Slanci multiculturali fra Nizza e Trieste

| | |

“Costa Azzurra cosmopolita” alla Biennale Internazionale Donne 2019

di Enzo Santese

 

Quando gli spazi dotati di una ricca storia pregressa, ma con intermittente utilizzo nell’attualità, trovano il modo di riempirsi di sollecitazioni alla riflessione, ciò va ascritto come contributo essenziale alla dinamica culturale di una città, Trieste, che sembra avviata verso quel punto in cui non valgono più gli alibi del non fare “per la mancanza di finanziamenti”. Le donne hanno dimostrato che le difficoltà, anche quelle apparentemente insormontabili, possono essere neutralizzate quando c’è un minimo di strategia e un massimo di solidarietà e collaborazione.

“BID19” designa sinteticamente la “Biennale Internazionale Donne di quest’anno, aperta fino al 26 maggio entro un contenitore, il Magazzino 26 del Porto Vecchio di Trieste, che è sede di prestigio ormai consolidato sia per la sua storia passata sia per la cronaca recente. L’iniziativa, mastodontica nelle sue dimensioni, rende oggettivamente difficile l’armonizzazione delle presenze in un contesto che per il comitato organizzativo richiederebbe più tempo a disposizione e uno staff senz’altro più nutrito. Barbara Fornasir è in ogni caso una garanzia di sicura riuscita dell’evento dal momento che si sobbarca ogni volta il compito oneroso dell’allestimento, espletato al solito con grande professionalità e gusto nella fruizione degli spazi. Il che non significa che manchino le discrasie e le sbavature (per usare un termine eufemistico); forse una selezione più severa eviterebbe gli sconfinamenti nei fenomeni da baraccone con proposte che vorrebbero sorprendere gli osservatori per la loro presunta novità e, invece, replicano moduli già percorsi dalla ricerca artistica di qualche decennio fa. In ogni caso la manifestazione merita assolutamente di proseguire negli anni a venire, cercando soprattutto una distinzione tra le artiste invitate e quelle ammesse su loro richiesta; sarebbe già sufficiente per dare al tutto il tocco di una vetrina attendibile nelle proposte e suggestiva negli stimoli offerti. In ogni situazione di questo genere peraltro è utile soffermarsi su ciò che di positivo e interessante emerge dalla kermesse, dal momento che le proposte degne di credito sono diverse. Apprezzabile è l’idea di eleggere il luogo a contenitore di eventi con musica, performance e poesia da realizzare nei numerosi incontri programmati durante lo svolgimento della rassegna; in tal modo la Biennale vive di esperienze multiple che dal visivo passano al sonoro, dal teatrale al musicale.

Una partecipazione qualificante è senza dubbio quella di una realtà che esprime con forza il marchio programmatico della BID19, cioè l’internazionalità. A questo hanno pensato alcune artiste del gruppo “Costa azzurra cosmopolita” che appartengono a mondi diversi ma risiedono tutte nella regione francese con capoluogo Nizza. In uno spazio dedicato si confrontano con la realtà triestina e con le molteplici confluenze culturali nella città giuliana. Il loro arrivo è la conferma di un trend proficuo di scambi avvenuti in questi anni recenti tra gli artisti triestini e quelli dell’area del fiume Varo in Francia. Esiste una decisa assonanza tra la vocazione di quel luogo e Trieste, da sempre protesa all’ascolto e alla ricezione di stimoli culturali provenienti dal mondo tedesco e slavo soprattutto. Le artiste ospitate nello spazio di “Costa azzurra cosmopolita” sono Landi Diana, Svetà Marlier, Nivèse Oscari, Teresa Wilkelmann Pisani, Caroll Rosso Cicogna, Saez Ica, Usta Silva, Wei Ting Huang, Alexandra Mitakidis.

Landi Diana, bolognese, si caratterizza per la sua ricerca nell’ambito della scultura e del mosaico, una tecnica che le consente di comporre immagini appartenenti a un ampio ventaglio formale. Nella mostra dedicata al Gruppo “Costa Azzurra cosmopolita” i due riquadri musivi colgono due opzioni diverse: da una parte una sorta di lacerto classico, nell’altro uno scorcio paesaggistico turrito.

La russa Svetà Marlier rivela un tratto della sua formazione alla Scuola Cinematografica di Mosca componendo in acrilico e pietra nera una scena circense che ha un deciso impatto scenografico, anche per l’accostamento di presenze tra loro incongrue, con l’idea di uno spettacolo che è parafrasi della complessità della realtà contemporanea. Il disegno è una delle connotazioni portanti della sua poetica, sospinta a coniugare dato narrativo ed evocativo dentro il territorio del simbolo.

