SHORTS: LO SGUARDO SUL PRESENTE

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SHORTS:

LO SGUARDO SUL PRESENTE DELLE NUOVE IMPRONTE

di Alan Viezzoli

 

Ormai da diversi anni, alla sezione “Maremetraggio” di Shorts International Film Festival, quella più classica e iconica dedicata ai cortometraggi, si affianca la sezione “Nuove Impronte”, in cui sette registi italiani non ancora affermati si contendono il premio per il miglior lungometraggio. La scelta delle opere proposte, realizzata da Beatrice Fiorentino, critica cinematografica per Il Piccolo e selezionatrice per la Settimana Internazionale della Critica, si è concentrata su film di registi emergenti che non abbiano trovato una distribuzione in sala o la cui distribuzione sia stata molto ridotta e limitata.

Volendo trovare un filo rosso che unisca i sette film presentati quest’anno a “Nuove Impronte”, sicuramente è lo sguardo sul presente, spesso in forma documentaristica, per testimoniare e veicolare allo spettatore una realtà di disagio sociale con cui sempre di più dobbiamo fare i conti ogni giorno.

È un documentario a tutti gli effetti Happy Winter di Giovanni Totaro, in cui viene raccontata un’estate a Mondello, presso Palermo dove la spiaggia affollata diventa specchio della società di oggi, tra problemi e contraddizioni.

È un documentario a tutti gli effetti The First Shot di Federico Francioni e Cheng Yan. I due registi raccontano i cambiamenti che la Cina ha subito nel corso del ‘900 tramite tre ragazzi che sono nati nel 1990, cioè dopo la rivolta di Tien’anmen, l’ultimo atto di ribellione di una rivoluzione iniziata nel 1911. Tre modi diversi di vivere una nazione estremamente repressiva, che si rispecchia nei loro silenzi e nei loro sguardi vuoti, alla ricerca di un modo per essere liberi.

È praticamente un documentario CittàGiardino di Marco Piccarreda, in cui si seguono sei minorenni in un centro immigrati mentre cercano di costruirsi uno spazio in un Paese che non è il loro.

È quasi un documentario Veleno di Diego Olivares, in cui si racconta di Rosaria (Luisa Ranieri) e Cosimo (Massimiliano Gallo), due contadini che si battono affinché la loro terra non venga inquinata dai rifiuti tossici della Terra dei Fuochi. Il film è di finzione ma la storia che racconta è drammaticamente reale – e per raccontarla il regista ha usato anche Salvatore Esposito, divo di Gomorra, per creare una sorta di legame spirituale tra le due opere.

È quasi un documentario anche La terra dell’abbastanza di Damiano e Fabio D’Innocenzo: la storia è quella di due ragazzi e del padre di uno di loro (interpretato magistralmente da Max Tortora al suo primo ruolo drammatico) che riescono a entrare in un clan malavitoso locale, rendendosi conto che la nuova vita non è così semplice come avevano creduto all’inizio. Presentato nella sezione “Panorama” della Berlinale 2018, il film è uno spaccato di vita della periferia romana meravigliosamente raccontato dai D’Innocenzo, in cui si sentono echi di Anime nere e di Non essere cattivo.

È uno sguardo vivo sul presente Gatta Cenerentola di Alessandro Rak, film d’animazione realizzato in forma di musical in cui la fiaba di Basile viene riadattata ambientandola in una Napoli del futuro che ricorda da vicino l’Italia di oggi, tra squallore e malaffare, che solo una ragazzina riuscirà a risollevare.

E, se vogliamo, anche The End? – L’inferno fuori di Daniele Misischia ha un suo sguardo sul presente. Pur essendo a tutti gli effetti uno zombie-movie ambientato nel centro di Roma, ci si può leggere una critica sociale che non arriva mai ai livelli di Romero ma che fotografa comunque una società arrogante ed egoista, pronta a sfruttare il prossimo nel momento del bisogno.