetudini accademiche, che sembrano studiate per scavare una distanza. Una maniera di scrivere in effetti perfettamente consapevole della propria finalità e destinazione: non è male, aggiungo, che qualche studioso transiti al giornalismo, molto meglio di giornalisti che si improvvisano studiosi (cattiva pratica sempre più frequente nel mondo della carta stampata). Né lingua settoriale dunque né “lingua d’autore”, dove l’Io fa le capriole a spese del lettore, ma strumento perfettamente tarato per un compito di comunicazione-informazione. Non manca tuttavia l’estro stilistico, l’artificio astuto di chi sa come conquistare il pubblico (ormai necessario, credo, anche nelle aule universitarie): non c’è di meglio di una interrogativa retorica o di un enunciato che sembra sfidare il senso comune per risucchiare il lettore dentro il testo. Non ne resterà deluso, e il libro rimarrà sul comodino, o sulla scrivania, pronto ad aprirsi a qualche nuova incursione.

Comunque, se l’attenzione vien meno, Crivelli è pronto ad infliggere la piccola scossa di un aneddoto brillante. Non c’è che da scegliere: Evelyn Waugh che dall’Abissinia (dove seguiva la guerra coloniale italiana, con una spiccata simpatia per il tricolore) invia al Daily Mirror un reportage redatto in latino, per schivare ogni forma di censura. Finisce licenziato perché il reportage viene visto come uno scherzo di pessimo gusto.

Crivelli si misura con tutte le forme e tutti i generi: il romanzo, il racconto, la poesia, la saggistica e, con rilevanti acquisti interpretativi, con quella letteratura di genere nella quale il suo fiuto curioso (qualche schizzinoso collega d’accademia arriccerebbe invece il nasino) scova ragioni di interesse e qualità di risultati. Non faremo troppi nomi, ma impossibile non ricordare almeno, a mo’ di esempio, John Banville, che, romanziere senza ulteriori specificazioni, è diventato un maestro del noir, seguendo, come ha rivelato in una famosa intervista, il modello di Simenon (ma non il creatore di Maigret, bensì l’altro versante, quello dei romans durs), un narratore che insegna come contenuti “polizieschi” possano perfettamente sposarsi ad uno stile di grande raffinatezza. Crivelli gli dedica una mezza dozzina di felici approfondimenti, seguendo i labirinti che Banville percorre, anche in epoche lontane dalla nostra, ma senza troppo allontanarsi dalla sua amata Irlanda.

Ampio il ventaglio di epoche e fasi della storia letteraria in cui il professore-giornalista fa tappa: la parte del leone spetta all’Ottocento, il lungo secolo del romanzo, affrontato in tutte le sue declinazioni. Dai moralisti del Settecento alla grande narrativa realista di Dickens, al romanticismo dei Cooper e degli Stevenson, agli anticipatori di quell’indirizzo che la critica britannica chiama “modernism”, un Conrad per esempio, di cui Crivelli ci aiuta a cogliere la problematicità. Fino alla modernità dispiegata di un Henry James o, nel secolo che segue, di una Virginia Woolf; più giovane di una generazione, premio Nobel del 1950, William Faulkner di cui Crivelli non manca di sottolineare strumenti espressivi e finalità. E in poesia una sosta con i Laghisti (Coleridge e Wordsworth), e poi Dickinson, Yeats, Plath, Heaney. Ecc. ecc. ecc. Stupirà forse che non si sfiori nemmeno l’astro di Shakespeare (ma si tocca invece Marlowe, il numero due degli elisabettiani). Del resto, come Mosé davanti al roveto ardente, per scrivere di Shakespeare bisogna togliersi i calzari: si cammina su un terreno sacro. O è la missione di una vita, o è più opportuno tacere.

Per altro Crivelli conosce perfettamente un altro Grande, e così bene da rovesciarlo come un calzino per mostrarci i virtuosismi della tessitura e perfino i rammendi. Quel Joyce nel cui nome lo stesso Crivelli ha creato a Trieste una Scuola internazionale che organizza incontri e seminari di studio (la James Joyce School), e di cui si è occupato, con apprezzabile impudenza, anche nella veste di drammaturgo. Una lunghissima fedelta a un grande genio della modernità letteraria, di cui Crivelli rivendica, fra le infinite radici, anche quella non tanto esile che lo lega a Trieste. Sul piano biografico ovviamente (ma questo è più che risaputo), come pure culturale, se è vero, come il critico sostiene correggendo Stanislaus Joyce e Richard Ellmann (tra i più importanti biografi del genio di Dublino) che il cosmopolitismo e il multilinguismo con cui il “signor Zois” entra in relazione a Trieste hanno contato qualcosa per la verve di Ulisse e più ancora per le spesso ermetiche invenzioni della lingua di Finnegans Wake.

Ma sarà utile chiedersi a questo punto con quale strumentario Crivelli sveli i segreti della letteratura. A sua lode va detto che, senza perdere la bussola nell’attuale Babilonia di approcci critici, egli non sposa con cieco fervore nessun dogma interpretativo. Sa bene che farsene portavoce, o peggio predicatore, è il primo passo per aprire la strada agli inquisitori (fuori metafora, alle polemiche, alle scomuniche, ai “roghi”). Il faro che mostra la via, come spesso in momenti altrettanto confusi nel passato, è, preferibilmente, il buon senso, baricentro di un “patto interpretativo” modellato a beneficio del lettore. Fa testo la riflessione di T. S. Elliot (uno degli autori amati da Crivelli) che nel Bosco sacro ammoniva che nessun poeta o artista può essere compreso se non nel quadro della sua epoca (“no poet no artist […] has his complete meaning alone”). E da qui l’esigenza di una rigorosa e articolata storicizzazione, come prima carta da giocare per la piena comprensione del fatto letterario. Operazione da completare con un’analisi condotta sul doppio binario della valutazione dei contenuti e della resa di stile, nel sostanziale rispetto del canone con le sue ormai consolidate gerarchie.

Chiudo con un rilievo che piacerà alle anime gentili: Crivelli critico non ha nulla del sadico stroncatore (anche perché può scegliersi i suoi oggetti di studio). Mai sopra le righe, mai troppo severo. E purtuttavia, quando ci vuole ci vuole: per dei presunti racconti di James contrabbandati come indiscutibilmente suoi e pubblicati da Mondadori, per una nuova traduzione (probabilmente pleonastica) di Ulisse, qualche goccia di veleno. Ma diluito, per carità: Mr. Crivelli è e rimane “a true gentleman”.

 

Copertina:

 

Renzo S. Crivelli

Flash letterari

Narrativa e poesia di lingua inglese

Carocci, Roma 2019

  1. 282, euro 25,00