Scemocrazia, irrazionalità, pandemia

| | |

A proposito di qualche libro recente su come va il mondo

di Francesco Carbone

 

«Noi adesso siamo un impero, e quando agiamo creiamo la nostra realtà. E mentre voi studiate questa realtà, giudiziosamente come piace a voi, noi agiamo di nuovo e creiamo altre nuove realtà, che potete studiare a loro volta, ed è così che vanno le cose. Noi siamo gli attori della storia.»

(un consigliere di George W. Bush nel 2004, a Ron Suskind, allora editorialista del Wall Street Journal)

 

«È stata un gran flagello questa peste; ma è anche stata una scopa; ha spazzato via certi soggetti, che, figliuoli miei, non ce ne liberavamo più»

(Alessandro Manzoni, I promessi sposi, capitolo XXXVIII)

 

 

Cosa vorrà dire che nelle 400 pagine del saggio di storia della filosofia, Irrazionalità. Storia del lato oscuro della ragione di Justin E. H. Smith Cartesio venga citato una trentina di volte, Hegel quattro, Leibniz venticinque, e Donald Trump cinquanta?

Che l’ex-presidente degli Stati Uniti possa essere considerato una figura dell’irrazionalità attuale, è un dato di fatto che pare ne scalfisca poco il consenso. Si potrebbe dire anzi che proprio la sua specifica irrazionalità sia uno dei motivi essenziali del favore di cui gode. Trump merita tutta le citazioni che gli dedica Smith: il feroce e senile bambinone è l’ultima manifestazione di una storia millenaria, il caso estremo che «da un legno storto com’è quello di cui l’uomo è fatto non può uscire nulla di interamente diritto» (I. Kant, Scritti politici, UTET 1956): già un miracolo che non venga stortissimo. È questa la tesi essenziale del saggio di Smith: «ciò che rende unici noi esseri umani è la nostra irrazionalità. Siamo l’animale irrazionale». Pretenderemo mica di essere saggi e misurati come un colibrì o una formica?

 

E veniamo all’inizio. Smith, filosofo americano che insegna a Parigi (in italiano Einaudi aveva pubblicato nel 2016 Il filosofo. Una storia in sei figure), comincia con un aneddoto celebre: Ippaso – il più importante dei pitagorici – quando scoprì che la diagonale del quadrato non ha un rapporto misurabile esattamente con il suo lato, lo comunicò imprudentemente ai compagni della sua scuola. Pare che fossero su una barca: alcuni di questi, turbati dalla rivelazione che possano esistere proporzioni – e quindi numeri – irrazionali, lo affogarono, credendo con lui di annegare il problema di cosa sia mai un numero che oggi scriviamo così: √2.

La pratica di far fuori i sapienti quando arrivano a conclusioni noiose, pare sia tornata di moda nei confronti di medici e infermieri che non soddisfano a pieno le esigenze fantastiche di pazienti tutt’altro che resilienti. Per citare il caso più famoso, da quando ha cominciato a fare il suo dovere informando gli americani sulle terribili conseguenze del Covid-19, per non fargli fare la fine di Ippaso, l’immunologo Anthony Fauci deve vivere accompagnato da una scorta di sei agenti.

Questo per dire che Irrazionalità è un saggio che può dare molto da pensare in questi nostri giorni pandemici e forse definitivamente panstupidi. Dall’irrazionalità, prima di tutto dalla nostra, non ci si difende mai abbastanza, e quindi Smith ci serve.

 

Torniamo al quadrato di Ippaso: la formula per calcolare la sua diagonale moltiplica la lunghezza del lato per appunto √2, e la radice di 2 è impossibile da scrivere completamente: 1.41421356237… eccetera. La diagonale del quadrato è dunque un mistero per i suoi stessi lati, come la circonferenza di un cerchio lo è per il suo diametro. Persino nella matematica pura proliferano dunque situazioni irrimediabilmente irrazionali. Ed è questo un altro concetto essenziale del libro di Smith: «questa è la storia della razionalità e dunque anche dell’irrazionalità che le è gemella». L’irrazionale abita dentro ogni possibile razionalità: direbbe Carl Gustav Jung, come la sua ombra ineliminabile. C’è un Mister Hyde dentro ogni Dottor Jekyll e, per restare all’America, non ci sarebbe stato un Trump senza una famiglia Clinton dall’altra parte: su questo vedi il bellissimo Ben Fontain, America brucia ancora, minimun fax 2020, ed. or. 2016.

Non solo: essendo il rapporto tra razionalità e irrazionalità mobile e instabile come la salute di un individuo, può ben accadere che intere società si ammalino. Su questo il saggio più bello, tra quelli recenti, è Paranoia di Luigi Zoja (Boringhieri 2011). Quanto ancora a Trump, non è illecito pensare che sia stato sconfitto, molto più che dalla quieta campagna elettorale dei democratici, dal covid-19 e dall’aver ascoltato troppo poco il dott. Fauci: che insomma, proprio come nei Promessi sposi, sia stata la «scopa» dell’epidemia a liberarci, almeno per il momento, da quanto di peggio gli USA abbiano offerto in questi anni.

