Solo per ringraziare

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La bella vita del critico d’arte (12)

di Giancarlo Pauletto

 

Dall’autunno del 1993 e per quattro anni consecutivi fui direttore della Galleria d’Arte “Ai Molini” di Portogruaro.

Ai Molini avevo imparato a guardare i quadri, per i Molini avevo scritto, ventenne o poco più, le primissime presentazioni in catalogo, ai Molini tornavo, dopo trent’anni, a organizzare mostre.

La cosa aveva avuto, qualche tempo prima, un inizio piuttosto buffo.

L’Amministrazione comunale mi aveva mandato una lettera in cui annunciava la sua intenzione di riaprire la galleria, dopo alterne vicissitudini.

Mi chiedeva, molto gentilmente, di assumermi l’incarico di dirigerla “a titolo onorifico”.

In altri termini se io avessi – poniamo – deciso di proporre una personale ad un pittore di Venezia, o di Treviso, o di Udine, o di Trieste, sarei andato, avrei scelto, avrei concordato, avrei scritto, allestito, presentato e magari – come alcune volte poi effettivamente accadde  – scopato il pavimento della galleria sempre a mie spese, avendo in cambio l’onore – che tale, peraltro, consideravo – di esserne il direttore.

La cosa mi sembrò singolare, visto che ad ogni consigliere comunale spettava, per le sedute di consiglio, un gettone di presenza.

Risposi, sempre molto gentilmente e per dirla in estrema sintesi, che non ero in grado di finanziare le attività del Comune con i miei – pochi – soldi.

La cosa si fermò lì.

L’Amministrazione poi cambiò, e mi rifece la proposta chiedendomi, contestualmente, quale poteva essere il mio compenso per la programmazione e l’allestimento di cinque, sei mostre l’anno.

Proposi una cifra certamente modesta, ma tale da coprire le presumibili spese e riconoscere, almeno in parte, quantità e qualità del lavoro che sarei stato chiamato a svolgere.

Tutto andò per il meglio, anche perché fu accettata la mia proposta di gestione, che prevedeva un incarico per due anni – in modo che si potessero programmare almeno una decina di mostre, secondo un piano e un criterio da approvare -; rinnovabile ancora per un biennio, e poi basta.

Basta perché qualunque direttore, come ovvio, avrebbe agito secondo le sue idee e non era bene che ciò si prolungasse troppo a lungo, occorreva invece prevedere dei cambi che dessero aria ad altre idee, ad altre direzioni.

Realizzai, con una certa soddisfazione, venticinque esposizioni, documentate in piccoli cataloghi fatti senza grandi pretese, dati i mezzi a disposizione. Essi sono comunque lì a ricordare un lavoro compiuto, sulla scia di un’impresa culturalmente nobile che era cominciata negli anni cinquanta e il cui passato, nella prima mostra, volli doverosamente ricordare.

Essa si intitolava Omaggio ai vecchi Molini. Opere e artisti negli anni cinquanta.

Girai varie settimane a recuperare quadri e sculture nelle case di Portogruaro e di vari comuni vicini, sapevo che le esposizioni degli anni cinquanta avevano depositato presso i collezionisti locali un discreto numero di lavori di qualità, trovai dappertutto accoglienza e qualche volta anche un buon bicchiere, versato e bevuto ricordando i bei tempi andati quando io, ancora in pantaloni corti, mi intrufolavo a vedere cose che nessuno mi aveva invitato a vedere, e il mio interlocutore, già anziano, con più marcata nostalgia di me che ero allora appena un cinquantenne, ricordava la sua giovinezza, le sue amicizie, gli allegri conversari e le generose cene in compagnia.

Non è per pignoleria che cito, qui di seguito, tutti gli autori che erano presenti in quella prima, ormai lontana esposizione: la lista – in realtà incompleta ma documentare ogni passaggio risultò impossibile – testimonia, per chi abbia una conoscenza non troppo superficiale di luoghi e tempi,  un livello artistico assolutamente ragguardevole, che faceva di Portogruaro, tra Venezia e Trieste, un importante luogo dell’arte contemporanea.

Eccoli, in ordine quasi alfabetico: Russolo, Anzil, Balest, Barbaro, Barbisan, Borsato, Buso, Candiani, Celiberti, Coletti, Ciussi, Culòs, Da Osimo, Darzino, De Cillia, De Giorgis, De Rocco, Farulli, Filippi, Furlan, Liusso, Longo, Malatrasi, Magnolato, Marangoni, Moretti, Novati, Perizi, Poclec, Roma, Sam, Sartorelli, Semeghini, Tramontin, Variola, Wolf, Zancanaro, Zigaina.

