Un glossario per la madre

|

di Donatella Gratton

Alfabeto Nina è un viaggio ma non un libro di viaggio. È un percorso attraverso il tempo tra sentimenti e ricordi dell’autrice, e attraverso lo spazio tra magnifiche librerie dentro città del cuore, di quelle che ha scelto e di quelle che le sono capitate. È un libro che vorresti centellinare ma non riesci a interrompere, in cui ogni pagina costituisce un passo in una struttura apparentemente evanescente ma in realtà solidissima, lieve o terribile mentre racconta situazioni o sentimenti. Il viaggio intimo raccontato in questo memoir dallo stile misurato, dove ogni parola è legata alle altre da un profondo senso di necessità, è partito da Milano, città dove l’autrice ha vissuto gli ultimi vent’anni prima di trasferirsi in maniera definitiva a Trieste, che nel libro definisce «Il mio piccolo laboratorio dove trovare concentrazione per scrivere». Trieste diventa fin dalle prime pagine il luogo dove tutto accade anche se la storia in cui veniamo coinvolti ci porterà altrove, dentro altri libri, ma anche a New York, Parigi, Pehnom Penh. Ma è senza dubbio la scrittura il luogo dove questa storia trova l’ambiente più naturale in cui svilupparsi.

L’innesco è di una semplicità disarmante: durante l’apertura degli scatoloni dei libri che hanno accompagnato l’autrice a Trieste si accorge che dall’adolescenza in poi ha letto numerosi libri sulla figura materna anzi – occorre precisare – sulla morte della madre, libri scritti da grandi autori che sono stati i suoi Maestri. È da lì che prende avvio questa storia autobiografica che racconta l’accompagnamento della madre verso la morte. Per farlo, la protagonista chiede aiuto ai suoi amatissimi libri, sono proprio loro il nucleo di queste pagine nelle quali, rivolgendosi alla madre, lega la sua morte a quelle di madri sconosciute – la mamma di Georges Simenon, quella di Simon De Beauvoir, di Elena Ferrante, Erri de Luca, Annie Ernaux e tanti altri – che diventano anche la sua.

Durante il declino della madre Nadia fa in continuazione la spola da Trieste a Gravedona, un piccolo paese sul lago di Como; ogni ritorno dalla madre corrisponde all’amara constatazione di un suo ulteriore decadimento, accennato con angoscia e grande delicatezza, anche se con apparente oggettività (distacco?). In questo lungo periodo l’autrice trova conforto e salvezza nei libri che «parlano la stessa lingua del silenzio, sono più simili alla musica che alla conversazione verbale, anche se sono fatti di parole».

E poi, con grande stupore e sollievo, arrivano le pagine dedicate ai viaggi, alle città, alle straordinarie librerie, alle persone, e a tutti i resoconti di libri letti anche più volte, collocati negli scaffali più corrispondenti agli stati d’animo del momento. Presenza costante in questa narrazione è Sara, la compagna di vita di Nadia, che condividerà con lei la stessa perdita, che pian piano impareranno a superare insieme, a pochi mesi di distanza.

Nell’ultima pagina Nadia compone un glossario che è la sintesi della personalità di sua madre e che lungi dall’essere solo una pagina conclusiva, costringe a riflettere ancora sul significato dell’intero libro. Rimane così, al termine della lettura, una sensazione di malinconia, come se accompagnare la scrittrice nel suo viaggio interiore avesse contribuito ad acquisire una nuova consapevolezza dei propri sentimenti e dell’intera sua vita. Un libro doloroso ma che ha saputo fare della sofferenza un grande inno alla vita. «La tua morte, mamma, è la mia più grande esperienza di vita», questa l’ultima frase che possiamo leggere nel libro.

Copertina:

Nadia Dalle Vedove

Alfabeto Nina

Italo Svevo edizioni, Roma 2021

pp. 221, euro 17,00

Foto:

Nadia Dalle Vedove