Un libro forgiato all’inferno

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Il Tractatus theologico-politicus di Spinoza, che precorse l’Epoca dei Lumi

di Laura Fonovich

 

«Forgiato all’inferno dall’ebreo apostata a quattro mani con il diavolo», fu la definizione con la quale il Trattato teologico-politico di Baruch Spinoza, nel 1674, venne ufficialmente messo al bando nella Repubblica calvinista delle Sette Province, attraverso l’editto delle Corti d’Olanda a firma di Guglielmo Enrico. Ma quali furono le reali motivazioni in uno Stato, considerato nel Seicento il più liberale e tollerante del continente europeo per chi vi voleva professare la propria fede e per chi aveva tendenze intellettuali progressiste, che portarono a considerare il libro di Spinoza di tale pericolosità? Se da un lato minacciava il potere della Chiesa riformista olandese guidata dagli alti prelati, i cui pregiudizi tuttavia continuavano ad incidere sulla censura della vita dei cittadini, a mano dei predikanten, il suo pensiero rischiava anche di affondare le tesi dei filosofi cartesiani e dei repubblicani moderati (regenten), le cui idee ad esso si avvicinavano. Il Trattato fu il primo testo dell’epoca in cui vennero enunciate delle tesi che, con un metodo che si potrebbe definire empirico, rischiavano di sconvolgere profondamente non solo le fondamenta della fede e della morale, ma anche l’equilibrio politico e sociale della Repubblica delle Sette Province e, se diffuse, di tutto il continente. In esso era scritto nero su bianco che: la Bibbia non è la rappresentazione letterale del Verbo di Dio, ma un’opera storico letteraria nella quale, attraverso i racconti dei profeti, l’unico precetto morale indiscutibile e riscontrabile in ogni passo è “ama il prossimo tuo”; la natura del miracolo non è di origine soprannaturale, ma semplicemente un fenomeno scientificamente non spiegato; la divina Provvidenza è data dall’insieme delle leggi naturali; Dio come essere assoluto e super partes non può avere un’immagine antropomorfa con qualità divine tipiche delle passioni umane; non esiste un Dio a priori, ma come idea innata nella mente dell’uomo, e pertanto il concetto di creazione non è dimostrabile; l’ingerenza da parte di una Chiesa istituzionalizzata nella vita pubblica dei cittadini, con i propri dogmi e le proprie superstizioni, più che unire gli animi in essi instilla forti discriminazioni; l’idea di uno Stato democratico liberale, virtuoso e tollerante è l’unica via da percorre per raggiungere il benessere dei cittadini.

Steven Nadler, professore di Filosofia e membro per gli Studi ebraici presso l’Università del Wisconsin-Madison, è l’autore di Un libro forgiato all’Inferno. Lo scandaloso Trattato di Spinoza e la nascita della Secolarizzazione. Attraverso una minuziosa ricostruzione storica del contesto sociale e del pensiero di Spinoza, traccia un accurato profilo di quello che sicuramente è stato il filosofo naturalista più rivoluzionario del Seicento, le cui teorie oggi risultano essere ancora contemporanee. L’obiettivo dello studioso è quello di proporre le sue teorie in una chiave di lettura che sia di facile comprensione, anche per un pubblico di lettori non particolarmente edotto nell’ambito di studi filosofici, al fine di riscattare una figura che, inspiegabilmente, fino alla prima metà del Novecento venne poco considerata nonostante la portata del suo pensiero. Se si pensa all’Epoca della Ragione, i primi nomi che salgono alla mente sono Galileo, Cartesio, Newton, Leibniz, Hobbes, ma di Spinoza ci si ricorda vagamente, nonostante sia stato l’unico a non nascondersi dietro stratagemmi letterari per dire delle mezze verità, dichiarando apertamente le sue idee universalistiche. Se tutti definiscono l’Epoca dei Lumi come l’Epoca della Ragione, sebbene sia paradossalmente iniziata con l’incarcerazione di Galileo che decise di portare avanti le idee copernicane, e la condanna per eresia e messa al rogo di Giordano Bruno, sarebbe più indicato chiamarla “l’epoca della penombra” illuminata dal pensiero di Spinoza.

