Un amore di Giacomo

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James Joyce tra le passeggiate borghesi e i postriboli del Ghetto nella Trieste del primo Novecento

di Graziella Aztori

 

 

Indagare nella biografia di James Joyce attraverso le impronte che lo scrittore ha lasciato consapevolmente nella sua opera suscita l’interesse degli studiosi, ma non solo: il tema coinvolge quanti si appassionano di letteratura, in un gioco di rispecchiamenti utili alla conoscenza di sé. Renzo S. Crivelli, professore emerito di Letteratura Inglese presso l’università di Trieste, presidente della Joyce School, saggista e scrittore, ha offerto alle stampe il suo ultimo libro Un amore di Giacomo. Poemetto in prosa di James Joyce nella Trieste di primo Novecento.

Il volume, corredato di ampie note critiche e documentato con puntigliosa cura, ha l’impianto narrativo e l’andamento di un romanzo, godibile per le tematiche di cui si compone, tre, già enucleate nel titolo: Joyce, l’amore e la Grande Trieste del primo Novecento. In essa ci introduce il critico-scrittore con il fascino delle vite resuscitate. Rivediamo in modo fantasmatico l’emporio esteso dal Canale alle zone limitrofe, dove la borghesia mercantile, imprenditoriale e finanziaria ha scritto le sue pagine di opulenza. Le dame a passeggio lungo il liston, il Corso principale, si pavoneggiano in eleganti abiti con “quelle gonne che, di dietro, sporgono in modo indecente”, mentre Nora, la rossa compagna di James, è costretta ad indossarne di meno belle, lei più avvenente delle “maleducate che la guardano con un po’ di compassione”.

La sensibilità di Crivelli spazia in questi frammenti icastici; ci accompagna anche nei quartieri poveri, i casini di Cavana di cui Trieste pullulava. Con lui siamo nel Ghetto ebraico, quartiere a luci rosse, luogo di vita miserrima e degrado, di malattie endemiche generate dalla sporcizia e dalla denutrizione.

Immaginiamo Joyce onnivoro e assetato di vita (oltre che di vino rosé di Opolo) percorrere le vie, dominato da uno “splitting psicologico” (scissione psichica, così scrive l’autore del saggio), stritolato quasi tra la frequentazione della borghesia desiderata/odiata e la libertà senza freni vissuta tra il proletariato. Egli è diretto verso le gioie e le disperazioni, alla ricerca non soltanto di piacere, ma di una collocazione sociale degna della sua statura, scrittore geniale sconosciuto e relegato al ruolo di insegnante sottopagato alla Berlitz School. Alle prese con i debiti, padre giovanissimo non ancora calato nella genitorialità, indigente. Con la nascita del primo figlio Giorgio si profila la prima crisi coniugale tra i due, Nora&Jim, assorbiti da una quotidianità durissima e per il momento senza soluzione. Joyce inizia a dare lezioni private all’intellighentia tergestina, comprese le giovani figlie dei “signori”. Va da sé che il Nostro si innamori dell’impossibile, ovvero delle “fanciulle in fiore” inavvicinabili e proibite. Impossibile documentato nel Poemetto per quadri in sé compiuti, conditi da folgorazioni, spasimi erotici e allucinazioni buttate giù in sole sedici pagine, di una assoluta modernità. Crivelli traduce questo testo di insuperabile maestria stilistica, sintesi e capacità di esprimere il molto nel poco.

Questi gli antefatti, la scenografia e l’ambientazione dell’opera, rimasta occulta e ritrovata tra le carte dello scrittore, pubblicata postuma solo nel 1968.

Abbiamo tra le mani un amore misterioso e spezzato, tratteggiato con una prosa realistica e insieme onirica, ossessiva come è ossessiva la passione. Una vicenda autobiografica tanto intima e sconvolgente da essere conservata nella sfera del privato come un segreto di cui si è gelosi, come un rimpianto.

Crivelli confronta il Giacomo con Un amore di Swann di Proust, ma subito, chiarisce fin dall’introduzione, “in due contesti diversi”. Infatti, la Odette proustiana è una donna navigata e arrampicatrice, le fanciulle triestine altoborghesi invece possiedono la grazia dello stato nascente. Quali sono? E soprattutto Chi? Tale interrogativo suona come una conflagrazione beethoveniana e apre il testo dell’irlandese, convogliando nelle parole una tensione ed un tale interesse per l’innominata protagonista tanto da vederla innalzata alla statura di una dea. Magiche le sue movenze, assoluto il suo riso, ipnotica presenza. Certa è soltanto l’identità dello spasimante, tanto da volerla sottolineare nel titolo, in cui l’autore ama nominarsi in italiano. Non eteronimo quindi alla maniera di Pessoa, ma omonimo.

