SPECIALE SG Una strana bottega d’antiquiario

|

di Marco Menato

 

Nel 1919, Umberto Saba acquista insieme all’amico Giorgio Fano la libreria in via San Nicolò a Trieste, attiva dal 1898, dal 1904 di proprietà di Giuseppe Maylander, che con il trasferimento a Bologna si rivelerà imprenditore di vaglia nel settore editoriale. Per sgombrare il campo dalla mitologia creata da Saba stesso, bisogna specificare che all’epoca, Saba, pur dedicandosi alla poesia, aveva già maturato una certa esperienza nell’ambito commerciale e che è improbabile che l’acquisto sia avvenuto di getto, all’improvviso, quasi rapito da un destino, ma che invece i conttati con il libraio ed editore Maylander siano stati più costanti di quanto sia emerso finora dalle carte. Altrimenti non è facile giustificare, per esempio, lo sconto non indifferente praticato da Maylander. Purtroppo su tutta la prima fase della vita della libreria, fino agli anni Trenta, non esiste una adeguata documentazione amministrativa, dato che non è più reperibile il fascicolo intestato alla libreria che doveva essere conservato nell’archivio della Camera di Commercio triestina (mentre invece è posseduto il secondo fascicolo, meno interessante, dal 1933 al 1958).

Dopo una prima idea di rivendere lo spazio vuoto (così scrive più tardi Saba), pensa che il mestiere di libraio possa essere finalmente la soluzione della sua vita. Libera dal contratto l’amico Fano, che sembra non avere le medesime idee di gestione, e fino alla morte (a Gorizia, nella clinica Villa san Giusto, il 25 agosto del 1957) gestisce con successo la libreria nella quale si potevano trovare manoscritti, carte geografiche, libri d’antiquariato ma soprattutto buon usato, quello che oggi è definito con un brutto termine “modernariato”, e che in una città come Trieste appena entrata nel nuovo Regno d’Italia, mancava del tutto.

Imparò il mestiere frequentando i maggiori antiquari del tempo, a Firenze Tammaro De Marinis e a Milano Mario Armanni, che furono anche i suoi rifornitori privilegiati di libri antichi, ma non è escluso che anche Maylander gli abbia fatta un po’ di scuola. Dal 1924, dopo alcune sfortunate esperienze femminili, Saba assume un commesso, Carlo Cerne, di appena diciassette anni. Il Carletto, ricordato con affetto e stima in molti versi e prose, diventerà per stessa ammissione di Saba “un bravissimo libraio” e continuerà a gestire la libreria fino al 1981, quando gli succederà il figlio Mario.

La Libreria, per incrementare le vendite e per farsi conoscere oltre Trieste, dal settembre 1923 e fino alla fine del 1982 pubblicò, generalmente con cadenza trimestrale, 240 cataloghi di vendita (dei quali 150 curati da Saba). Le raccolte maggiori di tali cataloghi, ora rari (specie la serie compilata da Saba), sono conservate dalla Libreria Saba e dalla Biblioteca Statale Isontina di Gorizia, ma ad ambedue manca il primo numero, noto fino ad ora in due collezioni private. Per questo motivo, il primo catalogo con un adeguato apparato critico-bibliografico è stato ristampato dalla casa editrice Biblohaus nel 2011.

I cataloghi furono compilati sempre da Saba ed in seguito da Carletto e poi da Mario, che dopo la morte del padre decise però di interrompere la illustre tradizione dei cataloghi a stampa, che sono in effetti l’unica testimonianza fisica di una lunga e proficua attività bibliografica e commerciale. Ma non si sa per quale motivo gli studiosi (da ultimo anche Stefano Carrai nella monografia sabiana appena edita da Salerno) abbiamo sempre messo sotto una luce tenue le capacità bibliografiche e imprenditoriali di Saba, che invece risultano ben evidenti e dal carteggio con l’amico Aldo Fortuna, avvocato a Firenze, e dall’esame complessivo dei cataloghi: “Senza intendermi affatto, e nella città più refrattaria a questo genere di affari, sono riuscito a mettere su un’azienda. Proprio dal nulla. Sono più fiero di questo che del Canzoniere” (e questo Saba lo scriveva già nel 1924 a Giacomo Debenedetti!). Solo Fulvio Senardi ha definitivamente compreso tra le opere del poeta anche i cataloghi della libreria (Saba, Il Mulino, 2012), che ovviamente andrebbero studiati e valorizzati più di quanto si possa fare scorrendoli qua e là. Si tratta infatti di quasi 95 mila schede che, inserite in un data-base, potrebbero essere analizzate per autore, anno di stampa, editore, materia, lingua (per es. i libri in tedesco sono pochi, frequenti i francesi), allo scopo di scoprire eventuali percorsi bibliografici preferenziali, edizioni effettivamente rare e tasso di rotazione dei volumi (sicuro indicatore di vendita). La presenza di un’edizione può essere casuale, certo, ma alle volte è una spia critica. In proposito Senardi sul numero di marzo 2012 di Trieste Artecultura, aveva scritto: “Trovare [nel primo catalogo], per esempio, tra i libri offerti, le opere complete di Heine (Hamburg, 1867-1872), proprio di quell’Heine su cui Muscetta aveva richiamato l’attenzione come probabile ispiratore della titolazione di Canzoniere… Può dirci qualcosa a proposito un Heine tenuto in magazzino? Probabilmente no, ma certo suggerire qualche tramite di aggiornamento, avendo la pazienza di scavare più a fondo, nell’edizione di Amburgo e nel Canzoniere”.

