Un anno da non credere

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Senza alcun intento celebrativo, ma ostinati una volta di più a comprendere meglio la realtà che ci circonda e a mettere in comune con chi ci legge quanto cerchiamo di approfondire, abbiamo ceduto anche noi alla tentazione di allestire un numero speciale sul Sessantotto, come gran parte del mondo dell’informazione giornalistica nazionale. Si parva licet

È un evento, questo del cinquantenario di un anno in qualche modo fatale, che continua a dividere nella sua valutazione: annus mirabilis, secondo un’interpretazione che ne sottolinea l’innegabile portato di innovazione nella scuola, nei rapporti politici, nella società, nel costume, ma anche annus horribilis secondo una visione che accentua il carattere di sediziosa rottura verso consolidati valori di convivenza e, oltre a ciò, come anticipazione e in qualche modo concausa della plumbea stagione della lotta armata. Su quest’ultimo punto abbiamo chiesto di fare chiarezza a un giovane storico, Gabriele Donato, studioso del fenomeno della violenza politica in Italia, che ha al suo attivo due importanti volumi sull’argomento.

Il nostro impegno presenta con questo fascicolo un panorama, com’era in parte prevedibile, assai lacunoso: mancano contributi sul Maggio francese, ma anche sulla repressione della Primavera di Praga, ma abbiamo in compenso rivolto la nostra attenzione a quanto avvenne nella vicina Jugoslavia, grazie a un informato articolo dell’amico Pierluigi Sabatti. Oltre a ciò, abbiamo gettato uno sguardo al di là dell’Atlantico, grazie a un’approfondita riflessione di Charles Klopp, professore emerito di Italianistica dell’Ohio State University, sul complesso panorama di quell’anno cruciale anche per gli Stati Uniti, turbati dalla contestazione studentesca, da quella pacifista, dalle tensioni razziali culminate con l’omicidio di Martin Luther King.

Abbiamo chiesto di introdurre l’argomento di questo “speciale” ad Aldo Marchetti sociologo, triestino di nascita e docente universitario in Lombardia, che oltre all’introduzione ha redatto pure un articolo sull’Università cattolica dove è stato protagonista delle contestazioni studentesche del’68, fino all’espulsione (gesuiticamente edulcorata nell’eufemismo di “messa in libertà”). Avremmo desiderato dire di più circa l’apporto dei cattolici alla cultura di quegli anni, ma l’articolo di Marchetti non ci lascia del tutto scoperti su quel fronte.

Altre due testimonianze dirette sono offerte dall’anglista Renzo Stefano Crivelli, che racconta la sua esperienza di studente alla Bocconi di Milano, e dal resoconto, raccolto da Claudio Venza, di un incontro intervenuto nel 2009 tra gli studenti del corso di Storia dei partiti e dei movimenti politici e Adriana Donini, una protagonista delle lotte all’Università di Trieste di cinquant’anni or sono.

Un’ulteriore testimonianza è offerta da Dino Faraguna, pediatra, che narra alcune vicende della Cluet, la cooperativa libraria costituita presso l’Università di Trieste che fu importante centro di aggregazione culturale e politica negli anni della contestazione.

Unico tra i più assidui collaboratori del Ponte rosso a intervenire in questo numero speciale è Stefano Crisafulli, nella sua duplice veste di critico cinematografico, che ci ha offerto la recensione di due film di Antonioni, e di studioso di filosofia, che ha prodotto una lettura dell’Uomo a una dimensione, di Herbert Marcuse, testo “sacro” di quel periodo.

Tenendo conto delle lacune che certamente la nostra ricostruzione lamenta, riteniamo di aver portato il nostro piccolo contributo alla comprensione di quello che il Sessantotto ha rappresentato e continua a rappresentare per la nostra società. Ringrazio di cuore quanti ci hanno offerto la loro collaborazione per la redazione di questa nostra disamina «La quale, – consentitemi la citazione dal Manzoni – se non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta, e anche un pochino a chi l’ha raccontata. Ma se invece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta».