Trumpattack

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Chi sono coloro che l’hanno portato allo Studio Ovale e alla presidenza del Paese?

di Charles Klopp*

Io non ho votato per lui. I miei amici non hanno votato per lui. Le mie amiche, figuriamoci le mie amiche! Ma anche se non ha vinto la maggioranza dei voti, il cosiddetto “voto popolare,” Donald J. Trump ha conquistato la maggioranza degli elettori dell’”electoral college,” il sistema adottato dagli Stati Uniti nel 1787 che continua a funzionare, bene o male, anche oggi. Fra poco proprio lui, il miliardario newyorkese, sarà il quarantacinquesimo President of the United States o POTUS, come hanno cominciato a chiamarli dapprima gli uomini incaricati della sicurezza del presidente e adesso anche molti altri.

Ma se io e tutti i miei amici (per non parlare delle mie amiche) non abbiamo votato per Trump, allora chi sono coloro che l’hanno portato all’Ufficio Ovale e alla presidenza del Paese? Forse un aneddoto personale aiuterà a far capire meglio cos’è successo a novembre. Il giorno dopo il martedì fatidico quando gli americani (ma non tutti: forse intorno al 58% del corpo elettorale) sono andati alle urne per scegliere fra Hillary Clinton e Donald Trump, a casa mia c’erano degli operai edili arrivati per costruire un piccolo piazzale di calcestruzzo destinato a servire come vialetto d’accesso all’autorimessa – nel nostro caso una vecchia stalla per cavalli trasformata in un garage capace di ospitare l’automobile tedesca di mia moglie, gli attrezzi per il giardinaggio, la carbonella per il barbecue e tante altre cose obbligatorie per la vita americana all’aperto in questo secolo. Questi operai – provetti operai li chiamerei perché molto esperti al lavoro delicato che facevano – avevano già rifatto il pavimento della rimessa stessa e erano tornati ad aspettare il camion betoniera per buttare il calcestruzzo per il vialetto antistante la struttura. Mentre aspettavamo l’enorme camion, e un po’ con mia sorpresa dato che ci conoscevamo solo da pochi giorni, i muratori si dimostravano disposti a chiacchierare con me delle elezioni appena scorse i cui risultati erano noti da poco. Pur immaginando che io avessi votato Hillary, loro, quando interrogati, mi hanno confessato tutti e tre (erano un padre e due figli) che avevano votato Trump. Naturalmente, io gli ho chiesto perché avevano fatto quella scelta. Il padre, che era anche il caposquadra, mi ha spiegato subito che lui aveva votato Trump perché non gli era mai piaciuto Bill Clinton. Non Hillary, badiamo, ma Bill, forse per le notissime trasgressioni erotiche dell’ex-presidente, ma forse per altre ragioni ancora che si possono magari immaginare, nonostante che Bill Clinton si fosse presentato sempre come campione dei lavatori quali erano questi muratori.

La cosa più interessante, però, è venuta dopo, quando ho fatto al figlio maggiore la stessa domanda che avevo fatto a suo padre. Dopo che lui mi ha risposto di aver votato Trump come suo padre, gli ho fatto una seconda domanda. “Ma se il candidato dei democratici fosse stato Bernie Sanders invece di Hillary, tu avresti votato Sanders invece di Trump?” Il muratore ha esitato un attimo, poi mi ha risposto, “Sì, credo proprio di sì, se si fosse presentato Sanders invece di Hillary, credo che avrei votato per lui.”

Anche se l’episodio che ho appena descritto non ha molto valore scientifico e dev’essere inteso come un semplice aneddoto, per capire i risultati di queste elezioni è importante rendersi conto che esiste una fascia di elettori (che include, direi, gli operai edili a casa mia quel giorno di novembre) che hanno votato per il prossimo presidente degli Stati Uniti non tanto perché loro fossero entusiasti della sua personalità o condividessero le sue posizioni riguardo alle donne, alle minoranze etniche, o alla politica estera, ma per esprimere invece il loro scherno (“Per mandarli tutti a fanculo,” come mi aveva detto il figlio che avrebbe votato Sanders se il senatore del Vermont fosse stato candidato) per tutto l’attuale establishment governativo degli Stati Uniti, democratici o repubblicani che siano.

