SANDRO CHIA E I MITICI GUERRIERI DI XIAN

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Ne abbiamo parlato con il curatore Enzo Di Martino

Michele De Luca

 

Il Centro Saint Bénin di Aosta, spazio espositivo che al fascino dell’antico unisce le sollecitazioni della creatività contemporanea, fino all’8 maggio, ospita l’importante mostra “Sandro Chia. I Guerrieri di Xian”, curata da Enzo Di Martino e Daria Jorioz, che illustra un particolare momento della ricerca espressiva di uno dei più significativi protagonisti dell’arte contemporanea. L’artista fiorentino presenta i “suoi” Guerrieri di Xian: vengono esposti nove grandi Guerrieri, un Cavallo e sei piccole Teste, sulle quali l’artista ha deposto il suo gesto pittorico, secondo un’operazione “picassiana”, tutta giocata su cromatismi inediti quanto efficacissimi, rivendicando l’esistenza di una nuova creazione artistica, arditamente ricondotta al presente. La rielaborazione, cioè, in chiave contemporanea dei guerrieri dell’imperatore Shihuang, la cui sterminata, silenziosa armata di terracotta aveva sorpreso ed estasiato il mondo sin dal 1974, anno della fortuita scoperta avvenuta nei pressi di Xian, cittadina della Cina occidentale.

     Abbiamo rivolto qualche domanda al curatore della mostra per approfondire alcuni aspetti della figura e dell’opera di Chia a margine di questa esposizione per la quale è stato prodotto un elegante catalogo edito da Papiro Art, che contiene anche un interessante intervento della co-curatroce Daria Jorioz, Dirigente delle Attività Espositive della Regione Autonoma Valle d’Aosta, che con passione ha promosso e organizzato l’importante evento.

 

La mostra offre uno spaccato particolare del lavoro di Chia, ma è possibile vederci il compendio e il riflesso del suo intero percorse creativo?

A ripercorre il suo ormai lungo itinerario di ricerca espressiva, iniziato già alla fine degli anni Settanta, risulta evidente che esso è stato anche, al di la delle seducenti apparenze della sua opera, difficile e accidentato, rivelando una sorta di continuo “combattimento per l’immagine”, a volte perfino un corpo a corpo con la figura e la grande pittura. È dunque per tale ragione che forse è più opportuno definirlo, anziché un viaggiatore, un vero, coraggioso e autentico guerriero dell’arte.

Ci può meglio delineare qual è stata la vera incidenza del respiro e della esperienza internazionale sulla sua vicenda artistica?

Quest’esperienza di carattere internazionale, culturalmente multietnica, ha inevitabilmente portato Sandro Chia a conoscere bene, a capire a fondo, il cosiddetto “sistema dell’arte contemporanea”.

E qual è questo sistema?

Un sistema che, oggi, tende sempre più chiaramente ad assomigliare a quello finanziario, una sorta di “borsa valori”all’interno del quale è perciò l’indice economico a stabilire la stessa qualità estetica dell’opera e la sua importanza storica. È un fenomeno che si innesta inevitabilmente, non a caso, nella perduta centralità storica dell’arte di un tempo.

Ma che significato e quale valore ha il lavoro di Chia sui Guerrieri Xian nell’ambito della sua vasta, eclettica e diversificata storia artistica?

Per tornare al guerriero dell’arte, è interessante notare che questa mostra aostana di Sandro Chia è dedicata alla sua coraggiosa decisione di voler dipingere un folto gruppo degli ormai famosi Guerrieri di terracotta ritrovati casualmente, nel marzo del 1974, a Xian, in Cina. Quel ritrovamento è stato forse il più rilevante avvenuto in Cina in tempi recenti, sia per la quantità dei reperti trovati – circa 500 guerrieri e un centinaio di cavalli – che per l’importanza storica, trattandosi a ben vedere di un vero e proprio esercito posto a protezione della tomba, sarebbe meglio dire il mausoleo, dell’Imperatore Qin Shihuang, nel corso del cui regno, tra 259 e il 210 a C, venne realizzata la mitica Grande Muraglia. Sandro Chia non poteva sottrarsi alla fascinazione che una così grande, complessa e storica opera d’arte, emanava inevitabilmente nel suo insieme. Come peraltro è sempre avvenuto, anche per i visitatori, in tutte le città del mondo nelle quali l’esercito di Xian è stato poi parzialmente esposto. Non a caso tra le prime a Venezia nel 1994, configurando una sorta di omaggio alla sua storia millenaria e alla straordinaria figura del veneziano Marco Polo, il primo grande viaggiatore occidentale a giungere e vivere per un lungo tempo in Cina. Chia ha così messo in atto, nel 2009, una decisione, certamente ambiziosa, formalmente rischiosa ed eroica allo stesso tempo, quella della “appropriazione formale”, all’interno del suo mondo immaginativo, di queste sculture millenarie, intervenendo su di esse con le sole “armi” che conosce bene e che gli sono congeniali, quelle della pittura.

