Sul set de La ricotta

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Le fotografie di Paul Ronald in mostra al Centro Studi Pasolini di Casarsa della Delizia

di Paolo Cartagine

 

Nel 1963 uscì Ro.Go.Pa.G., film in quattro episodi girati rispettivamente da Rossellini, Godard, Pasolini e Gregoretti. Il terzo cortometraggio, La ricotta, soggetto e regia di Pier Paolo Pasolini, fu subito oggetto di polemiche, sequestri, condanne e censure. Neppure la critica lo accolse favorevolmente, salvo ricredersi più tardi. È ambientato nella periferia romana non ancora intaccata dalle trasformazioni urbanistico-edilizie che, anni prima, avevano portato alla nascita delle “borgate”, tema caro a Pasolini sotto il profilo umano, culturale e sociologico.

Pasolini ideò un film in cui si racconta della realizzazione (simulata) di un altro film, un kolossal incentrato sulla Passione di Cristo con il ruolo del “regista” impersonato da Orson Welles. Dunque La ricotta è un film nel film, finzione di una finzione in cui – nel suo difficile e contraddittorio rapporto interiore con il cattolicesimo – Pasolini costruisce una metafora per sottolineare il degrado morale della società e dell’uomo contemporanei, la sua vicinanza al sottoproletariato e la condanna verso le classi dominanti.

La produzione ingaggiò il noto fotografo francese Paul Ronald (1924-2015) per scattare, come si usa da sempre, le foto di scena, al duplice fine di illustrare la lavorazione de La ricotta in esterni e in studio, e di fornire materiali iconografici per pubblicizzare il film. Come dichiarato dallo stesso Ronald, a un certo punto egli sentì, senza polemiche, di dover declinare l’incarico perché non in sintonia con il clima che Pasolini aveva instaurato con la troupe, composta da professionisti del settore e da persone comuni temporaneamente ingaggiate.

Ronald consegnò tutte le foto ai committenti, tranne una piccola parte di circa duecentocinquanta negativi che riteneva meno importanti. Diversi anni dopo li donò ad Antonio Maraldi (allora direttore del Centro Cinema Città di Cesena) che è il curatore della mostra La ricotta di Pier Paolo Pasolini nelle fotografie inedite di Paul Ronald” promossa, per i sessant’anni dall’uscita del film, dalla collezione Maraldi, dall’Archivio Pasolini/Cineteca di Bologna e da Cinemazero di Pordenone.

Visitabile fino al 2 luglio 2023 al Centro Studi Pasolini di Casarsa della Delizia – con sede nella casa natale della madre di Pasolini, Susanna Colussi, dove Pier Paolo visse dal 1943 al ’49 prima di trasferirsi a Roma – l’esposizione consta di una quarantina di foto.

Per il visitatore che desidera andare oltre la superficie delle inquadrature e capire ciò che le immagini contengono e, soprattutto, ciò che ci restituiscono dopo sei decenni, la mostra fornisce molteplici spunti di riflessione e tanti fili da annodare.

L’esposizione è un diario visivo in cui osserviamo, come in una sorta di trasparenza, la sovrapposizione di tre narrazioni. La prima è quella fotografica dell’accurato bianconero di Ronald, la seconda attiene alle fasi salienti della realizzazione di un film realmente girato, la terza è il racconto della messa in scena di un film fittizio sulla Passione del Redentore.

Quindi tre piani di lettura, perché guardando le situazioni e gli istanti immortalati nelle fotografie vediamo contemporaneamente due film in divenire.

Per scattare le foto, Ronald aveva scelto i punti di vista in modo da abbracciare la troupe nei vari momenti di lavorazione con inquadrature semplici e dirette, e cogliere espressioni e sguardi dei protagonisti. Aveva così incluso nel campo visivo maestranze, attori e comparse al lavoro o in pausa, nonché le indispensabili attrezzature per la presa diretta del sonoro e per l’illuminazione artificiale delle scene. Non mancano i mitici “cestini” con il pranzo da consumare sul posto e le due macchine da presa, mastodontica e ingombrante quella del kolossal, più moderna e maneggevole quella invece effettivamente utilizzata dall’operatore di ripresa Tonino Delli Colli.

Pasolini – che avrebbe dovuto laurearsi all’Università di Bologna con lo storico dell’arte Roberto Longhi, ma ne fu impedito dalla guerra – per la deposizione del Cristo concepì tableaux vivants riferendosi ai pittori manieristi del ‘500 Pontormo e Rosso Fiorentino, e le immagini in mostra testimoniano la grande cura che mise al riguardo. Saranno le uniche scene de La ricotta girate in studio e a colori.

Indimenticabile Stracci (Mario Cipriani), uno dei due ladroni, il protagonista preso dal popolo che sarà (nella pellicola) vittima della sua atavica fame di povero. In una foto di corredo incontriamo Elsa Morante, Bernardo Bertolucci e Adriana Asti venuti a trovare Pasolini sul set.

In altre immagini Pasolini è impegnato a confrontare le soluzioni pianificate dalla sceneggiatura e le concrete decisioni da prendere sul set per raggiungere i risultati previsti. Infatti, un film è un’opera dell’ingegno artistico ma è pure un prodotto finanziario legato alle leggi del mercato per cui, prima del ciak, venivano impartite specifiche istruzioni a tutti coloro che dovevano essere presenti in quel frangente.

Due i “registi” ritratti da Ronald. Welles, che dirige il (virtuale) kolossal in riva al Tevere, e Pasolini che gira La ricotta, due persone lontane tra loro già a livello di linguaggio comunicativo. Infatti Welles, influenzato dal teatro shakespeariano, ricercava atteggiamenti e posture con mimica studiata e intense espressioni facciali, una strada divergente dall’impostazione pasoliniana fondata sull’apparente ma efficace rozzezza degli atteggiamenti dei suoi attori presi dalle borgate. Welles, però, era stato scelto appositamente da Pasolini stesso per rimarcare – in contrappunto – uno dei nuclei forti del suo film: l’inconciliabilità fra due mondi opposti e confliggenti, la borghesia (leggi il kolossal del cinema di consumo) e il proletariato (qui le comparse e le maestranze).

La ricotta di Pier Paolo Pasolini nelle fotografie inedite di Paul Ronald” è dunque una mostra preziosa anche perché sollecita, in termini positivi, interrogativi di approfondimento in relazione a ciò che le foto riportano, a cominciare da una constatazione: perché, a parte Welles, Pasolini sul set compare sempre in giacca e cravatta? È una sorta di presenza-assenza nel racconto filmico di un personaggio esterno alla trama? Oppure è una traccia inconscia del suo snobismo intellettuale che, nel profondo, lo induceva a distinguersi da una troupe che pure amava?

E ancora, oltre alla notorietà della vicenda di un mondo irripetibile e dei suoi interpreti, cosa rende ancora oggi efficace la scrittura senza ripetizioni di Ronald e da dove nasceva lo spazio che ci ha lasciato per la nostra immaginazione?

In realtà, come tutti i bravi narratori, Paul Ronald stava sempre in mezzo all’azione sul set mentre Pasolini girava il terzo episodio di Ro.Go.Pa.G. per cui, nonostante la decisione di abbandonare l’incarico, ci ha comunque regalato un’interpretazione visiva che rimanda – ed è il connotato di più significativo rilievo – ai profondi e sempre attuali concetti espressi da Pasolini ne La ricotta.

 

Visita sul set: Elsa Morante,

Bernardo Bertolucci, Adriana Asti.

Sulla destra Pasolini