Nivèse Oscari, nata ad Albona, fino all’adolescenza in Belgio dove si era trasferita la famiglia, si stabilisce a Nizza segnalandosi subito all’Accademia di arti plastiche di Villa Arson per il suo talento. Non è un caso che abbia trovato posto nella famosa scuola di Nizza che, attiva sulla Costa azzurra dal 1950, si è sviluppata assumendo subito un rilievo internazionale con successive aggregazioni che hanno visto partecipi artisti del calibro di Arman Albert Chubac, Yves Klein, Martial Raysse, Sasha Sosno, Louis Cane. Il fatto che Nivèse sia l’unica donna ad essersi affermata in questo movimento artistico è chiaramente indicativo di una forte personalità, espressa in un’arte dove confluiscono numerose suggestioni elaborate dall’artista dentro risultati pienamente riconoscibili come suoi. Nella rassegna al Magazzino 26 è presente con un’opera del 2009 derivata da un collage su tela, che richiama il senso profondo della sua militanza culturale: “La via blu della Scuola di Nizza”.

Teresa Wilkelmann Pisani, londinese di nascita, residente tra Mauritius e Saint Jean Cap Ferrat, coglie il nesso tra musica e arte figurativa in una tela che contiene una nervatura segnica entro la quale le masse cromatiche in bassa tonalità si sistemano con pur minimi accenni di figuralità all’interno di una composizione che il colore imprime con la sua allusione alla profondità.

Caroll Rosso Cicogna, nata a Bruxelles da padre americano e madre belga, vive tra Nizza e Trieste e proprio per questo è l’effettivo punto di contatto tra le due realtà che così si confrontano anche sulla base delle rispettive peculiarità multiculturali. Autrice del progetto “Costa azzurra cosmopolita”, si dedica da tempo alla pittura di ispirazione sacra, un genere che annovera molti replicanti, ma pochi artisti autentici. Caroll è una di questi e la sua formazione prende l’avvio da maestri riconosciuti per la loro aderenza alla tradizione iconografica e miniaturistica. La sua opera “Oltre Santiago” rivela una delle tensioni creative perseguite nella recente fase della ricerca: la convergenza di figura e astrazione che, pur distinte anche formalmente all’interno dell’opera, dialogano in armonia spirituale tra loro. E tutto avviene sempre secondo i canoni classici che prevedono l’utilizzo della foglia d’oro in combinazione con i colori squillanti e luminosi del contesto.

Nella personalità di Saez Ica si stratificano derivazioni irlandesi, italiane, spagnole e suggestioni assunte nelle permanenze in Norvegia e negli Stati Uniti. Dopo aver impegnato la sua creatività nella moda, si è dedicata a una ricerca che ora privilegia la scomposizione completa della realtà in vortici di colore e interventi segnici anche incisi, che lasciano intravedere la luce degli “ori dell’oriente”, come recita il titolo della sua opera.

Usta Silva di origine armena, è nata a Istanbul, frequenta diversi generi che le consentono una notevole confidenza con i materiali (preziosi e semipreziosi per i gioielli), e con i colori che poi traspone sullo spazio della tela come fossero le evidenze visibili della sua interiorità, sommossa dagli stati d’animo che presiedono alla realizzazione di ogni opera. La forza cromatica fa imprimere all’opera il dato dell’orizzonte in un paesaggio visionario percorso da fibrillazioni e incandescenze verticali.

La cinese di Taiwan, Wei Ting Huang, sviluppa un movimento nello spazio della tela, non a caso intitolata “Danse /Danza” che ondula il segno lasciando trasparire il gesto che lo ha prodotto. La tela è una finestra su un vortice di corrente che si situa sul crinale tra tensione astratta e figurativa e pare sul punto di precisarci come realtà effettiva.

A queste artiste si aggiunge la presenza di Alexandra Mitakidis, fotografa triestina di origine greca, che ha da sempre una particolare predilezione per Nizza e la Costa Azzurra. Infatti in rassegna vi sono due immagini (in una lo scorcio della “Promenade des Anglais” e nell’altra un’inquadratura della Fondazione Maeght di Saint Paul de Vence) che, elaborate al computer, perdono il senso di una fisicità reale per trasferirsi in un ambito memoriale quando non onirico. Le due opere sono state scelte anche per le aperture dei pannelli didascalici della mostra.