Tre illustrissimi moschettieri

In una mostra dell’IRCI il lavoro di tre illustratori che si occuparono con successo di comunicazione pubblicitaria a Milano

di Walter Chiereghin

 

L’I.R.C.I. – Istituto Regionale per la Cultura Istriano-fiumano-dalmata di Trieste – propone, per questa spesso torrida estate, un’esposizione fresca e accattivante, visitabile ad ingresso libero, dal 15 luglio al 3 settembre. Curata da Roberto Curci, la mostra “Illustrissimi. La pubblicità nel segno di tre grandi illustratori”, ripropone – quarant’anni dopo una collettiva, intitolata “La matita fedele”, che li presentò al pubblico triestino presso il Castello di San Giusto – l’incontro con tre artisti provenienti, direttamente o per via di ascendenti, dall’area giuliana: si tratta del triestino Giampaolo Amstici (1946 – 2014), di Giuliano Bartoli nato a Isola d’Istria (1946) e di Tomislav (Tom) Spikic, nativo di Zagabria (1932), ma di madre triestina. I tre autori, irresistibilmente attratti a Milano, capitale non solo “morale” per quel che atteneva alle possibilità di lavoro, si cimentarono in quegli anni con un infervorato mercato soprattutto della comunicazione d’azienda, nel quale ebbero modo, ciascuno nel linguaggio figurativo che gli era più congeniale, di realizzare importanti progetti per committenti di rilievo. Negli anni della “Milano da bere” era facile perdersi anche nell’ambito della comunicazione pubblicitaria e molti in effetti vi si perdettero, nel senso che fu loro a volte impossibile mantenere un’autonomia che premiasse la loro individualità di artisti prestati alla pubblicità, pressati com’erano dalle imposizioni della committenza e dalle regole dettate dal marketing.

Non fu questo il caso dei nostri “tre moschettieri”, che riuscirono a mantenere una propria autonoma personalità «sia pure nella condivisione di certi elementi tecnici e stilistici: la propensione all’iperrealismo e alla fantasy, l’utilizzo dell’acrilico a pennello e poi dell’aerografo, la curiosità (ma non la simpatia) per la computergrafica, che a quei tempi era una gran novità» (questo come ogni successivo virgolettato è da attribuire ai testi di Roberto Curci presenti nel bel catalogo della mostra). Sta di fatto che tutti e tre, una volta “usciti dalla mischia” della comunicazione commerciale, ripresero, ciascuno per suo conto, il filo di una vocazione pittorica interrotta durante gli anni del loro soggiorno milanese.

 

Seguendo il percorso suggerito dalla mostra dell’IRCI, si inizia dai lavori di Giampaolo Amstici, (v. Il Ponte rosso n. 67 del marzo 2021), che «è (anzi purtroppo fu) il più “americano”, il più vicino alla filosofia visiva delle grandi agenzie degli Usa, colonizzatrici dell’universo della persuasione nemmeno troppo occulta». Come ricorderà egli stesso in un’intervista, riportata in catalogo, trasse dalla sua formazione scolastica all’Istituto d’Arte di Trieste una solida preparazione in varie tecniche esecutive e pure la fascinazione per i grandi maestri della storia dell’arte, cosa per niente scontata in anni in cui i più si volgevano all’informale. Di entrambe queste polarità si riscontrano evidenti tracce nella generalità delle opere esposte, finalizzate a supportare campagne pubblicitarie per aziende quali Wrangler, Standa, Superga, Marzotto o per giornali quali Repubblica, Secolo XIX, Max, Abitare: «un mix di affabilità e discreto sense of humour, un segno suadente, capace di instillare nell’osservatore – requisito precipuo del messaggio pubblicitario – istintiva simpatia e dunque fiducia nel prodotto reclamizzato». Dopo i quindici anni “milanesi”, rientrato a Trieste, Amstici si dedicò a una sua nuova stagione pittorica, connotata da «ritmi espressivi rilassati e confacenti alla sua più vera, intimistica vocazione. Nasce così, per suo puro diletto, la serie delle “Nuvole”, che fanno di lui una sorta di Constable dei nostri tempi».

