Sarebbe stato meglio tacere

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L’esternazione della Serracchiani è stata infelice per tante ragioni. Non ultima quella di aver deviato l’attenzione dell’opinione pubblica sulla “questione migranti” finendo così per obliare del tutto il fatto in sé e la questione vera: ossia la violenza sessuale maschile contro le donne. Per la quale ce la si può benissimo cavare con la generica ammissione che è sempre, «in ogni caso», una «cosa odiosa». Ha ben ragione chi afferma che per una donna l’orrore dello stupro non conosce differenze di etnia e cittadinanza, di ospiti e ospitanti. Chiunque lo commetta tradisce la comunità civile prima e fondamentale cui appartiene e che lo ha accolto: ossia l’umanità, senza confini e distinzioni. Il fatto di Trieste dice questo, ripropone per l’ennesima volta la bestialità della violenza di genere. Deviarne il significato verso la questione della “sicurezza” legata al problema delle migrazioni dice solo dell’ossessiva corsa del ceto politico alle parole che, sull’ insicurezza e la “paura”, possano procacciar un voto in più, qualunque e comunque. Serracchiani si spinge a chiedere un inasprimento delle pene e modifiche della legislazione per i migranti che tradiscono il “patto di fiducia dell’accoglienza” (concetto, peraltro, paurosamente dilatabile): non mica per tutti coloro che continuano a stuprare, dentro e fuori le “accoglienti” mura domestiche, e di qualsivoglia cittadinanza, ceppo etnico e provenienza, condizione sociale e confessione religiosa. Sarà bene il caso di dire che solo una profonda confusione politica può produrre tali assurdità.

Volontariamente o non, Serracchiani ha conseguito l’effetto logico “deviante” del suo intervento. Aiutata in ciò dal plauso di leghisti e fascisti, da amorevoli soccorritori e soccorritrici del suo partito, da maître à penser come Paolo Mieli che dalle celebrazioni teresiane in quel di Trieste tuona contro il volgo rozzo e ignorante, non all’altezza di comprendere che le parole di Serracchiani sono il frutto di letture alate e assiduamente sudate: nell’ordine, Iliade, Odissea, Divina Commedia. (Perbacco!). Anche Michele Serra su Repubblica, pervaso da ecumenico ma “intransigente” irenismo, dà manforte: lui i migranti se li porterebbe in casa pilotando personalmente i charter (!) e le navi (!). Li aiuterebbe a far «quattrini» affinché possano pagar le tasse (“lectio magistralis” che proprio il nostro Paese dispensa, notoriamente, a tutto il mondo!); costruirebbe moschee, estenderebbe loro cittadinanza e voto, in cambio dell’«intransigenza assoluta» nel rispetto delle «nostre leggi». Ottimo. Ma, perfettamente conscio del disastro civile e sociale in cui sono precipitati in Italia il mondo del lavoro e quello della scuola (nonché il rispetto delle «nostre leggi»!), omette per prudenza di far cenno ai fattori di integrazione civile fondamentali, su cui si giocano davvero le sorti di una vera sinistra di governo. Il suo discorso era stato un altro: riconoscere che laddove le condizioni economiche e sociali e le situazioni di emarginazione e di degrado civile e culturale siano di estrema difficoltà e sofferenza, lì si annidano le insicurezze vere, la vera paura, le pulsioni che spingono anche al reato. Strumentalmente accusato di giustificazionismo o peggio di connivenza col crimine, è questo il discorso fondamentale che oggi si rimuove del tutto, obliato il quale manca alla sinistra italiana ed europea un orientamento identitario di base per affrontare anche la questione delle migrazioni e la più vasta questione sociale. Dentro l’oblio di sé la sinistra nostrana sfodera sottili (!) disquisizioni sulla gradazione di inaccettabilità dello stupro, o ardui (!) dilemmi: se sia di destra o di sinistra riuscire a coniugare il diritto-obbligo di vaccinarsi con il diritto-obbligo di frequentare la scuola, o ancora se sia di sinistra o di destra sparare col favor delle tenebre. Con buona pace dei duecentocinquant’anni che ci separano dai Delitti di Beccaria e dall’ Innesto del vaiuolo di Parini, e dai loro “lumi”. E con buona pace delle donne: perché, si sa, lo stupro «è sempre odioso». (chiederlo a Briseide, nell’Iliade). E tant’è.

 

Luca Zorzenon