 

Ci avverte dunque Smith che la storia della lotta inestricabile (Eraclito direbbe il pòlemos) tra le sorelle siamesi razionalità & irrazionalità è «una storia lunga e ripetitiva», e ìmpari: tra le due gemelle, l’irrazionalità «forse ha sempre regnato, mentre i periodi storici in cui gli uomini sono convinti di riuscire a tenerla a bada sono pochi e distanti tra loro». Di più: proprio perché parte essenziale di quell’unico «animale non stabilizzato» che è l’uomo (F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, I ed. 1885), tutti gli sforzi per sradicarla saranno – come quelli del dott. Jekyll per fare di sé un angelicato dottore vittoriano – «estremamente irrazionali».

 

Le stelle polari di Smith sono state soprattutto due: la Storia della follia nell’età classica di Michel Foucault (I ed. 1961), perché anche la sua è una «storia» (Nietzsche avrebbe detto una genealogia) che cerca di spiegare «come il mondo attuale è diventato così com’è»; l’altra è la Dialettica dell’Illuminismo di Horkheimer e Adorno (Einaudi, 1980, I ed. 1947).

Qui entriamo nella selva di pensieri più problematica, perché Adorno e Horkheimer ripercorsero la storia dell’Illuminismo come una parabola che, riassume Smith, ben oltre l’approdo provvisorio alla rivoluzione francese, «tendeva naturalmente verso il fascismo». Potremmo parafrasare noi italiani: al contrario di come s’illudeva Benedetto Croce (La libertà italiana nella libertà del mondo, 1944), il fascismo non è mai una parentesi, una invasione di Hyksos, ma un esito di come sta andando il mondo. Non solo quando ci fa comodo «il reale è razionale» (G. F. W. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, I ed. 1821): soprattutto quando non ci piace dovremmo esercitarci a cercare di capire. Gramsci in carcere ci provò.

L’edizione originale di Irrazionalità è del 2019. Facile immaginare che Smith abbia visto nei fatti recentissimi una serie di conferme persino grottesche delle sue analisi: gli spostati che vagano per le stanze del Campidoglio in cerca dell’intrepida Nancy Pelosi e del pavido Mike Pence per linciarli – basta vedere le foto – brandiscono sempre un cellulare. Con quello si fotografano, postano video subito virali, diffondono messaggi sanguinari… dopo di che, tornano a casa. A monte di Trump, e di qualunque possibile discorso politico, oggi c’è la progettualità potentissima della Silicon Valley che, «a volte consapevolmente e a volte no», promuove una cultura ormai «post-illuministica e postdemocratica» in cui il profitto è tutto.

 

Sempre per cercare di capire cosa ci sia a monte di tanta «irrazionalità», è utile un libro molto diverso, che però ci conferma da quanto lontano venga l’onda dei fatti recenti: è Perché tanti uomini incompetenti diventano leader? di Tomas Chamorro-Premuzic (Egea 2020), un’autorità nel campo del talent management. Chamorro-Premuzic ci mostra come sia insito nella logica stessa di ogni apparato burocratico o aziendale scegliere leader maschi, alti, tendenzialmente paranoici, narcisisti e megalomani. Tutto questo applicando procedure del tutto logiche e, come si ama dire ingannandosi, oggettive: spesso, ormai, demandandone l’applicazione a degli algoritmi.

Tutto dunque può essere logico e pazzo allo stesso tempo: basti pensare alle guerre. Sul potere servile della logica, Smith riprende opportunamente un pensiero di Pierre Gassendi (1592–1655), il quale riconosceva che «la logica è l’arte di ordinare i nostri pensieri, e non la forza che rende il mondo stesso un tutto ordinato piuttosto che un oscuro caos». Un paranoico, per esempio, è certamente logico nella sua convinzione che il mondo abbia ordito un complotto contro di lui, e proprio per questo è pazzo. Il punto è che mai come oggi tutto questo è potenziato dalla tecnologia dei social, propinatori di mondi virtuali creati su misura di ogni possibile utente, sempre più avulso da quella cosa ben più complessa che oseremo chiamare il mondo vero. Una volta rinchiusa una persona in una bolla (social bot), facile innestarvi quello che i logici chiamano «principio di esplosione», per cui, «una volta che hai introdotto la menzogna nella tua argomentazione, puoi dire quello che vuoi». Prima conseguenza pratica per Smith: chiudere il suo account Facebook, «una piaga per l’umanità peggiore di qualsiasi droga».

 

Certo una storia dell’irrazionalità potrebbe essere più lunga dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert; ma forse qualcosa poteva essere scritto su un presupposto essenziale di quest’analisi, che è la distruzione della memoria (vedi di Francesco Germinario Un mondo senza storia?, Asterios 2017). Azzerato il ricordo del passato, si può davvero dire tutto e rinnegarlo un attimo dopo. Anche perché, mentre la bugia è svelta e corre leggera per mezzo mondo, «la verità si sta ancora allacciando le scarpe» (Mark Twain).

In ogni caso, queste sono tutte cose che fanno una gran voglia di tornare a leggere il Dizionario filosofico di Voltaire (1764).

 

 

Justin E. H. Smith

Irrazionalità. Storia del lato

oscuro della ragione

Ponte delle Grazie, Milano 2020

  1. 420, euro 29,00