Un ultimatum valido ancora oggi

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La fantascienza di Robert Wise al di là degli stereotipi di genere

di Stefano Crisafulli

 

 

Il film Ultimatum alla Terra di Robert Wise, un caposaldo della fantascienza degli anni ’50 (b/n, 1951), ci dà una notizia buona e una cattiva: la buona è che gli alieni non sono pericolosi guerrafondai venuti dallo spazio per distruggere il genere umano o per colonizzare la Terra, come accadrà spesso nei film successivi del genere, la cattiva è che saranno i terrestri, razza bizzarra, litigiosa e, agli occhi dei visitatori galattici, fondamentalmente stupida a diventare potenzialmente pericolosi per gli altri pianeti abitati, tanto da aver bisogno di un ultimatum. Chi lo porta è Klaatu che, con il suo disco volante perfettamente levigato atterra in un campo di baseball, nel bel mezzo di una metropoli. Siamo negli Stati Uniti e l’avvenimento, com’è ovvio, sconcerta un po’ di gente, comprese le gerarchie militari, che mandano sul posto la solita pletora di carri armati, mitragliatrici e soldati dal grilletto facile. Proprio uno di questi soldati non riesce a trattenersi (una scena maledettamente realistica..) e spara un colpo all’alieno, che nel frattempo stava estraendo uno strano aggeggio dalla sua tuta spaziale. L’aggeggio, come spiegherà poi il ferito, non era un’arma; oramai, però, la frittata è fatta e Klaatu viene portato dritto dritto in ospedale. Al momento dello sparo un enorme robot di nome Gort era sceso dall’astronave per proteggere l’alieno e punire gli umani, ma Klaatu lo aveva fermato in tempo.

Questa è la storia, o almeno l’inizio della storia. Gli alieni, dunque, non sono marziani cattivi (e, di conseguenza, non sono equiparati ai russi, come da manuale della Guerra Fredda), ma sentinelle dell’Universo, che desiderano mantenere la pace e, per farlo, prima usano le buone maniere e poi minacciano di passare a mezzi più sbrigativi. I terrestri, quindi, non hanno scelta: o la smettono di usare bombe atomiche per farsi del male e mettere a rischio la sorte del proprio pianeta e di quelli altrui, o verranno eliminati. Che la minaccia sia reale lo prova una dimostrazione di forza dello stesso Klaatu (interpretato da Michael Rennie): ad un’ora prestabilita, fa mancare l’elettricità in qualsiasi parte del mondo. Lo fa anche per convincere l’unica persona che prende sul serio i suoi avvertimenti, un famoso scienziato (Sam Jaffe) che l’alieno contatta in incognito dopo esser fuggito dall’ospedale dov’era tenuto prigioniero dalle autorità. C’è un’altra persona che si fida di lui, una donna (Patricia Neal), ma l’esercito alla fine lo troverà e tenterà di nuovo di ucciderlo. L’automa, sino a quel momento inattivo, inizierà così la sua opera di distruzione e verrà fermato solo dalla donna, grazie ad una frase che l’alieno le aveva fornito: ‘klaatu barada nikto’. Insomma, è chiaro che, per fortuna, non siamo dalle parti della Guerra dei mondi, film del 1953 con extraterrestri mostruosi e crudeli. Ma non siamo neanche dalle parti del pessimo remake di Scott Derrickson del 2008, con un inespressivo Keanu Reeves e i soliti effetti speciali. Sia pur ingenuo, il messaggio del film è ancora chiaro e forte più di mezzo secolo dopo: il destino della Terra è nelle nostre mani.