Qui nell’Ohio dove vivo io sono successe negli ultimi anni due cose preoccupanti che forse aiuteranno a spiegare lo stato d’animo dei cittadini e degli elettori da nostre parti, accademici come me esclusi. Prima, grazie a nuove legislazioni debitamente approvate dal parlamento statale e nonostante le proteste dei vari dipartimenti di polizia dello stato e dei soliti gruppi liberali, i cittadini dell’Ohio possono adesso ottenere con estrema facilità il permesso di portare armi da fuoco – in prevalenza pistole – anche nascoste sotto la giacca o in una tasca, oppure, come nel caso delle moltissime donne che hanno ottenuto tale nuovo permesso, in una borsetta. Il secondo fatto, forse più preoccupante, è il dilagare nelle zone rurali del nostro stato degli oppioidi, e specialmente dell’eroina. Diversamente da droghe simili che si possono ottenere alle farmacie con una ricetta medica ma anche illegalmente, l’eroina è attualmente la droga del gruppo chimico di oppioidi che costa meno, nonostante sia distribuita illegalmente. Il risultato di questa presenza di eroina a buon mercato e disponibilissima ovunque è una dipendenza allarmante a questa sostanza pericolosa, con un numero di decessi per overdose tanto spaventoso da costituire una vera epidemia, specialmente nelle zone rurali dove droghe come l’eroina non si trovavano o si trovavano molto raramente nel passato. Il fenomeno di una droga che coinvolge non solo le popolazioni delle grandi città come Columbus, dove vivo io, o Cleveland dove pochi mesi fa i repubblicani hanno fatto la loro convenzione per scegliere il loro candidato presidente, è totalmente nuovo. E risulta anche che le zone dove dilaga questa epidemia sono le stesse località rurali ed economicamente depresse che hanno votato prevalentemente per Trump. Sono pure le zone da dove provenivano i muratori che hanno fatto i lavori sulla nostra rimessa anche se questi uomini non erano disoccupati ma avevano un lavoro, un lavoro importante e, per come lo vedo io, un lavoro per molti aspetti ammirevole, quasi magico.

Molti abitanti del mio stato una volta avevano un lavoro simile a questo dei muratori, oppure abitavano in una piccola fattoria con casa colonica, orticello, e pollaio, o lavoravano in una fabbrica dove guadagnavano bene, o facevano i minatori nelle miniere di carbone nello stato adesso in gran parte abbandonate. Tutta gente che oggi in molti casi non ha lavoro oppure fa dei lavori non bene retribuiti e poco soddisfacenti. Sono perciò persone che si sentono escluse, non rispettate, e abbandonate. Questa è la ragione per cui molti di loro hanno ottenuto il porto d’armi per difendersi contro nemici forse non chiaramente identificabili ma che sono sicuri esistano. È la stessa disperazione e senso di una vita senza un futuro promettente che porta alcuni a droghe forti e pericolose come l’eroina.

Il gruppo Trump, come si sa, ha promesso di soddisfare questa gente – la sua famosa “base” – con regolamenti più severi contro l’immigrazione, con la creazione di più posti di lavoro per tutti, e – ci mancherebbe altro, lo dicono tutti i politici e lo dicono sempre – con una forte diminuzione delle tasse per tutta la popolazione e tutti i ceti. Sono promesse che la nuova amministrazione Trump sarà in grado di mantenere? Riuscirà il nuovo presidente a “bonificare la palude” che è l’odierna Washington ufficiale? Uno sguardo al gruppo di ministri che il nostro futuro presidente ha reclutato per creare il nuovo governo può destare un certo scetticismo a questo riguardo, dato che sono quasi tutti uomini anziani e bianchi e in gran parte o miliardari o militari, ex-generali oppure capitani di quelle stesse industrie che hanno creato la miseria economica e morale che affrontano giornalmente molti di coloro che hanno eletto il loro leader, miliardario anche lui. Le indicazioni sono, almeno dalla mia prospettiva, che non solo la palude non verrà bonificata ma che nel futuro sarà abitata da alligatori più numerosi e più feroci di prima in agguato per gli ingenui e gli sprovveduti, e non solo nel mio stato ma in tutti i cinquanta stati del nostro Paese.

* Charles Klopp