Tra versi e nuvole

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di Roberto Dedenaro

 

Ah le nuvole, le nuvole, cosa c’è di più metaforicamente legato ad una nostra personale metafisica, dello scorrere del cielo sopra, appunto, le nostre teste? Nulla, inafferrabili e mutevoli di soporosa bianca spumosità, o minacciose terree, procellose portatrici di piogge oceaniche, care compagne nuvole non vi stancate mai di accompagnare il nostro svagato niente, che è il nostro tutto. Insomma queste belle frasette servono per introdurre la presentazione di un volumetto di poesia che Luisa Gastaldo ha fatto stampare in un numero limitato di copie, cento, che è fatto di versi e nuvole. Cioè è fatto di fotografie di nuvole, sempre di Luisa, stampate su due pagine, quella di sinistra, in alto porta stampato un verso, endecasillabo mentre il titolo del volume è Endecanuvole, e le fotografie ognuna con il sue corrispondente verso sono sessantaquattro, credo. Dico credo perché il volumetto non ha un indice e le pagine non sono numerate, le foto le ho contate e spero di non aver sbagliato ma io ho contato sessantaquattro. Sbaglierebbe chi credesse che i versi siano meditativi o perdutamente lirici, non sarebbe un libro di Luisa Gastaldo che ha sempre perseguito una linea sabiana, se posso dir così, una poesia delle cose quotidiane, degli angeli che diventano galline (così disse Zanzotto di Saba). Sono invece endecasillabi, spesso eccedenti, fatti da quelle che si potrebbero definire persino banalità, come gli dia spinaci e carne di cavallo, oppure aggiungi anche limoni nella lista.

Per capire una delle ragioni di questa pubblicazione deve fornire, forse, qualche particolare: Luisa Gastaldo abitava in una bellissima casa di campagna con un vasto orto, coltivato benissimo dove si svolgeva anche un’attività didattica, era la l’Orto del Tasso Barbasso, in cui organizzava un bellissimo incontro di poesia e arti visive che si chiamava Orto-grafie. Poetiche tra le aromatiche. Qualche anno fa, per svariate ragioni, lasciò questo luogo, che a me sembrava una reggia dorata e si trasferì ad Udine città. Situazione descritta in una poesia, sette quartine e un verso conclusivo che apre il libro, in prima pagina, prima delle foto e degli endecasillabi: …dico addio ai ciliegi/ ai ciliegi/ ai lillà  alle lattughe/[…]basta sfalci e potature/ basta cure/ dovrò specializzarmi in cieli e nuvole//. E dunque quello che per molti potrebbe essere il rinchiudersi in una situazione più nevrotica e claustrofobica, il famoso binomio città campagna dove il locus amenus è quasi sempre quello campestre si ribalta. Nello sguardo rivolto all’alto verso un cielo sempre più blu, come direbbe qualcuno, l’autrice friulana ritrova un rapporto con i gesti normali della quotidianità, che diventano una giusta misura prospettiva, un valore nelle cose piccole che forse è necessario per poter affrontare le cose grandi. Forse qualcuno si chiederà com’è possibile procurarsi questo volumetto? Veramente non ne ho idea, credo sia un regalo che Luisa ha voluto farsi e fare ad alcuni amici le copie numerate sono cento, che testimonia anche il raggiungimento di un equilibrio, di una fase esistenziale pacificata e consapevole di sé. E anche la lirica posta in apertura sta a dimostrare il raggiungimento di un forma di scrittura ricca all’interno di un’indubbia linearità, che non è certamente sottrazione ma piuttosto sguardo netto e dettagliato sull’esistente. La lettura, o forse dovrei dire la visione di questo libro, con tutte le sue nuvole, in cui non vedo nessun cielo particolarmente minaccioso, mi ha riempito, se mi è concesso un momento Walt Disney, di piacevolezza, che dona felicità è sempre meritevole e non affatto facile riuscire a farlo.

 

 

Luisa Gastaldo