 

Figlio d’arte, suo padre essendo stato Luciano, infaticabile autore – e teorico – soprattutto di arte sacra (si veda su queste pagine una rivisitazione a firma del solito Curci su Il Ponte rosso n. 78 del marzo 2022), Giuliano Bartoli, studi a Brera, di Scenografia e Pittura, un inossidabile rapporto con Paola Patrizia Elli, compagna di scuola, di lavoro e di vita con la quale firmerà una quantità di tavole per la pubblicità e non solo. Provenienti entrambi da variegate esperienze figurative (lei impegnata prima nel disegno di tessuti e di collezioni per Palazzo Pitti, poi per i fumetti, lui, bruciando le tappe, art director della prestigiosa agenzia Ogilvy & Mather), decidono di fondare la Bartoli & Elli S.d.f.: uno studio al servizio di clienti diretti e agenzie pubblicitarie, case di produzione cinematografiche e case editrici e discografiche. Quel sodalizio consentì loro di affrontare ambiti diversi, «video-animazioni, confezioni per packaging e giochi vari, prodotti per l’editoria comprensivi di cura globale di libri per ragazzi, e ovviamente manifesti e illustrazioni per molteplici campagne stampa. Né mancano gli spazi di personale relax, con la simpatica serie delle “Balene” (per Bartoli) e con i “Ritratti” (per Elli) dedicati ad artiste e scrittori famosi, o al tema della danza, o a un personale omaggio alla figura carismatica di David Bowie». Legati dal punto di vista esecutivo alle tecniche tradizionali, matita, acrilico, olio, china, aerografo (poco) e quant’altro, approdarono in seguito anche all’elaborazione digitale, della quale intuirono presto le potenzialità virtualmente infinite. «Una sorta di compromesso, dunque, tra la vecchia manualità e le nuove potenzialità digitali. “Oggi la maggior parte degli illustratori – tiene a precisare Giuliano Bartoli – lavora ormai completamente al computer, con vari programmi anche per realizzare i lay-out”». Un’epoca stava finendo, e una nuova iniziava ad affermarsi.

 

Tra i “tre moschettieri” dei quali stiamo parlando, Tomislav (Tom) Spikic ha seguito, fin dalle fasi iniziali della sua vocazione artistica, un percorso eccentrico rispetto agli altri due colleghi, impegnandosi in un corso di studi di indirizzo commerciale, e proclamandosi quindi autodidatta in campo artistico, assecondando una passione per il disegno che si direbbe innata. Il suo percorso professionale prese avvio nel settore del cinema d’animazione, operando in seno alla Zagreb Film, uno studio destinato a divenire un riferimento a livello mondiale per quel settore d’attività. Trova quindi lavoro in Italia, sempre nel settore dei film di animazione, operando con vari studi e fondandone infine uno proprio, col quale affronta con successo la stagione, ormai mitica, di “Carosello”, lavorando come regista e animatore ad alcune serie di spot di grande successo: Susanna Tuttapanna, per Carosello Invernizzi, Bella, dolce, cara mammina per il miele Ambrosoli, Olivella e Mariarosa, per olio Bertolli. Dalla metà degli anni ’70 stabilmente trasferitosi a Milano, si occupa di informazione pubblicitaria e di grafica per l’editoria, e fonda, assieme ad altri illustratori, lo Studio Ink. Cominciò in quel periodo a realizzare le prime illustrazioni realistiche, usando anche l’aerografo, fino ad arrivare all’iperrealismo. Le sue illustrazioni basate sul romanzo I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, realizzate tra il 1985 e il 1987 per una campagna istituzionale di Enichem rivelano una diretta ascendenza naïve. Non si deve dimenticare che Spikic è croato e che, soprattutto negli anni della sua formazione, decollò la fortuna degli artisti naif riuniti nella Scuola di Hledine. Il riferimento a quell’ambito culturale, tuttavia, non esaurisce i collegamenti possibili con il suo lavoro in particolare per editoria e pubblicità, «dove le sue tavole acquistano una tonalità surreal-metafisica, perfino lievemente inquietante, come accade in un lavoro eseguito per l’editore Bompiani: un cappotto appeso all’attaccapanni da cui emana un alone di fantasmatica fosforescenza. Sorprendente è pure la serie di opere realizzate per il marchio di abbigliamento “SanRemo”, in cui uomini senza testa e intuitivamente incorporei indossano abiti di ottimo taglio». Si possono identificare altre correlazioni (Magritte, il realismo magico, la Pop-art e altro) nel procedere lungo il sentiero della sua attività, che – dovendo constatare le profonde modificazioni intervenute negli anni Novanta nel suo settore di attività – lo induce a lasciare Milano per ritirarsi a Montescudaio, un piccolo borgo toscano, dove continua la sua attività di artista, liberato dalle incombenze e dai condizionamenti della committenza.

 

Ai visitatori più anziani la mostra susciterà probabilmente qualche velata nostalgia, ai cosiddetti “nativi digitali” forse qualche curiosità per un mondo che, anche sotto il profilo della comunicazione grafica, si è modificato con una progressione che non ci saremmo aspettati. Per gli uni e per gli altri, comunque, un’occasione di conoscenza che sarebbe un peccato lasciarsi sfuggire.

 

Tomislav (Tom) Spikic

Viso su paesaggio

Committente: Regione Lombardia

Azzurra Editrice

per L’ambiente illustrato

1987

acrilico su tela, pittura, aerografo