Un museo a tutto tondo

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Iniziative culturali concernenti le sculture del Museo Revoltella di Trieste a 150 anni dalla fondazione

Il catalogo scientifico delle sculture del Museo Revoltella e i restauri delle opere hanno accompagnato una mostra affascinante

Una mostra che ribadisce la perdurante centralità del Revoltella nell’offerta culturale di Trieste, nonostante tutto

di Walter Chiereghin

 

«Coerentemente al segreto pensiero, che era in me sino dal primo istante, in cui m’accinsi all’erezione del mio palazzo d’abitazione portante i tavolari numeri 1117-1122, lo lascio franco di passività e tasse […] alla città, e rispettivamente al Comune di Trieste, a condizione, che sia destinato e conservato un carattere di fondazione perpetua da annotarsi nelle pubbliche tavole ad uso esclusivo di un istituto di Belle Arti, delle quali fui sempre amantissimo, che porti perennemente il nome di Museo Revoltella, e che sia giornalmente aperto sotto le discipline di merito al pubblico accesso». Così il barone Pasquale Revoltella redigeva il primo paragrafo del suo testamento, che naturalmente trovò esecuzione dopo il suo decesso, avvenuto l’8 settembre 1869. Tre anni più tardi, partendo da quel fondativo lascito testamentario, fu istituita la Galleria d’arte moderna, la prima in Italia – ancorché allora Trieste fosse parte dell’Impero austriaco – della quale si celebra quindi quest’anno il 150° anniversario.

Il più rilevante contributo a tali celebrazioni si è concretato nell’allestimento della mostra “La scultura nelle raccolte del Museo Revoltella. Da Canova al XXI secolo”, curata da Susanna Gregorat, curatrice del Museo. La rassegna è visitabile dal 3 novembre 2022, giorno di San Giusto martire, patrono di Trieste, al 25 aprile 2023.

Per quanto l’esposizione costituisca l’evento sicuramente più spettacolare e impegnativo – ove si pensi alle difficoltà tecniche connesse all’allestimento di una mostra di sculture, molte delle quali di dimensioni, ingombro e peso assi rilevanti – vi sono altri impegni che il Revoltella s’è assunto in relazione alla conservazione, alla valorizzazione e alla fruizione del cospicuo patrimonio di opere scultoree che ha in custodia.

Prima tra queste attività è la pubblicazione di un aggiornato catalogo scientifico, curato da Barbara Coslovich e Susanna Gregorat, che presenta le immagini fotografiche di tutte le oltre duecento sculture del Museo, ordinate per autore in ordine alfabetico, ciascuna naturalmente corredata di una esauriente scheda che ne illustra le caratteristiche fisiche, la datazione, la storia della creazione dell’opera e della sua acquisizione al patrimonio museale. Completano la documentazione una completa bibliografia e un’elencazione delle esposizioni di cui le opere sono state oggetto, dal 1864 (a Brera) ai giorni nostri.

In previsione della mostra, per molte delle opere, si è provveduto, in concorso con la Soprintendenza, ad eseguire interventi di restauro, curati per la ditta incaricata – la triestina Opera Est S.a.s. – da Claudia Ragazzoni, che con le sue collaboratrici ha provveduto a restaurare una sessantina di opere, in parte esposte, in parte custodite nei depositi.

Tra queste, un’opera di imponente dimensione (290 cm. di altezza), la Dea Roma (1950 c.a), un gesso di Attilio Selva (Triestem 1888-Roma, 1970), esposta ora al pubblico per la prima volta, originalmente concepita per una collocazione nel piazzale dell’università in prossimità del rettorato, cui invece fu preferita la monumentale Minerva di Mascherini. L’opera di Selva, ora collocata nell’atrio del Palazzo Revoltella – cui, per ironia della sorte, ha dovuto far posto il bronzo di Mascherini Cavallo rampante (1962 circa) –, è stato oggetto degli ultimi ritocchi del restauro poche ore prima dell’inaugurazione della mostra.