Ecco le ragazze deputate a divenire ispiratrici, a dare anima alla figura immaginata, archetipica, eppure carnale e viva. Sono “le scolare modello”: Annie Scheimer, figlia di un burbero e irascibile commerciante di legnami, proprietario di boschi, a cui la timida Annie ventiquattrenne chiede il consenso di sposare James, (che viveva more uxorio con Nora, è notorio) il quale James pare le abbia strappato un bacio nascostamente. La negazione perentoria del padre spezza il cuore della ragazza per sempre. Il cuore spezzato è la mia illazione di appassionata lettrice, Crivelli registra quanto indaga con l’oggettività che gli si addice. Non posso che constatare l’abuso di potere, doloroso per ogni donna a qualunque classe sociale appartenga, dell’uomo padrone. Annie non si sposerà mai e conserverà le lettere d’amore segrete di Joyce “legate da un nastro rosso”, come testimoniato dall’amica Zora Koren Skerk.

Amalia Popper segue a ruota nella rivisitazione. Diciassettente figlia prediletta dell’imprenditore Leopold Popper di origini boeme, fedele suddito dell’imperatore, e di Letizia Luzzatto, veneziana, di tendenze irredentiste. Amalia prende lezioni da Joyce tra l’ottobre 1908 e la fine del 1910, con brevi interruzioni, durante le quali studia a Firenze. Nasce tra loro una passione platonica (?). Amalia è la giovane letterata amante dei libri e della musica. Minuta e delicata, è perfetta per incarnare l’innocenza e nel contempo il mito del serpente tentatore. Nei suoi capelli neri attorcigliati ad arte, in forma piramidale, l’artista immagina le spire che lo avvolgono, a cui è difficile resistere. Joyce vive “triangolando”, con incursioni nel mondo immaginale e reale tra Amalia, Nora (ricordiamo le sue lettere “sconce” e pure un po’ puzzolenti dirette alla convivente) e la frequentazione di bordelli. In una lettera alla compagna si dilunga in considerazioni feticistiche su mutande riccamente infiocchettate per signora e mutande “da schoolgirl con un orlino di merletto striminzito”. La tensione erotica diventa insostenibile, accresciuta da sentimenti di gelosia, sperimentata con masochismo dal traditore “seriale” che non vuole sottrarsi a nessuna esperienza. Il critico inserisce qui la vicenda legata al corteggiatore di Nora, il giornalista Roberto Prezioso, che non si sa cosa abbia concluso con l’avvenente irlandese. Alla vicenda della gelosia si ispira il dramma joyciano Esuli.

Il numero delle allieve del professore si accresce; alle giovani affascinate con raffinata amabilità condita da sarcasmo sfavillante e provocatorio si aggiungono i nomi di Emma Cuzzi, Olivia Hannapel e la splendida Maria Luzzatto. Sono “tanti piccoli sogni sognati” scrive Crivelli, “da un giovane irlandese dagli occhi azzurri”, egli stesso sedotto dal mondo borghese di cui non fa parte. Fino al 1913.

Allora Chi? La “detection”, la rivelazione non c’è. Crivelli svolge l’indagine “holmsiana” scoprendo indizi come in un giallo avvincente e rispetta l’anonimato dell’incipit. Nella liturgia del desiderio scoprire Chi? non conta: “pirandellianamente”, l’identità “è uguale a sé e al suo contrario”. Non importa che il desiderio venga soddisfatto, sottolinea il professore. Resta, aggiungo io, la necessità di preservarne la valenza di libertà. “Ama il mio ombrello” è l’ultima invocazione del Poemetto.

Altra osservazione dello studioso: Joyce ambisce al superamento del classismo, perché di fronte ai desiderata siamo uguali. È il sogno “fabiano”, “tardo romantico interclassista” della socialdemocrazia ottocentesca. La Fabian Society è stata un’organizzazione attiva nella difesa dei diritti dei lavoratori.

 

 

Copertina:

 

Renzo Stefano Crivelli

Un amore di Giacomo

Castelvecchi, Roma 2017

  1. 230, euro 22,00