Sulla scena di Saba libraio entra prepotentemente, dopo Fano e prima di Alberto Stock e di Emanuele Almansi (ma tutti sono dei puri finanziatori, l’anima è Saba), Virgilio Giotti, ideatore del formato dei cataloghi, della grafica e del logo. La Biblioteca Nazionale Centrale di Roma ha di recente acquisito la bozza del primo catalogo disegnata da Giotti e alcune plaquette (delle quali si dirà fra poche righe), ora esposte nell’area museale denominata “Spazi900” voluta dal direttore Andrea De Pasquale. Nel panorama della letteratura e della bibliografia italiana il sodalizio umano e professionale tra i due poeti non ha eguali. In tredici anni di assidua frequentazione, tra il 1919 e il 1932, questo duo, così diverso per temperamento ma non per vicende di vita, crea una delle più stupefacenti private press del Novecento, pubblicando, manoscritte o dattiloscritte, una serie di plaquette, consci dell’estremo valore filologico e della rarità. Si divertono come fanciulli a creare giocattoli librari, uno scegliendo le poesie e battendole a macchina, l’altro a creare legature speciali, a impreziosire le antiche carte con disegni, tutto sotto il segno di Bodoni, il loro maestro spirituale (non a caso specie nei primi numeri dei cataloghi, le offerte di bodoniane sono numerose e di qualità). Giocano circondati da altri personaggi come Svevo, il giovanissimo Bazlen, Giani Stuparich, Romanellis, Pittoni, Pagnini, Pincherle e molti altri che potremmo trovare ricordati nell’unico quaderno degli acquisti rimasto. Ma quanti erano i quaderni, che cosa si ricava da quello gelosamente custodito da un collezionista? Tutte domande alle quali non c’è per ora risposta. Libri e carte passano di mano in mano, dal Caffè Walter alla Libreria e da questa nella piccola biblioteca di Giotti, studiata ora con sicuro metodo bibliografico da Simone Volpato.

Gli opuscoli poetici, insieme alle letture pubbliche di poesia (oggi si chiamerebbero “reading”) per le quali vigeva un prezziario, sono considerati un sistema alternativo di finanziamento, oltre che una evidente pubblicità per la libreria, insieme ai giornali locali e a riviste nazionali, quale la prestigiosa L’Italia che scrive, nella quale Saba fin dai primi numeri compare come poeta e come libraio antiquario. Già nel 1920 e 1921 Saba aveva utilizzato la libreria come editore di Cose leggere e vaganti e Il Canzoniere, e di Il mio cuore e la mia casa di Virgilio Giotti: l’esperimento tuttavia si esaurisce probabilmente per motivi finanziari ma anche per motivi banalmente tecnici, dato che un libretto di Enrico Elia, Tentativi d’arte, forse del 1921, viene mandato al macero per “indegnità tipografica”. Di qui il ripiegamento sul più sicuro smercio delle plaquette.

Da questi pochi cenni, si capisce che l’attività di Saba libraio, collocata nella più ampia storia del commercio librario a Trieste e in Italia, deve essere ancora approfondita, servendosi della vasta mole di carteggi, letterari ed amministrativi, di archivi privati (per esempio quelli di Anita Pittoni e di Virgilio Giotti hanno riservato sorprese, ma ce ne saranno sicuramente degli altri), di riviste professionali, quindi difficilmente reperibili, ecc. Molti passi avanti sono stati fatti con due pubblicazioni alle quali rimando per approfondimenti critici e bibliografici: La libreria antiquaria Umberto Saba. Il poeta libraio edito dal Comune di Trieste nel dicembre del 2016 (in distribuzione gratuita, interessante notare che il formato scelto, cm 12×16, è più o meno quello dei cataloghi), di Patrizia Bevilacqua (che scrive sulla catalogazione in SBN del fondo a stampa cd. “sabiano” conservato nella Libreria Saba) e Marco Menato, e La biblioteca di Virgilio Giotti e il suo sodalizio con la libreria di Umberto Saba di Simone Volpato e Marco Menato, prossimamente edito da Biblohaus.