La Galleria pescava, appunto e ovviamente, tra Venezia e Trieste, con ampie incursioni nel trevigiano, e senza trascurare qualche puntata in Slovenia (Poclec) e in Trentino (Wolf).

Senza soffermarmi su ciascuno, che occuperebbe davvero troppe pagine, farò alcune specificazioni magari non inutili, specie se l’eventuale lettore abbia meno di sessant’anni.

Russolo era proprio il Russolo futurista, il Luigi che, come quasi tutti sanno, era portogruarese di nascita, firmò il manifesto tecnico della pittura futurista assieme a Boccioni, Carrà, Balla e Severini e soprattutto firmò L’arte dei rumori, invenzione di una nuova “musica”, che anticipava varie idee sviluppate nel corso del Novecento.

Anzil era nel pieno della sua fase neorealista, Balest, Barbaro, Borsato erano tra gli emergenti della pittura veneziana – mentre Novati era uno dei vecchi maestri -; il trevigiano Barbisan si stava imponendo come uno dei maggiori incisori italiani, come del resto il sanvitese Tramontin e  Tranquillo Marangoni, xilografo di Monfalcone; Cesco Magnolato, di San Donà di Piave, aveva appena vinto, nel 1954, il premio per l’incisione alla Biennale di Venezia;  Buso, Coletti, Darzino, De Giorgis, Gina Roma erano tra i nomi più apprezzati dell’area trevigiana, così come Zigaina, Celiberti e Ciussi tra i giovani pittori friulani, mentre alla vecchia generazione, sempre friulana, appartenevano De Cillia, Liusso, Variola, e in mezzo tra i due gruppi si collocavano, biograficamente, Moretti, De Rocco e Sam.

Di Portogruaro erano Filippi e Lenci Sartorelli, mentre Semeghini Zancanaro e Farulli erano nomi decisamente “nazionali”.

Dopo la prima ne vennero, come dicevo, altre ventiquattro, volte a far conoscere “maestri” e giovani artisti, con una puntata anche in Slovenia, dalla quale giunse una interessantissima esposizione di gruppo che “testava” alcune delle posizioni artistiche più importanti del vicino paese: la pittura tra espressionismo e neocubismo di Lucijan Bratuš, la rigorosa astrazione cromatico-geometrica di Danilo Jejčič, le fantasie miticheggianti di Erik Lovko, la sensibilissima scultura “popolaresca” di Zmago Posega, la fotografia fantasiosamente surrealista di Matiaž Prešeren.

Non posso, naturalmente, soffermarmi su tutte le esposizioni, ma qualcuna ebbe – al di là della giustificazione qualitativa, senza la quale in arte nulla esiste – aspetti particolari che non mi dispiace ricordare.

Per esempio la mostra che intitolai Grande Grafica. Dugo Vedova Zec Zigaina, organizzata in collaborazione con la stamperia d’arte udinese di Corrado Albicocco, anche oggi apprezzatissimo stampatore per artisti nazionali ed internazionali.

L’intenzione era di colpire i visitatori – che non erano pochi, viaggiarono costantemente tra un minimo di cinquecento persone a punte di mille, milleduecento e più: va anche detto che i due mulini sul Lemene, in mezzo alla città, erano un naturale polo d’attrazione – non solo con la grande qualità delle incisioni, ma anche con la loro dimensione, spesso superiore al metro, con un’opera di Vedova che toccava, se ricordo bene, i due metri di base.

Si voleva insomma, attraverso la qualità e l’imponenza dei formati, esprimere una forza pedagogica che contribuisse ad istituire nella memoria del visitatore «un circolo virtuoso, che facesse stabilmente entrare nella sua coscienza un’attenzione sveglia e creativa per i linguaggi calcografici».

Buonissime intenzioni, come si vede, un po’ raffreddate – ma aveva ragione lui – da un rimprovero di Vedova che mi arrivò attraverso due righe della moglie, in cui si lamentava – a ragione, ripeto – la cattiva riuscita delle sue riproduzioni nel piccolo catalogo.

Ma tutte, a dire il vero, erano venute così così, gli altri autori tuttavia non si erano lamentati, forse più indulgenti verso le possibilità operative del curatore.

Ebbero la mia gratitudine.

 

Virgilio Tramontin

I molini a Portogruaro

acquaforte, 1950 ca.