ShorTS 18: L’ARTE DEL SILENZIO IN FORMA DI CORTO

L’ARTE DEL SILENZIO IN FORMA DI CORTO

di Stefano Crisafulli

 

 

 

Quando inizia lo Shorts International Film Festival, di solito è già estate. Eppure la serata di domenica 1/7 ha smentito questo assunto perché, a causa del vento forte e delle nubi minacciose che veleggiavano sopra Piazza Verdi, la visione dei cortometraggi si è dovuta spostare al Teatro Miela. Location meno suggestiva, forse, ma sicuramente adatta alla bisogna, considerando anche il vantaggio ulteriore di non avere il caos della ‘movida’ a due passi. Passiamo, dunque, alla sfornata di cortometraggi in programma: dieci in tutto, di cui due (Catherine del belga Brit Raes e Hypertrain degli svizzeri Etienne Compis e Fela Bellotto) di animazione. Diciamo subito che è stata una serata particolarmente fortunata, perché la maggior parte delle opere era di buona qualità, come il surreale russo-lituano Milk di Daria Vlasova, il misterioso Hoissuru di Armand Rovira e il sorprendente Ordalie di Sacha Barbin, ma che ne verranno prese in considerazione soprattutto due: Alone, Naturally della spagnola Elena Miravitlles, e Artem silendi del francese Frank Ychou.

alone naturallyNel primo corto, Alone, Naturally, si parla di solitudine. Seymour è un postino trentenne che non riesce a dare senso alla sua vita, perché ha difficoltà ad instaurare rapporti umani. E forse proprio per questa sua difficoltà crede nella possibilità di comunicazione con gli extraterrestri. Per sua fortuna non è l’unico: anche Frank, un altro solitario di pochissime parole, ha la stessa convinzione. I due si incontrano a Montserrat, in montagna, e, pur non scambiando alcuna frase, aspettano l’arrivo degli ufo, spesso con abbigliamenti improbabili e attrezzature di vario tipo: cappellini argentei, binocoli e due magliette con sopra scritto, rispettivamente, ‘welcome’ e ‘home’. Il cortometraggio della regista spagnola affronta il tema dell’incomunicabilità, mai così attuale nell’epoca dei ‘social’, con una lieve ironia e con un certo affetto per il protagonista, che forse non comunicherà con gli extraterrestri, ma avrà in cambio un nuovo amico.

Artem silendiArtem silendi di Frank Ychou è probabilmente il candidato alla vittoria di uno dei premi in palio. Anche solo per la durata: 7 minuti, un corto vero, rispetto ad alcuni ‘finti corti’ che durano venti minuti; se durano troppo, corti non sono e quindi peccano di sintesi. Non è questo il caso, perché ogni immagine di Artem silendi è necessaria al racconto, di per sé fulmineo. In un convento un gruppo di suore votate al silenzio sta per cenare. Arrivano i pesci su un carrello sbilenco e cigolante portato da una suora anziana e già questo particolare risulta esilarante. Poi le ‘sorelle’ si passano il piatto con la cena e le ultime due sono poste di fronte a un dilemma etico: rimangono solo due pesci, uno grande e uno piccolo. A chi toccherà quello piccolo? Entrambe fanno un po’ di complimenti (‘prego..’, ‘si figuri..’.. tutto senza parole), ma alla fine una delle due si prende quello grande. L’altra, che non se l’aspettava, invidiosa della collega, si vendica allentando il tappo del sale, con le conseguenze del caso. La disfida è interrotta dalla madre superiora, che trova una soluzione perfidamente ecumenica, ispirata da un’immagine sacra. Ma troppo sale, come si sa, fa sete…