Il percorso espositivo si dipana per l’intero palazzo, a partire dall’atrio e, concettualmente, dalle prime opere della collezione di Pasquale Revoltella, che alla scultura riservò una particolare attenzione, essendo tra l’altro generoso committente all’affermato scultore milanese Pietro Magni (Milano, 1816-1877) per una cospicua quantità di opere che adornarono e adornano tuttora quella che fu la sua principesca dimora. Magni è difatti autore di una pluralità di statue e di due gruppi marmorei di grande effetto scenografico, la fontana La ninfa Aurisina (1854) e Taglio dell’istmo di Suez (1863), che sicuramente sono noti e ben presenti ai visitatori assidui del Museo, come peraltro avviene per molte delle opere di questa mostra, che affianca sculture normalmente in permanente esposizione ad altre che invece sono relegate nei depositi dell’istituzione.

Dalle opere del pianterreno un itinerario che si spinge fino al sesto piano consente di attraversare più di due secoli di scultura, dal neoclassicismo di Antonio Canova (Possagno, 1757-Venezia, 1822) – presente con un gesso del 1810, probabilmente calco di un modellino in terracotta per il celebre Napolone come Marte pacificatore, marmo colossale (Londra. Apsley House) e poi fuso in bronzo e visibile nel cortile dell’Accademia di Brera – fino all’informale e alle acquisizioni più recenti, tra le altre quella del 2021 di Aldo Famà (Trieste, 1939-2021), Tred_6.1 (2015), realizzata mediante l’uso di una stampante in 3D e donata dall’autore, assieme a tre dipinti su tela, poco prima della scomparsa.

In mezzo, molte luminose pagine della storia dell’arte certo non solo locale, che comprende opere di qualche straniero, per esempio Jean-Antoine Houdon (Versailles 1741-Parigi, 1828), ma soprattutto di autori italiani, in prevalenza provenienti dalle aree centrosettentrionali del Paese, tra i quali alcuni nomi illustri e conosciuti anche da un pubblico che eccede quello degli studiosi e dei critici, tra gli altri Medardo Rosso (Torino, 1858-Milano, 1928), Leonardo Bistolfi (Casale Monferrato, 1859-La Loggia, 1933), Arturo Martini (Treviso, 1889-Milano, 1947), Giacomo Manzù (Bergamo, 1908-Roma, 1991), Marino Marini (Pistoia, 1901-Viareggio, 1980), Pietro Canonica (Moncalieri, 1869-Roma, 1959), Arnaldo Pomodoro (Morciano di Romagna, 1926).

Non possono mancare, ovviamente, gli autori locali, più d’uno dei quali è considerato di levatura internazionale, com’è per il friulano Dino Basaldella (Udine, 1909-1977) e soprattutto per Marcello Mascherini (Udine, 1906-Padova, 1983), cui è dedicata una sezione della mostra al terzo piano, e non avrebbe potuto essere direttamente, tanto per i suoi meriti artistici, quanto per l’azione di stimolo realizzati nella sua lunga permanenza nel Curatorio del Museo, in anni ormai molto lontani autentico centro propulsore dell’istituzione e in seguito sempre più collocato ai margini delle scelte operative e di lungo periodo, fino a ridurlo all’afasia totale, come attualmente avviene.

Al di là di questa malinconica considerazione, è da dire che il Revoltella è riuscito con questa mostra a offrire un’immagine di sé che lo rende ancora capace di rivendicare con fierezza un ruolo centrale nella cultura delle arti visive della città. Da visitare assolutamente.

 

Sculture

a cura di

Barbara Coslovich

Susanna Gregorat

Museo Revoltella

Galleria d’arte moderna

Trieste, 2022

  1. 302, euro 30,00

 

1.

Attilio Selva

Dea Roma

gesso, 1950 c.a

ultime fasi del restauro

 

2.

Pietro Magni

Taglio dell’istmo di Suez

marmo, 1863

 

3.

Domenico Trentacoste

La derelitta

marmo, 1893

 

Aldo Famà

Tred_6.1

acido polilattico e

colori acrilici, 2015

 

5.

Marcello Mascherini

Estate

bronzo, 1936

 

6.

Arnaldo Pomodoro

Sfera n.4

bronzo, 1964