E qual è, secondo lei, il risultato più significativo e anche affascinante, di questa operazione di Chia?

Ne è risultata un’operazione per certi versi alchemica, come forse solo l’arte può e a volte riesce a fare, perché gli scarni e severi Guerrieri cinesi di Xian sono adesso diventati, con un salto temporale e formale di oltre 2000 anni, i colorati e bellissimi Guerrieri di Sandro Chia. L’artista ha evitato il possibile naufragio della tentazione per la “copia”, e invece, con un grande rispetto per l’opera preesistente, è intervenuto su queste figure non toccando la materia delle sculture, apportandovi invece un misurato contributo affidato solo al colore, pervenendo infine alla realizzazione di una sua nuova e autonoma opera d’arte. Ha cioè determinato, con l’antico, anonimo e sconosciuto scultore cinese, una sorta di alleanza ideale, utile, pacifica e geniale, nel segno dell’arte, perché il suo intervento con la pittura appare in fondo un generoso tentativo di ridare vita alle sculture degli antichi guerrieri. Mettendo in atto un evento visivo in fondo coerente con la sua consueta maniera di manifestare le figure che sono infatti sempre apparentemente leggibili nelle sue opere, ma che, a ben vedere, risultano poi del tutto distanti dal realismo descrittivo.

Nella formazione, culturale e artistica, di Chia, essendo egli peraltro fiorentino, che influenza ha avuto, e quanto è stata determinante, la tradizione della nostra grande cultura artistica toscana e italiana in genere?

Nel lavoro di Chia – anche nell’intervento pittorico su questi antichi guerrieri cinesi – è possibile constatare la presenza della classicità, sempre venata e attraversata, tuttavia, da un sottile ed indefinibile delicato filo di ironia, quella che gli consente di mettere il suo personale spazio emotivo tra l’opera e l’artista. È la sua maniera di distanziarsi dalla difficile e pesante responsabilità dell’arte, di evitare il “naufragio creativo” del capolavoro non cercato. Perché Chia ha sempre bene a mente che nel XX secolo, dopo l’Orinatoio di Duchamp, i Quattro minuti e trentatré secondi di Cage, e il mitico Quadrato nero su fondo bianco di Malevic, è davvero difficile fare arte definibile d’avanguardia. Avendo coscienza che comunque la sua opera dichiara sempre ed esplicitamente, nel momento stesso in cui si manifesta clamorosamente, la determinata volontà e capacità di farsi storia. Forse perfino senza intenzione, perché con evidenza quello che egli realizza, in qualsiasi maniera, qualunque procedimento o materiale, è per Sandro Chia un inevitabile, irrinunciabile, e poetico progetto dell’arte.

 

Sandro Chia, I Guerrieri di Xian, A cura di Enzo Di Martino, Centro Saint-Bénin – Aosta 5 Dicembre 2015 – 8 Maggio 2016 Orario:

10-13 / 14-18 Chiuso il lunedì

Biglietto:

8 euro intero

5 euro ridotto

4 euro per i soci del Touring Club Italiano

entrata gratuita per i minori di 18 anni.

 

Per informazioni:  Regione autonoma Valle d’Aosta

tel. 0165.274401  u-mostre@regione.vda.it  Centro Saint-Bénin:

tel. 0165.272687  www.regione.vda.it