Bento de Spinoza, nacque il 24 novembre del 1632 in seno ad un’illustre famiglia di commercianti, che cadde in disgrazia dopo la morte del padre, appartenente alla comunità sefardita ebraico-portoghese di Amsterdam. Erano discendenti dei conversos o nuovi cristiani che in Spagna e Portogallo, per evitare le persecuzioni dalla Chiesa cattolica, furono costretti, almeno per quanto riguardava la vita pubblica, a convertirsi al cattolicesimo. La maggior parte dei membri di questa comunità nei primi del Seicento si trasferirono nella Repubblica delle Sette Province, resasi da poco indipendente, di cui Amsterdam sicuramente era la città più liberale, la quale dava la possibilità ai profughi di tornare alla religione degli avi e riprenderne le consuetudini. Baruch, come veniva chiamato nella Sinagoga, che fu sicuramente uno degli studenti più dotati e brillanti, studiò con i rabbini più illustri della congregazione Talmud-Torah, tra i quali vi fu Saul Levi Mortera, la cui mente era decisamente quella più protesa al razionalismo filosofico. Evidentemente incline a questo tipo di approccio, Spinoza si appassionò soprattutto alle idee del rabbino e filosofo razionalista del Medioevo, Maimonide, dal quale trasse ispirazione per gettare la base della sua filosofia naturalista, e alle opere di Cartesio. All’età di ventitré anni, ciò che tutt’ora rimane avvolto nel mistero, per mancanza di giustificazioni concrete nei documenti rinvenuti, sono le motivazioni di una sua immediata scomunica ed espulsione dal popolo d’Israele con un herem (bando di ostracismo sociale), la cui severità, fino a quel momento, non era mai stata applicata a nessun membro della congregazione. La reazione di Spinoza fu alquanto indifferente dichiarandosi finalmente libero di potersi dedicare totalmente alla filosofia. Tuttavia, di questo periodo, al fine di dimostrare le sue teorie successive, furono di fondamentale importanza gli studi approfonditi dei testi biblici, della Torah, dei principali autori della mistica ebraica e della Kabbalah, dello studio dell’ebraico antico e dell’aramaico, e soprattutto della figura di Mosè, come capo dello Stato e del culto, a cui si riferirà per teorizzare la forma perfetta di uno Stato democratico. Ora non bisogna cadere nell’equivoco che il filosofo olandese non credesse in Dio. La sua idea di un Dio universale la cui sostanza fosse rappresentata dalla Natura, fu il punto di partenza delle sue speculazioni filosofiche. Solo attraverso la conoscenza delle leggi naturali, in quanto divine, si poteva avere piena comprensione del concetto di virtù, tolleranza ed uguaglianza. Spinoza, nel Trattato, sosteneva che in uno Stato moderno ci doveva essere libertà di pensiero e di espressione e che sia la filosofia sia la religione, se mantenute separate, potevano essere i mezzi per conseguirla. La prima doveva occuparsi di verità e conoscenza riflettendo su quelle teorie che ampliano la nostra visione del mondo e di noi stessi. La seconda, la “vera religione”, doveva ispirare gli uomini all’amore di Dio e ad un comportamento etico nei confronti del prossimo. Se molte delle sue teorie furono affrontate, in modo più o meno esplicito, dalla filosofia meccanicistica del tempo, nessuno fu così azzardato nel distruggere l’immagine antropomorfa di Dio e delle sue qualità divine, ma soprattutto della sua esistenza soprannaturale che si manifestava attraverso i miracoli. Per Spinoza i miracoli, che non potevano esistere in quanto contravvenivano alle leggi di Natura e quindi a Dio, erano semplicemente degli eventi che, per ignoranza, non avevano trovato una spiegazione razionale. Questo fu il tema che provocò maggiore scandalo in ogni ambito sociale, persino Hobbes, il più estremo dei razionalisti inglesi, dopo aver letto il Trattato affermò che l’opera lo aveva colpito perché nemmeno lui avrebbe avuto il coraggio di scrivere “simili insolenze”.

 

 

Steven Nadler

Un libro forgiato all’Inferno

Lo scandaloso Trattato di Spinoza

e la nascita della Secolarizzazione

Traduzione di Luigi Giacone

Einaudi, Torino 2013

  1. XVIII-266, euro 30,00