Ugo Borsatti, il testimone

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In mostra 200 delle sue 350 mila foto

di Roberto Curci

 

Parigi, 1932. Un tizio atticciato spicca un balzo per scavalcare una larga pozzanghera. Non ce la farà, ma ci prova e la sua sagoma scura è colta dall’obiettivo nella frazione di secondo in cui si libra a mezz’aria. L’obiettivo che cattura quell’attimo fuggente con miracoloso tempismo è quello del grande Henri Cartier-Bresson, e la foto è uno dei suoi capolavori assoluti: Place d’Europe, Gare Saint Lazaire.

Difficile non pensare a quella notissima istantanea  dinanzi a una delle duecento foto esposte fino al 26 febbraio  a Palazzo Gopcevich, nella mostra (“Scatti in Comune”) dedicata a Ugo Borsatti a settant’anni dall’apertura del suo studio: Foto Omnia, per decenni un caposaldo del fotogiornalismo triestino (per Messaggero Veneto e Gazzettino) in concorrenza con l’équipe di Giornalfoto (per Il Piccolo) e con il lavoro di Mario Magajna (per il Primorski Dnevnik).

La foto in questione, datata 25 ottobre 1961, ritrae una ventitreenne Claudia Cardinale a Trieste per girare Senilità, catturata mentre si avvia al set, dalle parti della Pescheria Grande. Non tocca terra, tra un passo e l’altro, quasi danzasse. Il fotografo l’ha fissata per sempre in un istante di assoluta leggerezza, di apparente levitazione, con le lunghe gambe che si specchiano nell’asfalto umido di pioggia. «Diva bella e sorridente – dice la didascalia -, non si nega all’obiettivo dei fotografi, distribuisce autografi e tanta simpatia».

Beninteso, non è questa una delle foto iconiche della produzione di Ugo Borsatti: la più nota rimane quella denominata Il bacio, con il soldato americano in partenza da Trieste nell’ottobre del ’54, che dal finestrino del treno solleva la ragazza che ama per quello che potrebbe sembrare il bacio dell’addio (ma non fu così, anzi: matrimonio felice sarebbe stato). Quasi uguale notorietà ha l’immagine dello stesso ’54 sull’Ultima pescata della Tonnara di Santa Croce, dal sapore solare e quasi epico. In un inquietante gioco di luci e ombre si situa invece la Morte di un carrettiere nella Galleria di Montebello (1961), sul piano artistico probabilmente il frutto più maturo e affascinante dell’intensiva produzione di Borsatti.

Il quale rimane pur sempre un fotogiornalista, senza mai ricorrere alla tentazione della “bella immagine”, ma talora realizzandola quasi suo malgrado e nonostante i tempi sempre affannati e convulsi del lavoro. Tra le duecento foto selezionate da Claudia Colecchia, responsabile della Fototeca dei Civici Musei, nel mare magnum dei 350 mila negativi dell’Archivio Borsatti (acquistato dalla Fondazione della Cassa di Risparmio e depositato presso la Fototeca appunto), ci si imbatte in parecchie immagini che strappano un “oh” di pura ammirazione estetica: ma è, verrebbe da dire, una sorta di surplus rispetto al significato documentario e spesso storico di quelle immagini.

Che qui dentro si specchi il “come eravamo” della Trieste degli anni Cinquanta e Sessanta, è pacifico. “Poveri ma belli”, ma talvolta anche brutti e spesso nemmeno poveri, come testimoniato da alcune immagini (le sfilate di moda, le prime al “Verdi”, certe nozze ingenuamente fastose). Ad esse fanno da contraltare le testimonianze visive sulla dura vita degli operai della Ferriera e del Porto Vecchio, delle venderigole a tu per tu con un gelido inverno,  dell’ultimo cocchiere di piazza della Stazione e del suo ronzino.

è ben vero che, comunque si legga questa rassegna, le tappe cruciali del nervoso dopoguerra pre-boom vi sono scandite, tutte, con immagini spesso toccanti: la morte di Pierino Addobbati nella sparatoria del Nucleo Mobile (novembre 1953), la disperazione dei contadini che si vedono le case e gli orti dimidiati dal nuovo confine tra Zona A e Zona B  (ottobre 1954), il giubilo per l’ingresso delle truppe italiane (stessa data), le partenze degli emigranti con destinazione Australia (tra 1954 e 1956), su su fino al malcontento dei lavoratori negli anni della chiusura del San Marco e della beffa della “Grande Trieste degli anni ‘70” e ancora, una decina di anni dopo, la catastrofe del terremoto in Friuli.

“Come eravamo”. Ma eravamo davvero così? A mangiare i mussoli alla bancarella di via della Sorgente, a gridare “Nino, Nino!” al campione del mondo Benvenuti reduce da New York, ad assistere alla passeggiatina del pinguino Marco che si sarebbe troppo tardi rivelato una pinguina? Probabilmente sì, eravamo così. Borsatti ci aiuta a ricordare, facendoci avvertire, ahinoi, tutto il peso degli anni.

Chissà se questi “Scatti in Comune” potranno dire qualcosa ai Millennials o comunque a chi abbia meno di quarant’anni. La reazione sarà probabilmente di sbigottimento, di incredulità. Eravate davvero così?, sarà la loro domanda stupefatta. Ebbene sì. In fondo sono passati appena settant’anni…

 

Ugo Borsatti

Tonnara a Santa Croce

1954

 

 

Le immagini di Ugo Borsatti

che corredano questo articolo

sono conservate presso

i Civici Musei di Storia

ed Arte di Trieste – Fototeca –

Archivio Borsatti – Proprietà

Fondazione CRTrieste