Tra drammi, lezioni e commedie

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Palcoscenici versatili a Trieste

di Paolo Quazzolo

 

La fitta programmazione delle sale teatrali triestine ha proposto, anche nel corso dell’ultimo mese, una variegata offerta di spettacoli, capaci di incrociare i più disparati gusti della platea. Al Teatro Bobbio è stato offerto un classico della drammaturgia poliziesca, quel Testimone d’accusa che Agatha Christie scrisse nel 1925 sotto forma di racconto e che nel 1953 la stessa autrice ampliò e trasformò in un testo drammatico. La fama della pièce tuttavia proviene dal suo adattamento cinematografico del 1957, per la regia di Billy Wilder, candidato a ben sei premi Oscar e interpretato da un gruppo di attori di primissimo piano quali Charles Laughton, Tyrone Power e Marlene Dietrich. La storia è molto semplice: in un’aula di tribunale viene sottoposto a giudizio Leonard Vole, accusato di aver assassinato un’anziana donna benestante che lo aveva dichiarato suo erede universale. Quando, durante il dibattimento, sua moglie Romaine accetta di testimoniare, inaspettatamente invece di difendere il marito si rivela un’acerrima testimone d’accusa. Non manca naturalmente il colpo di scena finale che, a fronte di una conclusione in un primo momento scontata, capovolge a sorpresa ogni cosa. Lo spettacolo è stato proposto da Gitiesse Artisti Riuniti assieme al Teatro Stabile del Veneto, per la regia di Geppy Gleijeses e l’interpretazione, tra gli altri, di Vanessa Gravina, Giulio Corso e Giorgio Ferrara. Spettacolo pienamente riuscito, ben ritmato, inserito in una bella cornice scenica, e caratterizzato da una soluzione che prevedeva la scelta dei sei giurati tra il pubblico.

È tornato al Rossetti Il muro trasparente. Delirio di un tennista sentimentale, di Marco Ongaro e Paolo Valerio, prodotto dal nostro Stabile e da quello di Verona, e interpretato alla Sala Bartoli dallo stesso Paolo Valerio. Lo spettacolo, che fu il primo, nel corso della stagione 2020/21, ad essere proposto nella sala grande del Rossetti dopo tanti mesi di chiusura causa la pandemia, ha trovato una collocazione sicuramente più idonea all’interno della raccolta Sala Bartoli, ove è stato possibile assaporare meglio il “delirio” di Max, il tennista protagonista della storia sentimentale narrata.

Politeama Rossetti interamente esaurito per l’unica serata triestina della comica siciliana Teresa Mannino, che ha proposto Il giaguaro mi guarda storto, monologo comico di un’ora e mezza, nel corso del quale l’attrice affronta un diluvio di argomenti, dai racconti della sua infanzia alla difficile relazione che esiste tra genitori e figli. Uno spettacolo, come tutti quelli della Mannino, molto divertente, che ha accolto l’applauso convinto della platea.

Evento esclusivo, almeno per il momento, è stata l’unica replica proposta alla sala Bartoli dello spettacolo Saba, con cui Mauro Covacich ha concluso quel trittico di spettacoli-lezione dedicati alle grandi personalità della letteratura triestina. Dopo Svevo e Joyce è stata la volta del più importante poeta triestino, Umberto Saba, che oggi la critica letteraria non esita a considerare uno dei maggiori lirici del Novecento italiano. Attraverso un percorso che si snoda sulla falsariga di una delle liriche più amate di Saba, Trieste, Covacich ha ripercorso la vita, l’opera e la poetica dell’autore, mettendone in luce vari aspetti e senza trascurare la sua meno nota – ma altrettanto affascinante – produzione narrativa. Lo spettacolo è stato trasmesso in diretta radiofonica su “Radio Tre Suite”, dove i commenti degli spettatori giunti negli studi della Rai hanno fatto registrare un vivo apprezzamento per l’operazione.

Un classico della drammaturgia nordamericana del Novecento è stato infine proposto nella sala maggiore del Politeama Rossetti, ossia quella Dolce ala della giovinezza che Tennessee Williams scrisse nel 1952 e che dieci anni più tardi sarebbe divenuto un celebre film interpretato da Paul Newman e Geraldine Page. Come tutti ricorderanno, è la storia di un giovane attore fallito che diviene l’amante di una vecchia stella di Hollywood ormai avviata sul viale del tramonto, nella speranza di poter ottenere facilmente una strada verso la celebrità. Quando tuttavia l’attrice, inaspettatamente, ottiene un trionfo con l’ultimo film, la donna decide di disfarsi dell’amante che potrebbe solo nuocere alla sua immagine pubblica. Lo spettacolo è stato proposto con la regia, le scene e i costumi a firma di uno dei grandi nomi della regia lirica, Pier Luigi Pizzi, che all’età di quasi 93 anni continua a regalarci spettacoli eleganti e sofisticati. Regista più d’opera che non di prosa, Pizzi ha creato uno spettacolo dai ritmi meditati, spesso appoggiandosi più alle singole individualità artistiche che non a un progetto unitario. Ne è venuto fuori uno spettacolo in cui dominava la brava Elena Sofia Ricci seguita da Gabriele Anagni, entrambi volti televisivi molto amati dal pubblico. Al loro fianco una compagnia viceversa modesta, alle prese con un testo sicuramente difficile e, oggi, a settant’anni di distanza, possiede una forza d’impatto molto meno coinvolgente.

 

 

 

Elena Sofia Ricci e

Gabriele Anagni in

La dolce ala della giovinezza